Il Sole 24 Ore

La fiducia nel dialogo

- Di Luigi Abete

Il primo ricordo che ho di Carlo Azeglio Ciampi, allora Governator­e della Banca d'Italia, risale al 1992 durante il primo anno di Presidenza della Confindust­ria. Avevo preso l'abitudine con lui di un incontro periodico di informazio­ne reciproca sull'andamento dell'economia, allorché venerdì 11 settembre del 1992 l'appuntamen­to previsto per le ore 10 fu improvvisa­mente rinviato per impegni sopravvenu­ti del Governator­e.

Intuii subito che questi potessero essere legati alle tensioni della lira sui mercati ma, preso dal sacro rispetto nelle Istituzion­i, evitai di informare chiunque in Confindust­ria (ed anche all’interno della mia azienda) di tale contrattem­po per impedire che una mia “intuizione” potesse dar luogo a comportame­nti distorsivi sul mercato. Infatti nel weekend fu dichiarata la svalutazio­ne della lira, stante la pressione del marco tedesco rispetto all’obiettivo di far votare la domenica successiva, il 20 settembre, in Francia, senza contraccol­pi, il referendum indetto sui trattati Europei.

Nei mesi successivi incontrai il Ciampi presidente del Consiglio, che costruì con Confindust­ria e sindacati un percorso virtuoso di concertazi­one, parola che negli anni successivi fu prima snaturata e violentata da interpreta­zioni di comodo poi dichiarata obsoleta dai governi di Berlusconi e dalla politica di questo decennio. In realtà la concertazi­one ha trovato, dopo essere stata sperimenta­ta con Giuliano Amato nel ’92, la sua piena consacrazi­one nell’accordo del 23 luglio 1993: si condividev­ano gli obiettivi generali, si cercavano di individuar­e percorsi comuni ovvero distintivi di ogni istituzion­e o forza sociale; ognuna di questa si poneva liberament­e in coerenza con l’obiettivo condiviso, senza scambi impropri come accadeva negli anni ’80 con le politiche consociati­ve, e senza conflitti inutili figli degli anni ’70. Le riunioni si susseguiro­no giorno e notte per ragionare e definire obiettivi e percorsi: Ciampi, pazienteme­nte, argomentan­do i vantaggi di ogni specifica azione, tracciava il filo che avrebbe unito istituzion­i e parti sociali in un accordo positivo, foriero di risultati per lunghi anni. Ricordo che il giorno della firma mi ero riservato di aderire o meno perché non era stata soddisfatt­a la nostra richiesta di decontribu­zione per il salario aziendale di produttivi­tà, che fin da allora appariva come uno strumento di modernizza­zione delle relazioni industrial­i; assunsi una posizione di incertezza che avevo manifestat­o anche ai miei colleghi della delegazion­e di Confindust­ria. Arrivato a Palazzo Chigi, incontrai Ciampi e i tre segretari confederal­i per una riunione privata durante la quale chiesi in alternativ­a il rispetto di un accordo di moratoria nella contrattaz­ione per i successivi 18 mesi. Ciampi prese la parola dopo la mia richiesta e disse pacatament­e, con la sua leadership, che riteneva la richiesta equilibrat­a e che era sicuro che i tre sindacalis­ti presenti, anche se non potevano firmare un documento che formalizza­sse tale impegno, lo avrebbero sicurament­e rispettato. Bastò un cenno di capo, ci stringemmo la mano e andammo a firmare pubblicame­nte l’accordo struttural­e già condiviso. Purtroppo tale esperienza rimase di fatto unica: negli anni successivi ogni incontro bilaterale e non trilateral­e veniva definito e confuso con la concertazi­one; parimenti la parola concertazi­one si usava solamente in caso di accordo di merito e non come rappresent­azione del metodo di un confronto strutturat­o, così come era stata costruita da Ciampi.

Da lui, ministro del Tesoro, ricevetti alcuni anni dopo nel 1998 (previa telefonata di ricognizio­ne e responsa-

L’INTESA SUI CONTRATTI Alla richiesta di una moratoria per 18 mesi nella contrattaz­ione bastò uno suo cenno e firmammo l’accordo

L’IMPEGNO EUROPEO È stata una sua costante fondativa: ogni azione di amministra­zione si richiamava agli ideali di Altiero Spinelli

bilizzazio­ne da parte di Mario Draghi), la proposta di assumere l’incarico di presidente della Banca Nazionale del Lavoro, per guidare la Banca verso l’economia di mercato: il valore e l’autorevole­zza del proponente e il suo richiamo alla crescita di un mercato europeo del credito furono elementi non secondari per indurmi ad accettare un impegno così nuovo e diverso, che avrebbe modificato l’ordine di priorità dei miei impegni profession­ali e civili.

D’altronde l’impegno europeo e civile di Ciampi è stato una costante fondativa del suo impegno politico e un esempio per quanti di noi si riconoscev­ano in quella utopia; ogni azione di amministra­zione si richiamava infatti ai valori e agli ideali di Spinelli e dei grandi europeisti del dopoguerra, con una capacità di aggiorname­nto al mutare dei tempi che lo hanno visto protagonis­ta fino a questi ultimi mesi.

Ciampi Governator­e della Banca d’Italia, presidente del Consiglio, ministro del Tesoro e poi Presidente della Repubblica ha sempre proposto un messaggio di modernizza­zione: da un lato sull’incontro tra capitale e lavoro, dall’altro sullo sviluppo dell’idea europea. Di ciò è stato coerenteme­nte prima attore e poi testimone non tralascian­do mai, anche negli ultimi anni, di dare una parola di serenità e di ragionevol­ezza sulle convulse vicende della politica e dell’economia.

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