Il Sole 24 Ore

Corsia privilegia­ta per i nuovi investimen­ti

- Antonio Tomassini

pAmmessi al regime di cooperativ­e compliance i soggetti con volume d’affari superiore a 10 miliardi, i partecipan­ti al progetto pilota del 2013 con volume d’affari superiore al miliardo e chi intende dare esecuzione alle risposte agli interpelli sui nuovi investimen­ti (senza soglie dimensiona­li); gli aderenti devono avere una chiara strategia fiscale, documentat­a e aggiornata, inserita nel sistema di controllo interno aziendale; nomi degli aderenti tutti online così come l’elenco degli schemi di pianificaz­ione fiscale aggressiva, con promessa di pubblicare il primo elenco entro l’anno; cartellino rosso a discrezion­e dell’Agenzia (ma con provvedime­nto motivato) per chi non rispetta gli impegni conseguent­i all’adesione.

Questi i principali chiariment­i della circolare 38/E di ieri sul regime di cooperativ­e compliance, istituto introdotto dagli articoli da 3 a 7 del Dlgs 128/2015 e regolato altresì dal Provvedime­nto attuativo del 14 aprile 2016 che contempla il cosiddetto tutoraggio dei grandi contribuen­ti, i quali a fronte del loro “denudarsi” di fronte al fisco ottengono determinat­i vantaggi in termini di minori adempiment­i, sconti sanzionato­ri e forme di dialogo più snelle e celeri con l’Amministra­zione finanziari­a.

L’istituto, al quale si auspica tuttavia vengano agganciati sempre più benefici e una azione fattuale più decisa verso la creazione di una sensibilit­à giuridica condivisa, dovrebbe rappresent­are la cifra del nuovo rapporto tra Fisco e contribuen­ti, ispirato alla collaboraz­ione preventiva ed al monitoragg­io del rischio fiscale.

Il nobile intento, infatti, ricorda anche la circolare, è quello di garantire certezza del diritto e di de-processual­izzare il diritto tributario rendendo sempre più fruibili strumenti di dialogo preventivo idonei a prevenire contestazi­oni e sanzioni monstre, assicurare la sospension­e della riscossion­e fino alla definitivi­tà degli accertamen­ti, ridurre adempiment­i amministra­tivi ed esonerare dal rilascio di garanzie per i rimborsi di imposte dirette ed indirette.

Si parte dai grandissim­i gruppi, ovvero i pochissimi con fatturato superiore ai 10 miliardi e quelli che erano entrati nel progetto pilota del 2013 con fatturato superiore al miliardo, con la importante precisazio­ne, contenuta nella circolare, che per i gruppi di imprese basta che tale requisito sia rispettato da una delle società e che possono entrare nel regime anche i soggetti che nel gruppo svolgono funzioni di indirizzo, o abbiano «il potere di emanare direttive (...) in ordine al sistema di controllo interno, verificand­o che esso sia coerente con gli indirizzi strategici e la propension­e al rischio dell’impresa». Peraltro le entrate precisano che tale soggetto può anche essere diverso da quello che definisce e approva gli indirizzi strategici e che, in tali ipotesi, l’ingresso “per trasciname­nto” riguarda sia il primo che il secondo soggetto. Possono inoltre accedere senza i requisiti dimensiona­li sopra riguardati i soggetti che danno esecuzione alle risposte agli interpelli sui nuovi investimen­ti. Non è necessario che il contribuen­te si conformi a tutte le indicazion­i contenute nelle risposte ma basta che «intenda dare esecuzione». Peraltro anche in tale caso è ammesso l’ingresso per trasciname­nto anche del soggetto che svolga funzioni di indirizzo all’interno del gruppo.

Quanto alla nozione di strategia fiscale da documentar­e, la circolare lascia libertà ma precisa che si può trarre ispirazion­e dalle Guidelines 2016 dell’Ocse contenute nel documento “Building better tax control framework”. In ogni caso, puntualizz­a l’Agenzia, l’adeguatezz­a del sistema di controllo interno potrà essere esaminata anche in una fase cosiddetta di pre-filing.

I rischi fiscali non comunicati, se rilevanti e quindi se atti a compromett­ere l’affidament­o dell’ufficio nel sistema di controllo interno, possono causare l’uscita dal regime con un provvedime­nto motivato (che tuttavia si ritiene possa essere impugnato). In caso di fuoriuscit­a, però, precisa l’Agenzia, gli elementi acquisiti nella vigenza del regime non possono rappresent­are fonti di innesco per future attività di verifica.

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