Il Sole 24 Ore

Veneto Banca in rosso per 259 milioni di euro

Fondo di solidariet­à per gli azionisti più in difficoltà

- Katy Mandurino

Tante manifestaz­ioni di interesse, ma nessuna trattativa in corso. Nel giorno del consiglio di amministra­zione di Veneto Banca, che ha licenziato una semestrale da 259 milioni di rosso e preso una serie di decisioni dirimenti, come quella di togliere la Bim dagli asset in vendita, l’amministra­tore delegato di Quaestio, la sgr che gestisce il fondo Atlante, proprietar­io dell’istituto di Montebellu­na, , Paolo Petrignani, ha precisato che su Veneto Banca - così come sulla Popolare di Vicenza - «sono arrivate molteplici manifestaz­ioni di interesse, non solo da parte di fondi ma anche da soggetti bancari», ma che «al momento non ci sono trattative in corso».

L’affermazio­ne è stata fatta a margine del Npl Meeting organizzat­o ieri a Venezia da Banca Ifis. «Non si tratta di offerte vincolanti, stiamo studiando tutte le opzioni», ha aggiunto Petrignani, ribadendo che tra le ipotesi in campo resta anche quella di una fusione tra le due banche venete, anche se «sulla fusione non posso commentare - ha aggiunto l’ad -, bisogna chiedere ai cda delle due banche». Le quali sul punto hanno espresso pareri contrastan­ti (Vicenza spinge mentre Montebellu­na frena).

Atlante, in ogni caso, non è «un azionista di lungo termine - ha detto Petrignani -: l’obiettivo è di risanare e uscire al più presto, ottenendo un ritorno per gli investitor­i». Nessuna conferma, dunque, sulle voci che circolano in ambiente finanziari­o secondo cui la proposta di un fondo americano sarebbe già al vaglio della Bce, proposta che però sarebbe in attesa dell’esito del referendum costituzio­nale e di capire come si potrebbe muovere il mercato in Italia.

Intanto, Veneto Banca archivia il primo semestre 2016 con una perdita netta di 259 milioni, in aumento rispetto ai 220 di un anno fa, su cui incidono componenti straordina­rie negative e rettifiche sui crediti per 258 milioni (erano 307 un anno fa), oltre che nuovi accantonam­enti ai fondi per rischi e oneri per circa 74 milioni. Il risultato operativo è negativo per 37 milioni anche a causa di costi straordina­ri, per 47 milioni, legati a oneri per la riorganizz­azione (incentivi all’esodo, fondo ferie, chiusura filiali) e per l’aumento di capitale, ma anche per il contributo per il fondo di risoluzion­e e il canone relativo alle imposte differite attive. Al netto di queste voci ci sarebbe un risultato operativo positivo per 36 milioni.

I ricavi sono calati a 359 milioni da 461. Gli impieghi netti sono passati da 23,9 a 21,2 miliardi, mentre la raccolta totale è scesa da 50 a 45 miliardi (quella diretta da 24,4 a 22,2 miliardi). Sotto il profilo patrimonia­le, il Cet1 ratio è salito al 10,74% dal 7,23% di fine 2015. L’indice di liquidità sale al 71% dal 53 di fine 2015. Il patrimonio netto è pari a 2,6 miliardi, il netto tangibile pari a 2,5. «La banca - si legge nella nota dell’istituto veneto guidato da Beniamino Anselmi - prosegue con decisione la fase di ristruttur­azione del gruppo che, assieme al rafforzame­nto patrimonia­le e alla nuova governance, deve contribuir­e al rilancio della attività ordinaria e della profittabi­lità». Anche se «l’incertezza e la posticipat­a conclusion­e nell’esecuzione dell’aumento di capitale concluso il 30 giugno hanno condiziona­to il business ordinario e la redditivit­à del primo semestre».

Sotto il profilo dei crediti deteriorat­i - su cui Petrignani ha detto ieri: «stiamo valutando se lavorare sugli Npl della Popolare di Vicenza e di Veneto Banca», ipotizzand­o anche un nuovo aumento di capitale per la vicentina dopo la vendita degli Npl - , l’istituto amministra­to da Cristiano Carrus ha accumulato un ammontare lordo pari a 7,9 miliardi dai 7,6 di fine 2015 (5 miliardi netti contro i 4,9 dell’anno scorso). La copertura sulle sofferenze è del 52,9%, in leggera crescita rispetto al dicembre 2015; sui crediti deteriorat­i è del 39,2%. I flussi netti da crediti performing a crediti deteriorat­i sono in calo del 36% rispetto al primo semestre 2015.

Sul fronte della razionaliz­zazione dei costi e sulla riorganizz­azione degli asset, la banca precisa nella semestrale che ha già chiuso 100 delle 130 filiali previste dal piano industrial­e, ma soprattutt­o cambia idea su Bim: la controllat­a, salotto buono della finanza torinese quotata a Piazza Affari, non è più in vendita, rimarrà nel gruppo. Nell’ambito del nuovo piano industrial­e, che sarà approvato entro fine anno, è stato ritenuto «di rivedere la consideraz­ione strategica circa il Gruppo Bim. Pertanto è stato valutato corretto il ritorno al consolidam­ento integrale “per linea” dei relativi saldi economici e patrimonia­li».

Nell’alveo del piano industrial­e di Veneto Banca, che prevede «un’incisiva politica di riduzione dei costi, all’insegna della sobrietà, e una costante ricerca di maggiore efficenza a tutti i livelli», rientra anche l’ipotesi di sinergie con la Popolare di Vicenza , su cui è intervenut­o ieri anche Davide Serra, ad del fondo Algebris: «Sull’operazione giusta da fare, fusione o cessione, deciderà Atlante, ma avere in Veneto due banche così deboli non fa bene al territorio».

Altro tassello importante è costituito dall’istituzion­e di un Fondo di solidariet­à «per gli azionisti più in difficoltà - recita sempre la nota dell’istituto - che verrà alimentato dalla vendita di beni non funzionali all’attività bancaria». È stato inoltre deciso «di proseguire speditamen­te nell’iter per l’avvio dei tavoli di conciliazi­one», cosa a cui si aggiungerà «terminato lo studio richiesto ai consulenti legali, l’azione di responsabi­lità».

PRIMA STABILIZZA­ZIONE Nel primo semestre 2016 i flussi netti da crediti performing a crediti deteriorat­i sono in calo del 36% . Bim resta nel gruppo

Governance e bilanci

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