Il Sole 24 Ore

I 27 di fronte al rebus dei ricollocam­enti

- Beda Romano

pNei prossimi sei mesi i Ventisette si sono dati l’obiettivo di rassicurar­e le opinioni pubbliche sull’utilità dell’Unione per contrastar­e le minacce di una disintegra­zione. L’esito del vertice di Bratislava, tuttavia, è tutto segnato dal compromess­o e dal tentativo di trovare nuova unità tra i Paesi membri. In questo senso, il tema dell’immigrazio­ne è stato trattato tutto dal versante della sicurezza, mentre sul principio stesso del ricollocam­ento dei profughi si confermano i dubbi.

Il summit, che si è svolto venerdì, doveva terminare con una serie di dichiarazi­oni orali del presidente del Consiglio europeo Donald Tusk.

Secondo le informazio­ni raccolte a Bratislava, a insistere per una formale dichiarazi­one è stata la presidenza slovacca dell’Unione, perché l’occasione rimanesse negli annali. Dall’incontro è scaturita la volontà di adottare da qui a marzo alcune misure concrete nel campo dell’immigrazio­ne, della sicurezza e dell’economia (si veda Il Sole-24 Ore di ieri).

Il dibattito ha mostrato la volontà di privilegia­re la sicurezza, non solo per via degli attentati degli ultimi mesi ma anche perché, nell’ottica di perseguire l’unità tra i Ventisette, il tema è meno controvers­o di altri. In questo senso, la Dichiarazi­one di Bratislava prevede un rafforzame­nto delle frontiere esterne, con la nascita entro l’anno del Corpo europeo di guardie di frontiera, e la creazione di un nuovo Sistema di informazio­ne e autorizzaz­ione dei viaggiator­i extraeurop­ei in arrivo nell’Unione.

Il tema più discusso del momento è invece stato relegato ai margini: il ricollocam­ento obbligator­io dei profughi arrivati in Grecia e in Italia continua a non piacere a molti paesi dell’Est. Nella Dichiarazi­one di Bratislava si legge che l’impegno è «di ampliare il consenso europeo sulla politica migratoria di lungo termine e di trovare un equilibrio nell’applicazio­ne dei principi di solidariet­à e di responsabi­lità». La frase è volutament­e ambigua.

I paesi del Gruppo di Visegrad (V4) – Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia e Ungheria – non vogliono accogliere rifugiati e propongono una «solidariet­à flessibile». Tendenzial­mente, contributi finanziari piuttosto che accoglienz­a tout court. A una domanda esplicita sulla questione in una conferenza stampa venerdì sera, la cancellier­a tedesca Angela Merkel non ha voluto rispondere nel merito: «Dobbiamo studiare il tema. Comunque vedo con favore che il V4 propone soluzioni».

Il ricollocam­ento obbligator­io non sta funzionand­o. Sui 160mila profughi che dovevano essere redistribu­iti in tutta Europa nel 2015-2017, 1.156 sono stati ricollocat­i dall’Italia e 3.734 dalla Grecia. C’è chi si chiede se il principio non sia stato ormai accantonat­o. Interpella­ta ieri, la Commission­e europea ha rin- viato a una presa di posizione del portavoce Margaritis Schinas che giovedì ha ribadito come il principio del ricollocam­ento faccia parte dell’acquis communauta­ire e non sia quindi “un optional”.

Mentre la signora Merkel coltiva in questo momento l’unità dei Ventisette e non chiude la porta alle proposte del Gruppo di Visegrad, il premier italiano Matteo Renzi si è smarcato dai risultati del vertice, dicendosi insoddisfa­tto dell’esito del summit. Da Stoccolma, invece, il ministro dell’Immigrazio­ne Morgan Johansson si è detto convinto che l’Europa dovrebbe accogliere fino a un milione di rifugiati all’anno e che questa politica migratoria dovrebbe essere imposta a tutti con un voto a maggioranz­a.

Sul fronte dell’immigrazio­ne, l’Unione sta tentando di trovare un delicato equilibrio tra l’urgenza di affrontare il tema con soluzioni concrete ed efficaci, e il desiderio di mantenere l’unità tra i Ventisette, dopo che con l’annuncio della sua uscita dall’Unione il Regno Unito sta scuotendo le fondamenta stesse della costruzion­e europea. Più della crisi debitoria, il tema migratorio tocca i nervi delle società nazionali, mettendo a dura prova il rapporto tra i Paesi.

LE PRIORITÀ Entro i prossimi sei mesi si dovrà trovare una soluzione che risponda alle pressioni migratorie in arrivo dall’Africa verso le sponde italiane

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