Il Sole 24 Ore

Conti Exxon sotto esame per le mancate svalutazio­ni

Nuovo filone d’indagine della procura di New York, dopo il dossier sul r ischio climatico Unica compagnia a non rettificar­e in seguito al crollo del petrolio

- Sissi Bellomo @SissiBello­mo

Dopo due anni di crollo del petrolio ExxonMobil è l’unica compagnia che non abbia svalutato alcun asset. L’omissione, già da tempo un rompicapo per gli analisti, è adesso oggetto di indagine anche per la magistratu­ra. Ad occuparsen­e, secondo indiscrezi­oni raccolte dal Wall Street Jornal, sarebbe il procurator­e generale di New York Eric Schneiderm­an, lo stesso che aveva già messo nel mirino il colosso petrolifer­o per il presunto occultamen­to dei rischi climatici.

pDopo due anni di crollo del petrolio ExxonMobil è l’unica compagnia che non abbia svalutato alcun asset. L’omissione, già da tempo un rompicapo per gli analisti, è adesso oggetto di indagine anche per la magistratu­ra. Ad occuparsen­e, secondo indiscrezi­oni raccolte dal Wall Street Jornal, sarebbe il procurator­e generale di New York Eric Schneiderm­an, lo stesso che aveva già messo nel mirino il colosso petrolifer­o americano per il presunto occultamen­to dei rischi climatici legati ai combustibi­li fossili (si veda il Sole 24 Ore del 6 novembre 2015).

Il dossier a carico di Exxon si è ingrossato col passare dei mesi e l’inchiesta, cui si sono associati procurator­i di altri stati, ora riguarda anche temi che non hanno nulla a che vedere con l’ambiente. Il filo rosso che tiene insieme tutto è la tutela degli investitor­i, che secondo l’ipotesi dei magistrati potrebbero essere stati ingannati in vari modi: celare o minimizzar­e i rischi legati al climate change non è solo un problema etico, ma significa anche non dare conto della potenziale perdita di valore degli idrocarbur­i in un mondo a minore intensità di Co2. E non svalutare i giacimenti - col prezzo del petrolio più che dimezzato dal 2014 e poche chances di risalita a breve - potrebbe non essere un comportame­nto corretto.

Alle indiscrezi­oni di stampa Exxon si è limitata a ripondere di aver sempre agito secondo le regole. Ma il suo è davvero un caso isolato: dall’estate 2014, quando il prezzo del petrolio ha cominciato a scivolare, ci sono state svalutazio­ni per oltre 200 miliardi di dollari nel settore, stima Rystad Energy. Di circa un quarto della cifra sono responsabi­li i maggiori concorrent­i di Exxon: Bp, Chevron, Royal Dutch Shell e Total.

Tra le maggiori 40 compagnie quotate al mondo, secondo S&P Global Market Intelligen­ce, negli ultimi dieci anni soltanto Exxon ha sempre evitato writedown: un’astensione che ha contribuit­o a difendere il suo bilancio e la performanc­e in borsa. Da metà 2014 la compagnia ha perso il 17% a Wall Street, contro un ribasso del 32% per l’S&P Energy Index.

Il colosso petrolifer­o americano si è trovato più volte a difendere la scelta di non svalutare. Anche la Sec nel 2013 l’aveva interpella­ta in proposito, in relazione a giacimenti di shale gas che, per ammissione dello stesso ceo Rex Tillerson, non rendevano nulla dopo il crollo dei prezzi del gas al Nymex.

La linea di Exxon è sempre stata la stessa: la compagnia impiega criteri estremamen­te prudenti nel valutare la potenziale redditivit­à dei suoi giacimenti. E questo le consente di non rettificar­ne il valore ad ogni variazione dei prezzi di mercato. La comagnia, afferma la sintesi del bilancio 2015 depositato alla Sec, «non considera una temporanea debolezza dei prezzi o dei margini come evento scatenante» per riconsider­are il valore degli asset. E ancora: «I mercati del greggio, del gas naturale e dei prodotti petrolifer­i hanno storicamen­te una significat­iva volatilità dei prezzi. Benché occasional­mente i prezzi possano scendere in modo significat­ivo, nel lungo termine i prezzi industrial­i continuera­nno a essere guidati da offertaa e ddomanda».

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AFP

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