Quegli anni all’Ambrosiano
Così si preservò un consistente gruppo privato in uno scenario dominato da banche pubbliche
Carlo Azeglio Ciampi è stato un esemplare servitore delle istituzioni. Ma è stato anche e soprattutto un uomo di specchiata probità e di eccezionale rigore morale. Come Presidente della Repubblica, grazie ai suoi valori semplici e autentici – e anche alla grande simpatia e spontaneità della moglie Franca – da esponente della migliore élite del nostro Paese è riuscito a entrare nei cuori di tutti gli italiani.
Questo suo tratto umano e morale costituiva una cifra distintiva della sua personalità.
Durante il suo settennato, un periodo storico difficile in cui la moralità pubblica italiana appariva dispersa, uscivo dai nostri colloqui nel suo studio al Quirinale confortato: la saldezza delle sue convinzioni mi aiutava a ritrovare fiducia nell’Italia, nei suoi – nei nostri – valori. Carlo Azeglio Ciampi riusciva a padroneggiare i delicati frangenti della nostra vita pubblica non in base all’esperienza del politico, ma per l’ancoraggio a una visione etica che risultava insieme lungimirante ed efficace.
A lato dei nostri incontri al Quirinale, ricordo con particolare nostalgia le passeg- giate i n Val Gardena e le giornate trascorse insieme nella quiete familiare della tenuta presidenziale di Castelporziano. In quei momenti ho avuto il privilegio di poter apprezzare le caratteristiche più limpide e quotidiane di un uomo che ave- vo conosciuto nel 1982, quando Nino Andreatta, ministro del Tesoro del Governo Spadolini, suggerì il mio nome per la presidenza del Nuovo Banco Ambrosiano. Di fronte alle mie resistenze – ero un giurista non un economista – ricordo che Ciam- pi mi prese sotto braccio e mi obiettò che lui era laureato in lettere classiche.
Furono anni di grande complessità, durante i quali ebbi modo di conoscere il metodo, il rigore e la visione strategica del tecnico. Il vecchio Banco Ambrosiano era, in un contesto dominato dalle banche pubbliche, un gruppo privato. Ciampi si convinse che fosse necessario e utile al sistema bancario che il Nuovo Banco avesse in dote tutti gli asset italiani della banca fallita. Fu una decisione tormentata, perché non tutti condividevano tale scelta: Bruno Visentini riteneva che quelle partecipazioni – tra cui Centrale Finanziaria, Cattolica del Veneto, Toro Assicurazioni e Credito Varesino – dovessero restare nel perimetro dei liquidatori. Ciampi, insieme ad Andreatta, rimase sulle sue posi- zioni: successivamente mi disse che si sarebbe dimesso dal suo incarico di Governatore della banca centrale se l’avventura molto rischiosa del Nuovo Banco Ambrosiano non avesse avuto successo. Ciampi, oltre che coraggioso si dimostrò anche lungimirante, perché grazie a quella operazione si preservò, in uno scenario italiano predominato dalle banche pubbliche, la presenza di un consistente gruppo privato. Peraltro, in quegli anni saggiammo anche il suo scrupolo e la sua imparzialità: Via Nazionale non ci fece nessuno sconto.
Pagammo un premio di avviamento importante, né ricevemmo alcun favore; potemmo ampliare la nostra rete, ma con una estrema gradualità, secondo le regole in vigore di Banca d’Italia (ricordo, per esempio, la prima autorizzazione ad aprire 15 nuovi sportelli!). Il metodo e il rigore, unito alla prudenza e alla gradualità, erano le cifre che permeavano tutta l’opera di Ciampi banchiere centrale.
In anni in cui si dibatteva ancora su quale fosse la natura e la funzione del credito, egli perseguiva con lucidità e determinazione l’obiettivo di un sistema bancario privato e imprenditoriale, da realizzare però senza produrre strappi e senza provocare traumi. Mentre alcuni miei colleghi, allora, auspicavano che Via Nazionale procedesse con più rapidità sulla strada della modernizzazione del sistema bancario italiano, io sono sempre stato convinto che avesse ragione Ciampi nel lasciare un tempo di maturazione a quegli elementi – strategici e culturali – che si sarebbero affermati successivamente. La Banca d’Italia di Ciampi era una istituzione in cui si lavorava con metodo collegiale e con grande professionalità, che godeva di straordinario prestigio nel mondo. Con il desiderio di verità storica del civil servant e allo stesso tempo con la passione del filologo che conosce l’importanza delle fonti, Ciampi ha messo i suoi diari privati a disposizione della ricerca che ha portato alla stesura del volume “Una storia italiana. Dal Banco Ambrosiano a Intesa Sanpaolo”. Diari che mostrano come l’operazione sul Banco Ambrosiano sia costata all’erario italiano infinitamente meno degli interventi sulle banche effettuati in precedenza da altri Stati.
Carlo Azeglio Ciampi è stato un grande italiano, di cui dobbiamo conservare con gratitudine il ricordo e l’esempio.
LA CONFIDENZA «Mi disse che si sarebbe dimesso dal suo incarico se l’avventura rischiosa dell’Ambrosiano non avesse avuto successo»