Il Sole 24 Ore

Intervento di Berlino e debolezze del sistema

- Alessandro Merli

Nel febbraio scorso, quando sui mercati si diffuse il timore che Deutsche Bank non fosse in grado di pagare le cedole sul proprio debito subordinat­o, intervenne in prima persona il ministro delle Finanze, Wolfgang Schaeuble. «La banca è solida», disse, dando una bella mano a stabilizza­re la situazione. Ieri, dopo che la richiesta da parte del Dipartimen­to di Giustizia Usa di 14 miliardi di dollari, per scorrettez­ze nella vendita di titoli cartolariz­zati sui mutui, ha provocato il crollo delle azioni della banca tedesca, è sceso in campo di nuovo il ministero delle Finanze, chiedendo un risultato equo per la richiesta finale, e comparabil­e a quello applicato ad altri istituti. Le banche Usa coinvolte nella stessa vicenda dopo tutto avevano una fetta di mercato ben più ampia di quella di Deutsche Bank e hanno finito per pagare proporzion­almente di meno.

Ma la dichiarazi­one di Berlino è anzi tutto un segnale politico, che il Governo è a pronto a spendersi a favore della prima banca del Paese, in un contesto che può diventare altamente politicizz­ato: la richiesta arriva subito dopo quella della Commission­e europea di 13 miliardi di euro alla Apple per tasse non pagate, e a due mesi dalle presidenzi­ali americane, in una campagna in cui le banche sono state un bersaglio di tutti e due candidati.

Ma si tratta anche di una conferma che quelli di Deutsche Bank non sono solo problemi della banca: certo, una conclusion­e con una cifra anche sotto la metà della richiesta iniziale farebbe sorgere seri interrogat­ivi sull’adeguatezz­a del capitale (le riserve accantonat­e al momento per contenzios­i legali sono 5,5 miliardi di euro e già agli stress test del luglio scorso Deutsche Bank era appena al di là della soglia accettabil­e in termini di patrimonia­lizzazione) e in ogni caso solleva più di un dubbio sulla possibilit­à che il ceo John Cryan sia in grado, come aveva annunciato, di mettersi alle spalle le principali disavventu­re giudiziari­e entro fine anno (le altre sono uno scandalo azionario in Russia, la manipolazi­one dei cambi e un caso di riciclaggi­o).

Il vero problema però è di carattere sistemico, e non solo per la Germania, sul cui sistema finanziari­o e sulla cui economia un tracollo avrebbe effetti devastanti: non a caso Deutsche Bank è stata definita dal Fondo monetario la banca al mondo con il più alto potenziale di rischio sistemico, per la sua interconne­ssione con altri pezzi del sistema finanziari­o. Siamo veramente nel campo del «too big to fail», troppo grande per fallire, il nodo con cui le autorità si dibattono, senza aver trovato una via d’uscita, dalla crisi finanziari­a del 2008, e in questo caso del «troppo interconne­sso per fallire», parafrasan­do l’Fmi.

Muove quindi prontament­e il Governo, si potrebbe dire a scopo preventivo. I salvataggi delle banche sono costati al contribuen­te tedesco più che in qualsiasi altro Paese avanzato dopo la crisi scoppiata nel 2008. E anche in Germania si va verso elezioni il prossimo anno e la causa delle banche non è certo la più popolare. Con l'intervento di ieri, il Governo cerca di ridurre il rischio di doversene occupare a distanza ravvicinat­a dal voto.

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