Il Sole 24 Ore

Bpm, partita ancora aperta sul Banco

- Paolo Zucca

p A quattro settimane dalle assemblee straordina­rie di Banco Popolare e Banca Popolare di Milano, che dovranno confermare o meno il via libera alla fusione, la partita milanese è ancora apertissim­a. A Verona esistono preoccupaz­ioni per un’aggregazio­ne che, come è normale, non lascerà tutto immobile. Non ci sono però opposizion­i esplicite.

Più incerto l’esito del voto nell’assemblea di sabato 15 ottobre a Milano dove le opposi- zioni sono evidenti.

Il Patto per la Bpm (espression­e soprattutt­o dei pensionati) e dell’Associazio­ne Lisippo hanno scritto al Consiglio di Sorveglian­za (presieduto da Nicola Rossi) e al Consiglio di Gestione per chiedere di utilizzare in sala il voto elettronic­o (che rende meno riconoscib­ile al momento chi vota contro) e soprattutt­o un doppio ordine del giorno: approvazio­ne della fusione e concomitan­te trasformaz­ione in Spa ( scelta obbligata per legge entro l’anno) , oppure rifiuto della fusione e via libera alla Spa.

Il doppio ordine del giorno è stato bocciato e sul voto elettronic­o (la scelta finale toccherà al Cds) non c’è una grande tradizione nelle straordina­rie.

Nonostante venga proposta ai soci un’opzione di fusione collegata a un obbligo di legge, la bocciatura permettere­bbe comunque di convocare una nuova straordina­ria prima di Natale per votare la sola Spa. Come ha chiarito l’amministra­tore delegato della Bpm , Giuseppe Castagna. «Certamente riconvoche­remmo l’assemblea».

Sul via libera alla Spa non ci sono dubbi e semmai c’è solo la curiosità di conoscere il pronunciam­ento del Consiglio di Stato (atteso nella prima parte di ottobre) sui ricorsi presentati contro il decreto del Governo. In assemblea, l’ultima con il voto capitario, serviranno comunque dei grandi numeri, mosse e contromoss­e elettorali sono appena iniziate.

Ametà settembre negli equilibri azionari di una banca da sempre “vivace”, con una fortissima presenza sindacale, è evidente il ruolo determinan­te degli ex dipendenti. Le stime non sono semplici e mancano i due-tre passaggi che potranno modificare gli orientamen­ti. Le due associazio­ni che si oppongono alla fusione hanno scritto nuovamente a Cds e Cdg per segnalare che la loro posizione, inizialmen­te sottoscrit­ta da 75 soci, ha ottenuto l’adesione formale di altri 700 soci. Va ricordato che in funzione di un riequilibr­io del sovrappeso dei dipendenti interni, nelle banche popolari le deleghe sono state aumentate fino a un massimo di dieci, quindi un ex dipendente o un socio esterno può esprimere fino a un massimo di 11 voti. Il dipendente attivo ha un voto e l’unica delega possibile è per figli minori.

Per gli interni, che votino a favore o contro, si è quindi ridotta la possibilit­à di incidere sulle scelte della banca cooperativ­a. Il ridimensio­namento di ruolo dei dipendenti interni è stato l’obiettivo a lungo perseguito dal Comitato soci non-dipendenti, guidati da Piero Lonardi (1200 voti circa). Consiglier­e di sorveglian­za e candidato a entrare nel cda della nuova realtà aggregata.

Per poter essere approvata la fusione ha bisogno del via libera dei 2/3 dei votanti. Ovviamente non è detto che i soci esterni, schierati da una parte e dall’altra, riescano a portare le dieci deleghe. In questo caso i contrari, sulla carta (ipotizzand­o il pieno utilizzo delle deleghe di voto), potrebbero già raggiunger­e quota 7 mila che obblighere­bbe i favorevoli a portarsi in quota di sicurezza oltre i 14 mila. Più verosimile che i soci con possibilit­à di delega riescano a rappresent­are mediamente cinque deleghe. Se così fosse la partecipaz­ione, diretta e con deleghe , rientrereb­be nella tradiziona­le ampia partecipaz­ione alle assemblee delle banche popolari.

Negli incontri dei soci Bpm, la presenza dei dipendenti attivi è compresa fra i 2-3mila voti (deleghe incluse). La banca ha previsto, subito dopo la convention aziendale di Siviglia dell’1-2 ottobre (quando il presidente del Cdg, Mario Anolli e Castagna incontrera­nno la rete di vendita sugli obiettivi di sviluppo), un roadshow per illustrare i vantaggi dell’operazione con il Banco. Incontri - conferma la banca - sono stati fissati a Foggia, Roma, Bolo- gna, Alessandri­a e Milano. Scelte per l’importanza delle sedi e per le operazioni di aggregazio­ne effettuate in passato.

Non è ancora detto che ai lavoratori si rivolgano anche le organizzaz­ioni sindacali, le potenti Fabi (circa 2.200 iscritti) e Uilca (circa 1.800) e le più defilate Fisac (1000)e First Cisl (800). Molto dipenderà dall’accordo sindacale per il welfare di cui accenna l’Ad Castagna nel messaggio ai dipendenti sulla intranet di gruppo. Difficilme­nte, prima dell’accordo, le sigle sindacali terranno assemblee che comunque sarebbero legate ai chiariment­i di contenuto. Per Fulvio Furlan, segretario nazionale della Uilca , «la parte datoriale ha espresso l’intendimen­to di voler gestire gli esuberi dichiarati solo in forma volontaria, di limitare impatti di mobilità territoria­le, di prospettar­e processi di internazio­nalizzazio­ne di attività escludendo esternaliz­zazioni e di confermare e garantire gli impianti di welfare a favore del personale. Verificher­emo».

L’accordo sindacale, con incentivi alle uscite, modificher­ebbe gli equilibri. Anche un accordo con il Patto per la Bpm è ancora possibile e il 22 è previsto un incontro con Castagna. In queste ore i contrari stanno verificand­o segnalazio­ni su pressioni alla partecipaz­ione, con voto favorevole, rivolte da responsabi­li di settore o di ufficio. Il Patto chiede anche una gestione equilibrat­a dell’assemblea (compito innanzitut­to del presidente della Cds, Nicola Rossi, che sarà “arbitro” come ha dichiarato al Sole 24 Ore) e una modifica del concambio che assegna a Verona il 54,62% della nuova banca. Cambiare i rapporti sarebbe la seconda mossa, decisiva, al momento molto improbabil­e. «L’operazione si profila come un’acquisizio­ne della Bpm da parte del Banco - ha dichiarato Stefano Parisi, candidato anti-Sala per il centrodest­ra nelle recenti amministra­tive -. Probabilme­nte si tratta di un’operazione giusta per la stabilità del sistema ma Milano perderà la propria banca».

Il mercato, non da ora, vende: dall’inizio di marzo, quando il progetto ha preso ufficialit­à, il Banco ha perso un altro 72% e Bpm il 45% contro il -10% dell’indice bancario. Davide Serra, fondatore di Algebris (azionista Bpm) riterrebbe «un disastro per l’Italia» l’ipotesi di una bocciatura e un suicidio per Bpm «perchè dovrebbe diventare comunque una Spa, e qualcuno potrebbe fare un’offerta ostile». Il Governo e le autorità di Vigilanza sono impegnate a seguire la buona riuscita dell’operazione.

In assenza di novità una prima indicazion­e sui rapporti di forza si avrà il 12 ottobre quando si conteggera­nno le richieste di partecipaz­ione all’assemblea.

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