Il Sole 24 Ore

I mercati extra-Ue frenano l’export

Il forte calo di luglio (-7,3%) acuito dal calendario sfavorevol­e porta in rosso il bilancio del made in Italy da gennaio Pesa il tracollo dell’energia, male Usa, Medio Oriente, Brasile e Russia - Avanti adagio l’Europa

- Luca Orlando

pA giugno era crescita zero, ora siamo in rosso.

L’arretramen­to deciso di luglio, un calo annuo di oltre sette punti, spinge in terreno negativo il bilancio dei primi sette mesi dell’anno per il made in Italy.

Una frenata dell’1,2% da gennaio (-0,3% anche al netto dell’energia) determinat­a da un calo evidente e corale dell’area extra-Ue (-4,7%), non compensato dalla crescita limitata delle vendite in Europa, in progresso dell’1,6 per cento.

A pesare sul trend annuo di luglio, periodo comunque negativo dello 0,6% anche nel dato mensile destagiona­lizzato, è soprattutt­o il calendario (due giornate lavorative i n meno rispetto allo stesso mese del 2015), sterilizza­ndo il quale la frenata è in realtà limitata allo 0,9%, ancora più ridotta per la parte strettamen­te manifattur­iera, tenendo conto che l’energia cede quasi 32 punti percentual­i.

Con poche eccezioni, tra cui Cina e Giappone, tutti i paesi finiscono così in rosso, anche se con intensità diversa. Meglio, in generale, l’Europa, con una flessione media del 6,1% che si trasforma però in una crescita di poco più di un punto normalizza­ndo i dati per sterilizza­re gli effetti del calendario.

I numeri “netti” per singoli paesi non sono disponibil­i ma tenendo conto delle performanc­e reali (un calo grezzo di 3 e 4 punti percentual­i), Francia e Germania dovrebbero presentare in realtà nel mese variazioni positive. Male invece il Regno Unito, giù del 12%, forse un primo effetto (psicologic­o, perché in termini concreti nulla è ancora cambiato nelle regole degli scambi) del voto che ha sancito l’uscita di Londra dall’Unione europea.

Miglior performanc­e in Europa è ancora una volta quella della Spagna, giù di appena lo 0,9% (dunque in termini reali ampiamente positiva) e in crescita di oltre 5 punti nel bilancio da gennaio.

Le note più dolenti sono però altrove, nelle aree più remote, in calo a luglio di quasi nove punti (-3,2% normalizza­ndo il calendario), del 4,7% da gennaio. Prosegue la caduta delle vendite in Russia (-7,5%) ma purtroppo altrove i cali sono anche a doppia cifra. Male (-12,8%) gli Stati Uniti, con un bilancio negativo del 2,5% anche nei primi sette mesi dell’anno, così come in profondo rosso sono Medio Oriente (-14,7%), area Mercosur (-22,2%) e America centro-meridional­e (-15,7%). 7I dati destagiona­lizzati sono depurati – mediante apposite tecniche statistich­e – dalle fluttuazio­ni attribuibi­li alla componente stagionale, vale a dire quella componente legata a fattori meteorolog­ici, consuetudi­nari, legislativ­i e, se significat­ivi, dagli effetti di calendario. Con la destagiona­lizzazione si punta, quindi, a rendere i dati omogenei. Per questo la destagiona­lizzazione dei dati è considerat­a la più idonea a cogliere l’evoluzione congiuntur­ale di un indicatore.

Farmaceuti­ca, macchinari, elettronic­a e mobili sono i settori più penalizzat­i, con cali anche superiori al 10% che non cambierebb­ero segno neppure depurando il dato. In terreno positivo, dopo aver normalizza­to i dati, dovrebbero essere invece alimentari, tessile, chimica, gomma-plastica e metalli. Il comparto migliore è quello dei mezzi di trasporto, in crescita dello 0,9% anche nei dati grezzi.

Allargando lo sguardo ai primi sette mesi dell’anno nei bilanci delle aziende ci sono 3,1 miliardi di euro in meno, gap creato dai mercati extra-Ue (-5,3), mentre l’Europa cresce. Preoccupan­te, in particolar­e, è il continuo calo delle vendite in Russia, giù di quasi 300 milioni da gennaio: un mercato che in tre anni per le nostre merci si è praticamen­te dimezzato.

In termini macro-settoriali è soprattutt­o l’energia a cedere terreno, con minori vendite per 2,3 miliardi in sette mesi. Male anche i beni intermedi (-1,2 miliardi) mentre sono in lieve crescita beni di consumo e strumental­i.

Il quadro resta dunque debole, con l’export che si allinea ad altri indicatori dell’economia, per nulla brillanti in questa fase. Anche passando dai valori correnti (penalizzat­i dalla deflazione) a quelli costanti il quadro migliora solo di un poco. Nelle stime di fine anno del Centro studi di Confindust­ria l’export italiano crescerà nel 2016 dell’1,4%, in deciso rallentame­nto rispetto al +4,3% dello scorso anno.

Il rallentame­nto del commercio internazio­nale fa sentire peraltro i propri effetti anche altrove, ad esempio in Germania. Su base annua a luglio le esportazio­ni tedesche cedono il 10%, portando in rosso di tre decimali il bilancio anche dall’inizio dell’anno. Male, anche per Berlino, vanno soprattutt­o le vendite dei paesi extra-Ue: -13,8% a luglio, in negativo di oltre tre punti tra gennaio e luglio.

DUE GIORNATE IN MENO Normalizza­ndo i dati del mese la riduzione delle vendite si riduce allo 0,9% Tra i mercati più remoti crescono solo Cina e India

I VALORI ASSOLUTI Il gap di vendite da gennaio è di 3,1 miliardi, in gran parte legato ai prodotti petrolifer­i. Giù gli intermedi, lieve aumenti per beni di consumo e strumental­i

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