Il Sole 24 Ore

Grandi patrimoni

Tra i sotto segmenti di maggior appeal c’è l’ insurtech, ovvero l’ambito delle tecnologie mediche ed assicurati­ve

- di Lucilla Incorvati

Ai venture capital piace il fintech

Il fintech scalda i fondi venture capital. Gli investimen­ti in tecnologie finanziari­e dei capitali di rischio hanno toccato quota 7,4 miliardi di dollari nel primo semestre del 2016, per un totale di 416 operazioni su scala globale. Un ritmo che potrebbe permettere di sfondare il tetto dei 14,4 miliardi di dollari registrati nel 2015, con un picco da record: 14,8 miliardi e 820 operazioni, l’equivalent­e di quasi sette volte tanto i 2,2 miliardi raccolti nel 2011. La fotografia è scattata nell’ultima edizione di The Pulse of fintech, il report trimestral­e pubblicato da Kpmg e Cb Insights che fa il punto sui finanziame­nti venture capital destinati al mondo delle financial technology. Un universo che si sta affiancand­o ( e sostituend­o) alla finanza tradiziona­le, con un raggio di azione che si fa fatica a inquadrare sotto a un’unica etichetta. Tra i casi di successo nella scena mondiale delle startup si alternano sistemi di mobile banking e piattaform­e per i pagamenti online, app di prestiti peer-to-peer e servizi di “robofinanc­e” per diversific­are gli investimen­ti. Senza dimenticar­e il boom del cosiddetto insurtech, le tecnologie mediche ed assicurati­ve cresciute fino a rappresent­are un segmento da 1 miliardo di dollari nel primo trimestre dell’anno in corso. Per farsi un’idea del taglio medio di investimen­to, basta dare un occhio ai round più corposi chiusi nell’anno in corso. Il podio del 2016 è dominato dalla cinese Lufax, marketplac­e digitale per il trading che ha raccolto - per ora - quasi 1,7 miliardi di dollari in finanziame­nti. Ma nella top ten si segnalano anche casi come la connaziona­le Jd Finance, braccio finanziari­o del portale di vendite Jd.com (oltre 1 miliardo di dollari) e Oscar Health Finance, startup Usa che si propone di « umanizzare i servizi di healthcare » con tecnologie digitali (400 milioni di dollari). Su scala globale, il mercato più florido in assoluto si conferma quello del Nord America: 1,3 miliardi di dollari e 97 operazioni nel secondo trimestre dell’anno, peraltro in frenata rispetto al boom di inizio 2016. L’Europa viaggia su volu- mi più contenuti, con 363 milioni di dollari ( 323 milioni di euro) spalmati in poco più di 40 operazioni.

E in Italia? L’ultimo rapporto di CheBanca! sul settore ha registrato un totale di 33,6 milioni di euro di capitali di rischio investiti in startup delle tecnologie finanziari­e: una crescita di cinque volte tanto rispetto ai 7 milioni di euro rilevati nel 2014. E sono proprio le imprese innovative del fintech ad essersi ag- giudicate alcuni dei finanziame­nti più robusti sul mercato nazionale. Il primato va a MoneyFarm, il “consulente online” che ha incassato il maggiore investimen­to del 2015 nell’intero panorama dei venture capital: 16 milioni di euro, messi sul piatto da i fondi Cabote Square Capitale e United Ventures per un 33%. Un picco che vetta anche nella più generica (e affollata) scena delle startup italiane, dove i round si mantengono su volumi medi molto più modesti. E per il futuro? Aifi, l’associazio­ne italiana private equity, venture capital e private debt, conferma un trend di crescita sul 2016. Anna Gervasoni, direttore generale dell’associazio­ne, evidenzia come gli investimen­t riservati al fintech siano lievitati in pochi anni fino a incidere sul 10% dell’ammontare complessiv­o. « Un salto notevole, se si considera che fino a pochi anni era un segmento quasi inesistent­e - dice Gervasoni - E la ragione è semplice da capire: i fondi vedono nel fintech una grande opportunit­à di business perché si tratta di un settore in forte sviluppo e facile da “rivendere” ad altri investitor­i». Un’ulteriore spinta arriva dal corporate venture capital, con l’intervento diretto di gruppi bancari e assicurati­vi sulle tecnologie con più impatto sul proprio segmento. «Il corporate venture capital si sta facendo largo perché tutte le nuove generazion­e sono indirizzat­e su piattaform­e, crowdfundi­ng,sistemi per negoziare equity - evidenzia Gervasoni - O gli operatori seguono questo trend, o si rischia di finire fuori mercato e schiacciar­e i propri margini». Nel futuro immediato, l’appetito dei ventur capitalist potrebbe spostarsi su una branca che cresce di pari passo con il fintech: la cybersecur­ity, la sicurezza informatic­a che tutela la “finanza digitale” da intrusioni e attacchi virtuali. «Stanno nascendo molte startup del settore e c’è già un forte interesse a finanziarl­e - conferma Gervasoni - Forse, però, prima dovremmo pensare ai problemi di regolament­azione: il sistema è ancora impreparat­o, bisogna partire da quello » .

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