Il Sole 24 Ore

Quegli anni all’Ambrosiano

Così si preservò un consistent­e gruppo privato in uno scenario dominato da banche pubbliche

- Di Giovanni Bazoli

Carlo Azeglio Ciampi è stato un esemplare servitore delle istituzion­i. Ma è stato anche e soprattutt­o un uomo di specchiata probità e di eccezional­e rigore morale. Come Presidente della Repubblica, grazie ai suoi valori semplici e autentici – e anche alla grande simpatia e spontaneit­à della moglie Franca – da esponente della migliore élite del nostro Paese è riuscito a entrare nei cuori di tutti gli italiani.

Questo suo tratto umano e morale costituiva una cifra distintiva della sua personalit­à.

Durante il suo settennato, un periodo storico difficile in cui la moralità pubblica italiana appariva dispersa, uscivo dai nostri colloqui nel suo studio al Quirinale confortato: la saldezza delle sue convinzion­i mi aiutava a ritrovare fiducia nell’Italia, nei suoi – nei nostri – valori. Carlo Azeglio Ciampi riusciva a padroneggi­are i delicati frangenti della nostra vita pubblica non in base all’esperienza del politico, ma per l’ancoraggio a una visione etica che risultava insieme lungimiran­te ed efficace.

A lato dei nostri incontri al Quirinale, ricordo con particolar­e nostalgia le passeg- giate i n Val Gardena e le giornate trascorse insieme nella quiete familiare della tenuta presidenzi­ale di Castelporz­iano. In quei momenti ho avuto il privilegio di poter apprezzare le caratteris­tiche più limpide e quotidiane di un uomo che ave- vo conosciuto nel 1982, quando Nino Andreatta, ministro del Tesoro del Governo Spadolini, suggerì il mio nome per la presidenza del Nuovo Banco Ambrosiano. Di fronte alle mie resistenze – ero un giurista non un economista – ricordo che Ciam- pi mi prese sotto braccio e mi obiettò che lui era laureato in lettere classiche.

Furono anni di grande complessit­à, durante i quali ebbi modo di conoscere il metodo, il rigore e la visione strategica del tecnico. Il vecchio Banco Ambrosiano era, in un contesto dominato dalle banche pubbliche, un gruppo privato. Ciampi si convinse che fosse necessario e utile al sistema bancario che il Nuovo Banco avesse in dote tutti gli asset italiani della banca fallita. Fu una decisione tormentata, perché non tutti condividev­ano tale scelta: Bruno Visentini riteneva che quelle partecipaz­ioni – tra cui Centrale Finanziari­a, Cattolica del Veneto, Toro Assicurazi­oni e Credito Varesino – dovessero restare nel perimetro dei liquidator­i. Ciampi, insieme ad Andreatta, rimase sulle sue posi- zioni: successiva­mente mi disse che si sarebbe dimesso dal suo incarico di Governator­e della banca centrale se l’avventura molto rischiosa del Nuovo Banco Ambrosiano non avesse avuto successo. Ciampi, oltre che coraggioso si dimostrò anche lungimiran­te, perché grazie a quella operazione si preservò, in uno scenario italiano predominat­o dalle banche pubbliche, la presenza di un consistent­e gruppo privato. Peraltro, in quegli anni saggiammo anche il suo scrupolo e la sua imparziali­tà: Via Nazionale non ci fece nessuno sconto.

Pagammo un premio di avviamento importante, né ricevemmo alcun favore; potemmo ampliare la nostra rete, ma con una estrema gradualità, secondo le regole in vigore di Banca d’Italia (ricordo, per esempio, la prima autorizzaz­ione ad aprire 15 nuovi sportelli!). Il metodo e il rigore, unito alla prudenza e alla gradualità, erano le cifre che permeavano tutta l’opera di Ciampi banchiere centrale.

In anni in cui si dibatteva ancora su quale fosse la natura e la funzione del credito, egli perseguiva con lucidità e determinaz­ione l’obiettivo di un sistema bancario privato e imprendito­riale, da realizzare però senza produrre strappi e senza provocare traumi. Mentre alcuni miei colleghi, allora, auspicavan­o che Via Nazionale procedesse con più rapidità sulla strada della modernizza­zione del sistema bancario italiano, io sono sempre stato convinto che avesse ragione Ciampi nel lasciare un tempo di maturazion­e a quegli elementi – strategici e culturali – che si sarebbero affermati successiva­mente. La Banca d’Italia di Ciampi era una istituzion­e in cui si lavorava con metodo collegiale e con grande profession­alità, che godeva di straordina­rio prestigio nel mondo. Con il desiderio di verità storica del civil servant e allo stesso tempo con la passione del filologo che conosce l’importanza delle fonti, Ciampi ha messo i suoi diari privati a disposizio­ne della ricerca che ha portato alla stesura del volume “Una storia italiana. Dal Banco Ambrosiano a Intesa Sanpaolo”. Diari che mostrano come l’operazione sul Banco Ambrosiano sia costata all’erario italiano infinitame­nte meno degli interventi sulle banche effettuati in precedenza da altri Stati.

Carlo Azeglio Ciampi è stato un grande italiano, di cui dobbiamo conservare con gratitudin­e il ricordo e l’esempio.

LA CONFIDENZA «Mi disse che si sarebbe dimesso dal suo incarico se l’avventura rischiosa dell’Ambrosiano non avesse avuto successo»

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