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L’acquisto in prelazione di opere vincolate o coattivo alla dogana ha impegnato nel 2016 1,9 milioni € per 11 opere
Quando lo Stato compra
Non spendiamo certo le stesse cifre dello Stato britannico che, per altro, si fa aiutare molto più del nostro Mibact da enti finanziatori come The Art Fund, The Heritage Lottery Fund, The National Heritage Memorial Fund e da The ACE/V&A Purchase Grant Fund e da privati cittadini, per preservare nel proprio territorio opere ritenute tesoro nazionale. Tuttavia qualche acquisto importante, tra lo scorso e quest’anno, è stato portato a casa, nei musei italiani, grazie all’intervento dello Stato. Come si sa in Italia l’arte se è in movimento – se vincolata e viene venduta o presentata agli uffici esportazione per uscire definitivamente dal nostro paese – può essere acquistata in via di prelazione nel primo caso e in acquisto coattivo nel secondo dallo Stato attraverso il Mibact per esser destinata alle collezioni statali. La cifra a disposizione nel 2016 della Direzione Generale Archeologia Belle Arti e Paesaggio assegnata al capitolo 8281 Piano gestionale 19 era di 2.082.124 euro.
Spesa come? Con l’acquisto in prelazione di «Ritratto di Norreys Bertie» (vincolato nel 2014) di Rosalba Carriera richiesta dalla Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio di Milano a favore della Pinacoteca di Brera. Dipinta nel 1738 a pastello su carta, l’opera (60 x 46 cm) è stata pagata 63.000 euro. Ma ancor di maggior valore (1.100.000 euro) è stato l’acquisto in prelazione del grande ritratto (297,5 x 196,5 cm) a figura intera di Abbondio Rezzonico di Pompeo Batoni del 1766 promosso dalla Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio di Verona a favore di Palazzo Barberini. Spiccano tra le opere acquistate alla dogana (presentate per l’attestato di libera circolazione nella Ue per uscire definitivamente dal nostro paese) l’olio su tela, fermato dall’ufficio esportazione di Firenze, «La Vague» di Gustave Courbet del XIX secolo (in foto), per 490mila euro e destinato alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma. Complessivamente ad oggi tra prelazioni (2 per 1.163.000 euro) e acquisti coattivi all’esportazione (9 pagati 752.900 euro) il Mibact ha comprato 11 opere per 1.905.900 euro. E lo scorso anno con i soldi del medesimo capitolo 8281, pari a 1.917.000, tra prelazioni (4 per 647mila euro) e acquisti coattivi all’esportazione (6 per 1.263.000 euro) ha speso 1.910.000 euro: tra gli high lights in prelazione il dipinto «Allegoria del tempo» 1705 di Antonio Bellucci (170.000 €) e tra quelli comprati alla dogana l’olio «La Marchesa di RochefortLucay» di Giovanni Boldini (706.000 €) e l’olio su tavola «Il Festino di Erode», XVI secolo attribuito a Giovanni Luteri detto Dosso Dossi (300.000 €).
Tutto giusto e corretto, anzi addirittura forse poco per aggiornare le collezioni artistiche italiane, purtroppo sempre povere di contemporaneo (che di fatto non ha nessuna tutela se non invecchia almeno di 50 anni e quindi lo Stato non può acquistarlo!). E sicuramente poca la capacità di attrarre donazioni, solo sette per i musei statali.
Tuttavia siamo ben lontani dai risultati raggiunti nel Regno Unito, grazie al contributo pubblico e privato, dove l’«Export of objects of cultural interest 2014-15» rivela che tra maggio 2014 e aprile 2015 a fronte di 12.8521 richieste di licenze per l’esportazione per un totale di 92.277 oggetti, 31.083 (il 34%) del valore di 1.980.000 milioni di sterline, hanno varcato le dogane inglesi. Solo 12 casi sono stati vagliati dal Segretario di Stato e le raccomandazioni del Reviewing Committee on the Export of Works of Art and Objects of Cultural Interest sono state accettate per un valore totale di 48,12 milioni di £. Ma solo cinque opere/beni culturali, di cui ironia della sorte due italiane, sono state acquisite come “tesori nazionali” grazie all’impegno economico di individui e istituzioni del Regno Unito per un valore complessivo di 6,7 milioni di £.
La dichiarazione di interesse ( notifica) tende a calare nei primi otto mesi