Il Sole 24 Ore

Due allarmi e un concreto segnale di speranza

- Lello Naso

Tre elementi emergono dai dati Istat sul commercio estero: il risultato complessiv­o in calo nel periodo gennaio-luglio; la caduta degli Stati Uniti e della Russia; la complessiv­a tenuta, con elementi che fanno presagire la crescita, dell’Europa Continenta­le, Francia e Germania in particolar­e.

Il calo dell’export, soprattutt­o in consideraz­ione della frenata del Pil e dell’anemia dei consumi interni, rischia di essere un macigno sulla strada della crescita. L’export, nella traversata nel deserto della crisi post Lehman, è stata l’ancora di salvataggi­o a cui si è aggrappata la manifattur­a. Prima con l’esplorazio­ne dei Paesi emergenti, poi cavalcando la crescita tumultuosa degli Stati Uniti.

Proprio dal calo americano, il secondo dato che è emerso ieri, suona un ulteriore campanello d’allarme. Si è esaurita la vena aurifera dell’industrial compact di Obama che ha trainato soprattutt­o la meccanica (in particolar­e la filiera automotive) e la ricaduta comincia a sentirsi. C’è da sperare che, finita la campagna elettorale e con un presidente in carica, riparta la crescita e, con essa, le importazio­ni.

Sulla Russia, invece, l’impasse rischia di diventare un pantano. La crisi interna e l’embargo hanno fatto perdere ogni slancio a uno dei mercati considerat­i più promettent­i.

Le uniche note positive sono la crescita di Francia e Germania. Berlino, primo importator­e di merci italiane, ha appena aperto a un aumento della spesa pubblica e a un taglio delle tasse. La ripartenza della locomotiva Germania sarebbe un toccasana per il sistema.

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