«Selettività elevata, servono criteri nuovi per valutare»
Dai produttor i l’invito a non penalizzare le realtà più fragili
Denaro disponibile e a buon mercato per le aziende virtuose, difficoltà di accesso al credito e costi elevati per chi è in maggiore difficoltà. Cioè coloro che di risorse avrebbero più bisogno. Con sfumature e accenti diversi la sensazione diffusa tra gli imprenditori è quella di una progressiva polarizzazione nell’erogazione del credito, una separazione di tassi e volumi tra sommersi e salvati che se da un lato tende a migliorare la qualità media degli affidamenti, dall’altro rischia di rendere ancora più pesante il processo di selezione all’interno del sistema. «Servirebbe un metodo diverso di valutazione – spiega Rinaldo Ocleppo, vicepresidente dell’Unione industriale di Torino con delega al credito – per riequilibrare i fattori, tenendo conto oltre che dei numeri anche di aspetti qualitativi e strategici. Guardare solo il rating significa perdere delle opportunità. Da un certo punto di vista discriminare è corretto, non si può prestare a chiunque. Ma così rischiamo di perdere definitivamente anche realtà che potrebbero risollevarsi».
L’ opinione comune è che rispetto a 12 mesi fa il quadro sia leggermente migliorato, e il freno dei volumi erogati viene imputato ad entrambi i fattori: domanda e offerta. «In Italia e all’estero la domanda resta debole - afferma il vicepresidente delegato alla finanza di Unindustria Bologna Nicola Pizzoli - e qui da noi le costruzioni sono ferme: se non c’è crescita investire è un azzardo. Da parte delle banche poi c’è molta più attenzione e prudenza rispetto al passato, l’irrigidimento delle regole ha pesato, così come pesano i prestiti del passato finiti male. La crisi ha operato una profonda selezione, ma per il futuro resto ottimista, c’è uno scatto di professionalità, è cambiato il clima: le banche investiranno di più là dove troveranno imprese consistenti, con progetti di sviluppo validi».
«Gli istituti stanno facendo una grande selezione–aggiunge Franco Bernardini, presidente di Confidi Imprese Toscane (collegato a Confindustria Firenze) –, ma in generale abbiamo notato qualche lieve miglioramento. Non che si possa festeggiare, perché se prima scendi cinque piani e poi risali di due gradini, di strada da fare ne resta parecchia». Meno ottimista sulle prospettive a breve è Mario Ravagnan, vicepresidente delegato al credito e alla finanza per Confindustria Padova, che chiede al sistema bancario una sterzata decisa. «Dagli associati – spiega – sento molte lamentele. Segnalano istruttorie lunghe, incerte e poco trasparenti nei criteri, costi accessori e commissioni esorbitanti che di fatto fanno lievitare i tassi, proposte di affiancamento al prestito di derivati e altri prodotti di investimento. In sintesi, le banche non fanno più bene il loro mestiere. Poi, certamente, a pesare sul calo dei volumi è anche la sfiducia delle imprese: sfiducia e selettività tengono il credito al palo. I “no” allo sportello restano numerosi, soprattutto per quelli che avrebbero bisogno di risorse. Gli altri, quelli che stanno bene, dalle banche vengono rincorsi, a costi bassissimi».
«Da imprenditore – aggiunge il vicepresidente di Assolombarda-Confindustria Milano Monza e Brianza Carlo Bonomi – non posso che rallegrarmi per il calo dei tassi. Ma è giusto anche dire che questa situazione nel medio/lungo termine fa male al sistema bancario, ne riduce la redditività, in parte già ora paghiamo gli effetti negativi di questo scenario. La situazione del credito mi pare meno stressata rispetto al passato, anche le richieste di sostegno degli associati sono in calo. Vero è che esistono due mondi: chi va bene non ha problemi, a volte i funzionari arrivano con il prestito predeliberato, manca solo la firma. Chi va male invece continua a soffrire molto, difficoltà che si concentrano nelle imprese di minori dimensioni. Forse in passato abbiamo vissuto un poco sopra le righe e non c’erano gli elementi per concedere tutti quei crediti. Perché gli investimenti languono? Sfiducia, burocrazia, tasse e poi un clima internazionale che certo non aiuta».
L’ANALISI Visibile una polarizzazione delle scelte da parte degli istituti. Domanda limitata dalla crescita ridotta e dalle incertezze internazionali