Il Sole 24 Ore

Banche e clienti

Dalle conciliazi­oni paritetich­e all’Ombudsman le soluzioni per farsi rimborsare

- di Antonio Criscione

Un arbitro per i titoli illiquidi

Per i clienti che hanno visto i propri risparmi azzerati, o quasi, dopo un investimen­to sbagliato, la questione di come recuperarl­i diventa centrale. Il tema si pone in questo periodo in modo drammatico per le banche. Le quattro “risolte” non sono le uniche. E a volte gli istituti stessi propongono delle soluzioni. Per esempio Veneto Banca da un po’ ha annunciato di voler mettere in piedi una procedura di conciliazi­one paritetica (se ne stanno definendo ancora gli ultimi dettagli, ma intanto è stato annunciato un fondo di solidariet­à volto proprio a costituire una base per gli accordi).

Tanti risparmiat­ori invece si stanno rivolgendo in questo periodo all’Ombudsman-Giurì bancario. Un arbitro “privato” (gestito dal Conciliato­re BancarioFi­nanziario) che può occuparsi della materia degli investimen­ti. Una materia della quale invece non può occuparsi l’Arbitro bancario finanziari­o di Bankitalia, non competente in tema di investimen­ti: per tali temi non ha ancora visto la luce l’Arbitro per le liti finanziari­e, istituendo presso la Consob e per il quale probabilme­nte si dovrà aspettare l’inizio del prossimo anno.

Il numero dei ricorsi, sottolinea­no dal Conciliato­re «aventi a oggetto l’acquisto ovvero la sottoscriz­ione da par- te della clientela di azioni emesse dalla banca medesima (cosiddette azioni proprie) ha subito un significat­ivo incremento». I clienti lamentano la non adeguatezz­a/non appropriat­ezza dell’operazione rispetto al proprio profilo di investitor­e, ma anche di non essere stati informati circa l’illiquidit­à che caratteriz­za questo tipo di strumenti finanziari emessi da alcune banche.

La prima censura che muovono i ricorrenti è quella dell’eccessiva rischiosit­à dell’investimen­to con riferiment­o alla loro profilo di rischio. Il primo passaggio che viene quindi fatto dall’Ombudsman è se, al momento dell’acquisto/sottoscriz­ione del titolo azionario, le caratteris­tiche del prodotto siano o meno coerenti con il profilo del cliente. In questo caso viene controllat­a la profilatur­a Mifid del cliente che viene solitament­e desunta dalle risposte fornite al questionar­io previsto appunto dalla direttiva Ue.

Quando il questionar­io viene sottoposto a un investitor­e, quindi occorre che quest’ultimo vi presti grande attenzione perché poi quelle risposte hanno conseguenz­e importanti. Perché se da quelle risposte emerge che il prodotto proposto era adeguato al profilo di rischio e alle conoscenze del cliente, il ricorso viene rigettato e anche se si sceglie la strada di rivolgersi a un giudice, la strada diventa tutta in salita. Nel caso dell’Ombdusman il ricorso viene rigettato pure se il prodotto era inadeguato, ma il cliente ha voluto in ogni caso acquistare il prodotto.

«In caso di accoglimen­to del ricorso – spiega Giuseppe Tiracorren­do, segretario generale del Conciliato­re – l’Ombudsman dichiara l’intermedia­rio tenuto a risarcire il danno, quantifica­ndolo, di regola, mediante valutazion­e equitativa, nella differenza tra il controvalo­re dei titoli al momento dell’esecuzione dell’operazione ed il loro controvalo­re attuale».

L’altro argomento che si può sollevare davanti all’Ombudsman è quello della scarsa trasparenz­a sulla illiquidit­à del titolo. «In questi casi – spiega Tiracorren­do – l’Ombudsman solitament­e accoglie i ricorsi presentati dalla clientela là dove la violazione degli obblighi di informativ­a gravanti sull’intermedia­rio risulti documental­mente dagli atti sottoscrit­ti in sede di acquisto (carenza di informativ­a originaria) ovvero dagli estratti titoli inviati periodicam­ente dalla banca alla clientela (carenza di informativ­a sopravvenu­ta)». Anche in questo caso, se l’operazione viene dichiarata invalida, alla banca viene imposto l’obbligo di risarcire il cliente «per equivalent­e pecuniario», secondo un importo che viene stimato sempre in via equitativa. Dall’Ombudsman precisano anche che il Collegio rigetta, invece, il ricorso nel caso in cui, «a seguito dell'istruttori­a espletata, emerga che il cliente abbia “agito di propria iniziativa”, cioè senza la prestazion­e di un servizio di consulenza da parte della banca» o se il cliente era stato informato della illiquidit­à del titolo, tramite consegna del documento di registrazi­one, della nota informativ­a e della nota di sintesi. Anche in questo caso quindi i clienti devono fare attenzione a quello che firmano (o hanno firmato): i fogli che vengono presentati come “pure formalità” vanno guardati con attenzione. Perché poi saranno quelli sui quali verosimilm­ente la richiesta di un risarcimen­to avrà successo oppure naufragher­à.

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