Addio a Ciampi, padre dell’Italia nell’euro
Il dolore di Mattarella - Renzi: servì con passione il Paese - Salvini: ci ha traditi. Bufera sul leader leghista
p «Sobrio ed elegante, portò l’Italia nell’euro». Così il quotidiano francese Le Monde dà la notizia della morte del presidente emerito Carlo Azeglio Ciampi. E di «signorile discrezione» parla anche Papa Francesco in un telegramma subito indirizzato alla signora Franca: «Ricoprì le pubbliche responsabilità con signorile discrezione e forte senso dello Stato». Sobrietà, eleganza e discrezione che Ciampi - morto ieri a quasi 96 anni nella clinica romana Pio XI dove era ricoverato da diversi giorni - mostrò anche e soprattutto quando giunse a ricoprire la più alta carica istituzionale, quella di presidente della Repubblica. Dopo gli anni “interventisti” di Oscar Luigi Scalfaro, segnati in più passaggi dallo scontro istituzionale con il primo governo Berlusconi, la scelta di questo servitore dello Stato senza nessuna tessera di partito in tasca (l’unica ap-
PAPA FRANCESCO Il messaggio alla moglie Franca: «Ricoprì le pubbliche responsabilità con signorile discrezione e forte senso dello Stato»
partenenza politica fu una militanza giovanile nel Partito d’Azione) fu quasi un miracolo bipartisan: Ciampi fu eletto alla prima votazione con 707 voti (contro solo la Lega e Rifondazione comunista) grazie a un accordo tra il premier Massimo D’Alema e il segretario dei Ds Walter Veltroni da una parte e il leader del centrodestra Silvio Berlusconi dall’altra.
Anche per questo, nel ricordo di quei 707 voti bipartisan, il cordoglio del mondo della politica - così come quello delle istituzioni economiche e sociali - è quasi una- nime. Dal Capo dello Stato Sergio Mattarella (il Mattarellum fu approvato nel ’93 sotto il governo Ciampi), che ieri si è subito recato in clinica per rendere omaggio alla salma e ha annullato la visita in Valtellina di lunedì, ai presidenti delle Camere al premier Matteo Renzi ai leader di partito: tutti lodano «l’uomo delle istituzioni», «il grande italiano e il grande europeo», il presidente che ha ridato agli italiani l’«orgoglio» dei simboli della patria come l’Inno di Mameli e il Tricolore. E non è un caso se pure Berlusconi parla di «servitore dello Stato» ricordando di averlo sempre rispettato «anche quando ci siamo trovati su posizioni diverse». Unica voce fuori dal coro, e obiettivamente sopra le righe, è quella del leader leghista Matteo Salvini che definisce Ciampi un traditore: «È stato uno degli traditori dell’Italia e degli italiani insieme a Napolitano, Prodi e Monti. Uno dei complici della svendita dell’Italia ai poteri forti». Immediata la polemica, che porta la seconda carica dello Stato Pietro Grasso a una durissima reprimenda: «Strumentalizzare la morte di Ciampi è da sciacalli». Salvini a parte, a rendere omaggio all’ex Capo dello Stato sono anche gli industriali con il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia: «È stato un presidente molto amato e un grande servitore dello Stato: figura centrale per l’economia, la crescita e la stabilità dell’Italia». «Un europeista convinto che ha onorato il Paese», aggiunge Luigi Abete, presidente della Federazione banche assicurazioni e finanza. Mentre i sindacati confederali ricordano Ciampi come l’inventore di quella concertazione che contribuì a mantenere la pace sociale del Paese in anni di sacrifici. «La firma dell’accordo sulla politica dei redditi nel 1993 segnò l’avvio della concertazione e del risanamento economico del Paese», dice la leader della Cgil Susanna Camusso.
Indietro negli anni, la biografia di Ciampi è quella di un servizio all’economia del Paese lungo 20 anni: dal fallimento del Banco Ambrosiano all’ingresso nell’euro, dalla svalutazione della lira fino all’accordo del ’93 con le parti sociali e al risanamento delle finanze pubbliche che ha consentito all’Italia di agganciare il primo treno dell’euro. Prima in Banca d’Italia, di cui Ciampi è stato Governatore dal 1979 al 1993, subito come presidente del Consiglio prima e come ministro del Tesoro dei governi Prodi e D’Alema poi. Al centro l’avventura dell’euro, che Ciampi giocò da protagonista assoluto: in un solo anno, il 1997, l’allora ministro del Tesoro riuscì a ridurre il deficit dal 6,4 al 2,7% operando in gran parte sulla spesa per interessi, che è il termometro della fiducia dei mercati. È così che l’Italia conquistò sul campo il diritto a entrare nel gruppo di testa della moneta unica. Degli anni in Banca d’Italia va segnalato prima di tutto il “divorzio” tra Via Nazionale e il Tesoro che Ciampi decise nel 1981 d’intesa con l’allora ministro Beniamino Andreatta. In sostanza si pose fine al cosiddetto finanziamento monetario del disavanzo che obbligava la Banca d’Italia ad acquistare i titoli emessi dal Tesoro e non collocati sul mercato. E, ancora, i mesi che nel 1992 precedettero la grave crisi finanziaria che portò l’Italia fuori dal sistema di cambio europeo con svalutazione della lira e maxi-manovra da 93mila miliardi delle vecchie lire varata dal governo Amato.