Atlante 2, primo closing per gli Npl
«Nel caso in cui il Paese dica no alle riforme, il capitale estero non entrerà più in Italia. Negli ultimi anni senza riforme la crescita è stata zero, significa che con queste regole abbiamo sempre perso». La considerazione di Davide Serra, fondatore del fondo Algebris, sottende un ragionamento decisivo emerso ieri a Venezia durante la quinta edizione del Npl International Meeting, la conferenza sui non performing loans organizzata annualmente da Banca Ifis, quest’anno dal titolo “How to fill the gap”, ovvero come accorciare la distanza tra prezzo d’acquisto e prezzo di vendita, che ha visto l’intervento dei più importanti fondi europei e americani protagonisti del mondo Npl: senza gli investitori stranieri non è peregrino pensare che non si possano risolvere i problemi legati ai crediti deteriorati. «Con le nostre risorse non pos- siamo risolvere il problema degli Npl - ha confermato l’Ad di Quaestio sgr Paolo Petrignani, annunciando che il 3 ottobre ci sarà il primo closing di Atlante 2 (poi il fondo sarà aperto fino a luglio del 2017) -. Deve entrare in gioco il mercato dei capitali, con soggetti diversi come, ad esempio, le Casse di previdenza. Gli investitori internazionali? Siamo tutti interessati a lavorare assieme».
p «Nel caso in cui il Paese dica no alle riforme, il capitale estero non entrerà più in Italia. Negli ultimi anni senza riforme la crescita è stata zero, significa che con queste regole abbiamo sempre perso». La considerazione di Davide Serra, fondatore del fondo Algebris, sottende un ragionamento decisivo emerso ieri a Venezia durante la quinta edizione del Npl International Meeting, la conferenza sui non performing loans organizzata annualmente da Banca Ifis, quest’anno dal titolo “How to fill the gap”, ovvero come accorciare la distanza tra prezzo d’acquisto e prezzo di vendita, che ha visto l’intervento dei più importanti fondi europei e americani protagonisti del mondo Npl: senza gli investitori stranieri non è peregrino pensare che non si possano risolvere i problemi legati ai crediti deteriorati. «Con le nostre risorse non possiamo risolvere il problema degli Npl - ha confermato l’Ad di Qua- estio sgr Paolo Petrignani, annunciando che il 3 ottobre ci sarà il primo closing di Atlante 2 (poi il fondo sarà aperto fino a luglio del 2017) -. Deve entrare in gioco il mercato dei capitali, con soggetti diversi come, ad esempio, le Casse di previdenza. Gli investitori internazionali? Siamo tutti interessati a lavorare assieme». Sulla risoluzione del problema dei crediti non performing - in Italia dal 2008 al 2015 cresciuti da 87 a 337 miliardi, dei quali circa 200 sofferenze (dati McKinsey) - entrano in gioco, però, altri fattori. «Oggi gli investitori esteri stanno a guardare e percepiscono l’appuntamento con il referendum costituzionale al- la stessa stregua della Brexit - ha detto Giovanni Bossi, Ad di Banca Ifis e padrone di casa -. Ma se anche i deal si quintuplicassero da qui al 2017, i volumi non sarebbero sufficienti per risolvere il problema Npl. Serve un salto di qualità nella gestione degli attivi deteriorati». Serve tener conto prima di tutto che il prezzo lo fa il mercato. Prezzo che inevitabilmente è influenzato dalle debolezze del sistema: «Gli Npl si sono formati per un sovraindebitamento delle Pmi e per un comportamento poco chiaro degli istituti di credito - ha aggiunto Roberto Nicastro, presidente delle quattro good banks (Etruria, Marche, Carife e Carichie- ti), sulle quali ha detto di intravedere il porto d’arrivo -. Il mercato degli Npl decollerà, lo stock è in netta frenata, ma questo non basterà a risolvere la questione; va coinvolta ad esempio anche la giustizia civile». «Se i tempi dei tribunali si accorciassero da 5 a 3 anni - ha aggiunto Serra in merito alle cause civili- si può ottenere un recupero di almeno 20 miliardi, un punto di Pil italiano». E ancora: il moltiplicarsi dei crediti deteriorati trova la sua origine nelle mosse dei board, nell’operato dei management bancari, è stato detto, per questo è necessario un vero ricambio generazionale e un rinnovamento che possa indurre gli investitori(nonsolostranieri)acredere nel sistema bancario italiano. «La soluzione sono le persone - ancora Serra -: servono più giovani, più competenze, meno parole e più fatti, cruciale è il ricambio a livello di vertici. Altrimenti il mercato non si fida». Anche la razionalizzazione aiuta a fornire al mercato un quadro di rinnovamento del sistema: banche e dipendenti sono troppi, in Italia si ha, ad esempio, il 35% dei dipendenti in più rispetto al sistema americano. «Sul ridimensionamento del personale - ha concluso Nicastro - non è più pensabile fare affidamento sul fondo esuberi proprio di ciascuna banca, come è accaduto in passato. Le banche hanno sempre avuto il ruolo di forti contributori della cassa integrazione altrui, ma non l’hanno mai usata. Ora anche il sistema bancario ha bisogno di un sostegno in questo senso».
BANCA IFIS Bossi: «Gli investitori esteri stanno a guardare e percepiscono il referendum costituzionale alla stessa stregua della Brexit»