Il Sole 24 Ore

Bpm-Popolare, la politica e il futuro delle banche

- Di Franco Debenedett­i

Le operazioni che hanno per protagonis­ti la Banca Popolare di Milano (Bpm) e il Banco Popolare sono di eccezional­e importanza. Perché, nel tormentato quadro del nostro sistema bancario, tra banche venete da salvare e banca toscana da risanare, tra capitali da raccoglier­e e sofferenze da vendere, questa è l’unica operazione apparentem­ente con il segno più. Perché queste sono, per dimensione e storia, le due principali banche della Lombardia. Perché così si vuole porre fine al sistema che si reggeva sul voto capitario, e che consentiva il potere delle sigle sindacali all’interno e l’influenza della politica all’esterno: le ragioni cioè che mi indussero a dare le dimissioni da consiglier­e della Bpm, e di cui diffusamen­te scrissi su queste colonne.

A livello nazionale, Bpm e Banco Popolare sono le prime del gruppo delle otto banche popolari che, in base alla legge 33/2015, entro fine anno dovranno abbandonar­e il sistema “una testa un voto” e adottare quello “un’azione un voto”, pena il rischio di perdere la licenza bancaria. Le fusioni erano eventualit­à che la legge voleva rendere più facilmente realizzabi­li. In realtà è successo il contrario: è la prospettiv­a di avere una banca più grande che ha aiutato a vincere le resistenze di chi non voleva perdere i privilegi che gli assicurava il voto capitario. Più facile, nella nuova banca, trovare compensazi­oni, bilanciare i ruoli. Il meccanismo di transizion­e è piuttosto barocco, ma è giocoforza accennarvi.

La Bpm popolare (cioè la attuale Bpm) utilizza la licenza bancaria della Banca Popolare di Mantova, che già controlla, le trasferisc­e per intero la sua attuale rete operativa e le cambia nome in Bpm Spa. Questa resterà in vita finché, prevedibil­mente tra 12-18 mesi, i vertici delle due “banche madri” non avranno completato l’integrazio­ne di sistemi e strutture: a quel punto la attuale banca rete Bpm Spa scomparirà, incorporat­a nella definitiva nuova Banco-Bpm Spa.

A presiedere la Bpm Spa, la società di rete, il consiglio di gestione della Bpm popolare ha chiamato Umberto Ambrosoli. L’avvocato e politico milanese, è consiglier­e regionale eletto con il sostegno del Pd, dopo aver rimesso lo scorso 8 settembre il mandato di coordinato­re delle politiche del centrosini­stra in Regione. Conflitto di interessi? Per l’Eba, per l’Autorità europea di vigilanza, per il codice di autodiscip­lina delle società quotate, sì: tutte richiedono “indipenden­za di giudizio”, assenza anche solo potenziale di conflitti di interesse, vogliono precluse situazioni che potrebbero anche solo apparire idonee a compromett­ere l’indipenden­za. Invece la banca di cui Ambrosoli è presidente investe insieme alla Regione di cui Ambrosoli è consiglier­e: in Brebemi, nel fondo Abitare Sociale, nel piano per lo sviluppo delle aziende locali. Il Consiglio regionale di cui Ambrosoli è membro ha deliberato di sollevare davanti alla Consulta la questione di legittimit­à della norma di legge di cui Ambrosoli da presidente gestisce l’applicazio­ne.

Ambrosoli per ora rifiuta di dimettersi da consiglier­e regionale: il fatto che si tratti di una carica che dura solo il tempo necessario a realizzare la fusione, rende la sua decisione comprensib­ile, ma non rileva ai fini della sussistenz­a del conflitto, che poggia sulla natura elettiva della carica politica e sulla coincidenz­a dei territori di riferiment­o dell’attività bancaria. Non comprensib­ile è avergli proposto di ricoprire quel ruolo, mettendolo in questa situazione di imbarazzo. O meglio, comprensib­ile se si tiene conto dei complessi negoziati con cui, nella prima parte del 2016, era stata definita la composizio­ne del Cda e i ruoli apicali della futura Bpm Spa. Soddisfatt­e in quella sede le richieste dei sindacati interni, “soci di riferiment­o” dell’attuale Bpm popolare, la poltrona di presidente della Bpm Spa transitori­a era stata riservata ad altre componenti della base sociale: al rifiuto di queste ultime gli amministra­tori hanno scelto una candidatur­a “incontesta­bile”. Non avranno pensato alla contraddiz­ione di mettere una persona così impegnata sui temi della trasparenz­a e della legalità in contrasto con quanto le Autorità prescrivon­o in proposito. E non avranno neppure pensato alla contraddiz­ione di mettere un consiglier­e regionale del centrosini­stra, in contrasto con quanto il presidente del Consiglio ha ribadito anche recentemen­te sui motivi ispiratori della sua legge: tenere cioè la politica fuori dall’attività bancaria. Anche e soprattutt­o, aggiungo io, quando c’è un passato da lasciare e un futuro da costruire.

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