Occorre essere innanzitutto consapevoli dei propri limiti
Cosa l’ha colpito di più del rapporto Consob?
Ancora una volta – viene segnalato che esiste una scarsa domanda di consulenza; anzi, di più, l’italiano chiama “consulenza” ciò che certamente non lo è: il consiglio di parenti, colleghi e amici. Il professionista della consulenza, il Consulente Finanziario, viene considerato un venditore di prodotti, uno di cui non ci si può fidare fino in fondo. Del parente, invece, ci si può fidare. Peccato non sappia nulla di finanza. Insomma esiste una scarsa consapevolezza della propria ignoranza finanziaria (e forse anche di quella di parenti ed amici).
E dal punto di vista dei comportamenti cosa segnalerebbe?
Vengono rilevati tre tipici casi di errori comportamentali, che hanno significativi costi in termini di opportunità di rendimento e di contenimento del rischio. Il primo è quello della scarsa diversificazione. L’ita- liano tende a concentrare le proprie risorse in ciò che conosce o che crede di conoscere. Ossia agisce da scommettitore: la scommessa per essere vinta presuppone una scelta precisa. Non si comporta, invece, da investitore: l’unico modo per vincere negli investimenti finanziari infatti è diversificare. La concentrazione distrugge patrimoni. La corretta diversificazione protegge il patrimonio e assicura soddisfacente rendimento. Il Consulente Finanziario è un diversificatore di professione. E infatti non viene capito.
Gli altri due?
Viene evidenziato come l’italiano sia particolarmente avverso alle perdite. In finanza comportamentale molti studi dimostrano che questo è perfettamente normale. Ma i costi di questa avversione alle perdite oggi sono altissimi. La paura di perdere induce l’investitore a non investire, a rimanere liquido, a ricercare investimenti di breve periodo, che oggi presentano rendimenti negativi. La paura di perdere fa perdere dei soldi. Altra distorsione cognitiva che emerge nello studio è quella della contabilità mentale, ossia la tendenza a non valutare i propri investimenti in termini di portafoglio, ma aggregandoli in modo sbagliato.
Spieghiamolo meglio…
La contabilità mentale è la tendenza a dividere le proprie risorse finanziarie in comparti separati secondo criteri emotivi, abitudini, comodità e poi a valutare i conti separatamente, dimenticando che le scelte su un conto possono avere effetti sugli altri conti. Per esempio si dividono i conti “per banca”, detenendo le obbligazioni da una parte e i fondi comuni da un’altra e pensando che le prime siano sicure (cedole e rimborso) e i secondi più rischiosi (perché il valore quota varia). Ovviamente andrebbe valutato il rischio del portafoglio complessivo (obbligazioni e fondi) applicando lo
stesso criterio per tutti.
Come si esce da questa situazione?
Non credo che serva far partecipare gli investitori ad un corso di finanza. Insegnare loro come funzionano i fondi o i titoli azionari e come valutare personalmente i rischi. Anzi credo che sia proprio la direzione sbagliata. Perché corre il rischio di rafforzare la sensazione che studiando da dilettante, leggendo qualche giornale, navigando per siti internet, si possa imparare ad investire da soli. E allora occorre insegnare agli investitori a prendere piena consapevolezza dei propri limiti, dei propri errori, dei costi dei propri errori nelle scelte di investimento. Occorre rafforzare con ogni mezzo il fatto che per investire bene è necessaria l’assistenza di un Consulente Finanziario. È un cambiamento culturale che porta a cambiare abitudini.