Intervento di Berlino e debolezze del sistema
Nel febbraio scorso, quando sui mercati si diffuse il timore che Deutsche Bank non fosse in grado di pagare le cedole sul proprio debito subordinato, intervenne in prima persona il ministro delle Finanze, Wolfgang Schaeuble. «La banca è solida», disse, dando una bella mano a stabilizzare la situazione. Ieri, dopo che la richiesta da parte del Dipartimento di Giustizia Usa di 14 miliardi di dollari, per scorrettezze nella vendita di titoli cartolarizzati sui mutui, ha provocato il crollo delle azioni della banca tedesca, è sceso in campo di nuovo il ministero delle Finanze, chiedendo un risultato equo per la richiesta finale, e comparabile a quello applicato ad altri istituti. Le banche Usa coinvolte nella stessa vicenda dopo tutto avevano una fetta di mercato ben più ampia di quella di Deutsche Bank e hanno finito per pagare proporzionalmente di meno.
Ma la dichiarazione di Berlino è anzi tutto un segnale politico, che il Governo è a pronto a spendersi a favore della prima banca del Paese, in un contesto che può diventare altamente politicizzato: la richiesta arriva subito dopo quella della Commissione europea di 13 miliardi di euro alla Apple per tasse non pagate, e a due mesi dalle presidenziali americane, in una campagna in cui le banche sono state un bersaglio di tutti e due candidati.
Ma si tratta anche di una conferma che quelli di Deutsche Bank non sono solo problemi della banca: certo, una conclusione con una cifra anche sotto la metà della richiesta iniziale farebbe sorgere seri interrogativi sull’adeguatezza del capitale (le riserve accantonate al momento per contenziosi legali sono 5,5 miliardi di euro e già agli stress test del luglio scorso Deutsche Bank era appena al di là della soglia accettabile in termini di patrimonializzazione) e in ogni caso solleva più di un dubbio sulla possibilità che il ceo John Cryan sia in grado, come aveva annunciato, di mettersi alle spalle le principali disavventure giudiziarie entro fine anno (le altre sono uno scandalo azionario in Russia, la manipolazione dei cambi e un caso di riciclaggio).
Il vero problema però è di carattere sistemico, e non solo per la Germania, sul cui sistema finanziario e sulla cui economia un tracollo avrebbe effetti devastanti: non a caso Deutsche Bank è stata definita dal Fondo monetario la banca al mondo con il più alto potenziale di rischio sistemico, per la sua interconnessione con altri pezzi del sistema finanziario. Siamo veramente nel campo del «too big to fail», troppo grande per fallire, il nodo con cui le autorità si dibattono, senza aver trovato una via d’uscita, dalla crisi finanziaria del 2008, e in questo caso del «troppo interconnesso per fallire», parafrasando l’Fmi.
Muove quindi prontamente il Governo, si potrebbe dire a scopo preventivo. I salvataggi delle banche sono costati al contribuente tedesco più che in qualsiasi altro Paese avanzato dopo la crisi scoppiata nel 2008. E anche in Germania si va verso elezioni il prossimo anno e la causa delle banche non è certo la più popolare. Con l'intervento di ieri, il Governo cerca di ridurre il rischio di doversene occupare a distanza ravvicinata dal voto.