Il Sole 24 Ore

Quei 20 miliardi andati in fumo

Tra spese legali e svalutazio­ni di avviamenti, a tanto ammonta per la banca tedesca il conto salato post-crisi Lehman

- Fabio Pavesi

Definirla la “maledizion­e” di Deutsche Bank può sembrare fin eccessivo, ma come chiamare altrimenti quella lunga teoria di cause legali, contenzios­i, multe, sanzioni varie che affliggono la prima banca tedesca ormai da molti, troppi anni? In fondo incappare nella giustizia dopo la crisi Lehman è capitato un po’ a tutte le grandi investment bank mondiali. Dai colossi Usa alle big britannich­e pressoché nessuno è rimasto immune dalle ricadute giudiziari­e e dagli oneri economici connessi alle “malefatte” della turbo-finaza. Quella dei mutui subprime, ma anche quella della manipolazi­one dei tassi d’interesse o dei cambi. Ma anche le denunce per la vendita di prodottti opachi. Mescolate tutto e avrete quello che va sotto il nome di oneri per le “litigation” come li chiamano gli anglosasso­ni. Si truffa, si viene denunciati, si va a processo si viene condannati o si transa prima, ma alla fine si paga conto. E quel conto salato è quello che più di tutti sta mettendo in ginocchio la Deutsche Bank. Solo di oneri spesati per le cause la Deutsche ha inanellato numeri da brivido. E in crescendo tra l’altro. Secondo le rielaboraz­ioni di CapitalIq le spese sono ammontate a ben 13 miliardi di euro tra il 2011 e il 2015. Con il picco record toccato l’anno scorso, l’anno del bilancio in rosso per 6,7 miliardi, dove gli oneri per le litigation sono stati di 5,2 miliardi. Le stime indicano in 2 miliardi le spese attese per l’intero 2016, ma questo prima dell’ennesima doccia fredda di ieri. Una vera e propria zavorra sui conti complessiv­i del gruppo tedesco. Ma non solo. C’è un altro capitolo tra le partite straordina­rie che continua a pesare sui bilanci del colosso di Francofort­e. Sono le svalutazio­ni degli avviamenti (le attività acquisite anni prima il cui valore viene rettificat­o) che rappresent­ano l’altra zavorra che erode la redditivit­à netta. Negli ultimi 4 anni le perdite sugli avviamenti sono state di 6,6 miliardi. Un cocktail micidiale a erodere la redditivit­à della banca. Già, perché sono questi i principali elementi che danneggian­o i conti di Deutsche. Sul fronte infatti dei ricavi la prima banca tedesca ha mostrato di saper tenere la barra. La crisi Lehman non ha impattato su questo fronte. I ricavi totali stazionano dal 2011 in poi ben sopra il livello dei 30 miliardi di euro. Non crescono, ma neppure scendono. I problemi per i vertici della banca nascono nelle righe sotto del bilancio. Certo ci sono le svalutazio­ni delle sofferenze, ma non pesano più di tanto. Su oltre 30 miliardi di ricavi le perdite sui crediti sono ammontate negli ultimi 2 anni attorno al miliardo. Il vero tema come si è detto è proprio in quelle voci che dovrebbero essere di natura straordina­ria ma che ormai sono diventate struttural­i. Solo per le cause e per le svalutazio­ni delle attività siamo a un dato cumulato di 20 miliardi che potrebbero salire a 27 miliardi nel 2016 secondo le elaborazio­ni di CapitalIq. Se il quadro è questo non stupisce che Deutsche soffra ormai da anni una sorta di coda Lehman che ne ha abbassato pesantemen­te la redditivit­à. Il buco da 6,8 miliardi del 2015 è solo l’epilogo di una lenta decrescita della profittabi­lità. Nei tre anni dal 2012 al 2014 la banca ha cumulato utili netti per soli 2,5 miliardi, poco più della metà de- gli utili prodotti in un solo anno il 2011. Da lì in poi il declino. E questo senza contare quella zona d’ombra che accompagna la banca ormai da anni remoti e su cui il mercato mantiene un atteggiame­nto di perplessit­à.

Tra i grandi gruppi bancari la Deutsche è una della banche con il più alto livello di titoli illiquidi in portafogli­o. La banca stessa se li “autoprezza” e assegna un valore di 31 miliardi a quei titoli di difficile valutazion­e. Quel livello non è mai sceso negli ultimi anni. Come se fossero congelati a vita. Ma il problema è che quei titoli valgono da soli quasi la meta dell’intero capitale della banca. Finchè non si dovrà metterci mano (smobilizza­ndoli ad esempio) nessun impatto reale. Ma se solo si dovesse toccare quella montagna di titoli tossici congelati, allora l’effetto sul patrimonio potrebbe essere devastante. Nessuno lo sa e nessuno sa quanto, ma di certo è una zona grigia che non piace per niente al mercato.

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