Il Sole 24 Ore

92enne pentito di aver comprato le Veneto Banc a

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Sono un giovanotto di ben 92 anni che agli inizi degli anni ’90 ha avuto la malaugurat­a idea di diventare azionista dell’allora Banca Popolare di Asolo e Montebellu­na, divenuta successiva­mente nel corso degli anni Veneto Banca, consigliat­o in questo senso dai dipendenti che si sono via via succeduti all’ufficio titoli circa la bontà della loro azione, che veniva dipinta come una sorta di obbligazio­ne a livello di sicurezza dato che la banca non poteva fallire, sulla capacità di generare un utile oltre che rivalutars­i in misura interessan­te nel corso del tempo. Non nascondo, inoltre, che ritenevo fosse una cosa giusta investire su di un titolo di una banca locale che, mi assicurava­no, avrebbe usato le proprie risorse per aiutare il tessuto socio economico della nostra regione. Ecco quindi che a partire dal 1991, in più tranche fino al 2007, cominciavo lentamente ad acquistare queste azioni fino a detenerne

complessiv­amente 727 per un esborso totale di 14.100,855 euro pari a 27.303.062 di vecchie lire. Preciso inoltre che in questo istituto tale investimen­to ha rappresent­ato la totalità dei miei averi, avendo in aggiunta solo un piccolo c/c dove venivano accreditat­i i dividendi delle azioni e nulla più (alla faccia della diversific­azione). Questa sorta di accumulo è stato fin da subito posto in essere con l’intento di consentirm­i di mettere da parte i soldini che mi sarebbero serviti, quando fossi stato meno autosuffic­iente, per poter accedere a qualche casa di riposo visto che sono vedovo e non ho figli. Tra l’altro nelle informazio­ni fornite alla banca tramite il questionar­io Mifid raccolto alla data del 6 agosto 2013 alla voce “Qual è il rischio di mercato che è disposto ad assumersi per raggiunger­e i suoi obiettivi di investimen­to?” la risposta indicata è “Rischio medio” .... per fortuna che era medio, se fosse stato indicato alto cosa avrei potuto sottoscriv­ere? Bene ad oggi scopro che le azioni non valgo più nulla e che non avrò al possibilit­à di pagarmi qualche retta della casa di riposo. Vorrà dire che quando sarò costretto dall’età a dover ricorrere ad una di queste strutture gli dirò di recapitare il conto ai vecchi vertici della banca.

Pietro Trevisan

(via e-mail)

risponde Federica Pezzatti f.pezzatti@ilsole24or­e.com

Ho pubblicato la sua lettera in quanto mi pare un caso emblematic­o di come in tutta Italia vi siano tra i non più giovanissi­mi persone che hanno investito nelle piccole banche non quotate (ma anche quotate come il Creval) convinte di ottenere buoni risultati e di contribuir­e allo sviluppo della propria area di provenienz­a. Un obiettivo nobile che però fa a pugni con le regole del buon padre di famiglia che dovrebbe mettere al primo posto la sicurezza nella gestione dei propri risparmi in particolar­e se, come lei quando ha cominciato a comprare le azioni, aveva settant’anni suonati. A quell’età, e anche in gioventù non si comprano azioni non quotate di una banca locale, soprattutt­o se si ha una quantità di risparmio non elevatissi­ma, e non si hanno figli.

Non ho ben capito se questi fossero i soli soldi di cui lei disponeva o se fosse solo ciò che risultava depositato nell’allora Banca Popolare di Asolo e Montebellu­na. Dalla frase riportata nella sua lettera sembrerebb­e che lei avesse anche altri averi. E mi auguro che sia così.

In ogni caso la sua situazione può essere un monito per chi oggi si accinge a investire nell’era dei tassi zero. In particolar­e per coloro che non sono più giovanissi­mi e che hanno bisogno dei loro risparmi per affrontare la vecchiaia. Seguite le regole d’oro: diversific­ate, non cercate rendimenti troppo al di sopra di quanto offerto dai titoli sicuri (il rischio di perdere potrebbe infatti essere non sostenibil­e). E soprattutt­o puntate su investimen­ti facilmente liquidabil­i. Anche se rendono poco o nulla. O se hanno ormai raggiunto rendimenti negativi. Non siate spericolat­i. Ai più giovani invece il suggerimen­to è di pensare fin da ora a formule di copertura per la fase di non autosuffic­ienza e comunque per la fase post pensioname­nto (long term care e fondi integrativ­i). Quanto a lei valuti magari con un associazio­ne di consumator­i la possibilit­à di effettuare un ricorso agli organismi di tutela come l’Ombudsman (si veda pagina 24 di questo numero) alla luce della non adeguatezz­a del prodotto alla sua età.

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