«Cfc», nuove regole a partire dal 2015
Le Entrate sul confronto Italia-estero per la tassazione per trasparenza
pAi fini del confronto tra tassazione effettiva estera e tassazione virtuale domestica per valutare se si rientra nel regime Cfc e tassare i redditi per trasparenza, rilevano le disposizioni in materia di reddito d’impresa, anche al di fuori del Tuir. Sono tuttavia irrilevanti le variazioni non permanenti della base imponibile, con riversamento certo e predeterminato, e non si tiene conto del limite dell’80% all’utilizzo delle perdite fiscali.
Sono queste alcune delle novità – applicabili già nel 2015 – che emergono dalla lettura del provvedimento del direttore delle Entrate varato ieri, la cui emanazione era prevista dall’articolo 8 del decreto internazionalizzazione. Quest’ultimo aveva demandato a un provvedimento dell’Agenzia il compito di indicare i criteri per determinare, con modalità semplificata, il livello di tassazione che fa scattare l’applicazione della disciplina Cfc alle società white list.
Il Dl 1° luglio 2009, n. 78 ha esteso l’applicazione della disciplina Cfc anche a soggetti controllati localizzati in Stati che non si considerano «regimi fiscali privilegiati» (articolo 167, comma 8-bis, del Tuir), al ricorrere delle seguenti condizioni: 1 la partecipata estera è assoggettata a tassazione effettiva inferiore a più della metà rispetto a quella cui sarebbe stata soggetta ove residente in Italia; 1 i proventi della partecipata estera derivano per più del 50% da passive income.
La disciplina del comma 8-bis si applica agli Stati, inclusi quelli Ue e See, diversi da quelli considerati «regimi fiscali privilegiati» ai sensi dell’articolo 167 del Tuir. Disposizione che ha subito diverse modifiche negli ultimi anni: per il periodo d’imposta 2015, infatti, sono considerati regimi fiscali privilegiati gli Stati o territori inclusi nel Dm 21 novembre 2001 (con un livello di tassazione inferiore al 50% di quello italiano) nonché i «regimi speciali», ovvero quei regimi che determinano un livello di imposizione inferiore di oltre il 50% quello applicato in Italia.
Dal 2016 si considerano invece privilegiati i regimi fiscali, anche speciali, laddove il livello nominale di tassazione risulti inferiore al 50% di quello applicabile in Italia.
La disciplina delle controllate white list che conseguono passive income (comma 8-bis) richiede quindi il calcolo della tassazione effettiva estera e della tassazione virtuale domestica. I criteri per effettuare il confronto erano stati finora indicati dalla prassi (circolari 51/E/2010 e 23/E/2011), ma il Dlgs 147/2015 ha previsto l’emanazione di un provvedimento ad hoc.
Il provvedimento stabilisce innanzitutto che per tassazione virtuale domestica si intende il rapporto tra l’imposta che la controllata avrebbe pagato in Italia, corrispondente al reddito imponibile rideterminato secondo le disposizioni italiane in materia di reddito d’impresa, e l’utile ante-imposte risultante dal bilancio.
Viene quindi formalmente superata la precedente impostazione che prevedeva la rilevanza delle norme extra-Tuir ai fini della determinazione del reddito tassato per trasparenza, ma non ai fini del calcolo del tax rate virtuale domestico. Tra le variazioni extraTuir rilevanti è espressamente menzionata l’Ace, così come regimi analoghi applicati nello Stato estero (per il calcolo del tax rate estero). Viene poi confermato che il confronto tra la tassazione effettiva estera e quella “virtuale” interna va condotto considerando esclusivamente l’Ires ed eventuali addizionali, escludendo l’Irap, così come che il calcolo della tassazione virtuale è eseguito sui dati risultanti dal bilancio della controllata, redatto secondo le regole locali. Ancora, al fine di evitare penalizzazioni nel calcolo del tax rate domestico, le perdite fiscali estere si assumono senza il limite dell’80%, mentre risponde a esigenze di semplificazione l’irrilevanza delle variazioni non permanenti della base imponibile, con riversamento certo e predeterminato in base alla legge (deduzione/tassazione per quote) o per piani di rientro (ammortamenti). Da ultimo, il provvedimento conferma che non rilevano eventuali agevolazioni estere di carattere non strutturale riconosciute alla generalità dei contribuenti, ma a condizione che abbiano una durata non superiore a cinque anni, così come che il regime Pex italiano equivale ai regimi di esenzione totale con indeducibilità dei costi connessi senza necessità di confronto con il Fisco.
Esclusi l’Irap e il limite dell’80% alle perdite fiscali