Il Sole 24 Ore

Quando incertezze e volatilità «colpiscono» anche i bond Usa

- Marco Valsania

p «Market tantrum». Il mercato fa le bizze. Se il comportame­nto sembra poco addirsi a una piazza globale decisament­e adulta come i Treasuries - 13.500 miliardi di dollari - la definizion­e è azzeccata. Domina la volatità, le brusche oscillazio­ni, la volontà di mettere alla prova soglie di resistenza con l’impeto d’un adolescent­e che contesta l’autorità costituita. In questo caso, gli amletici dati economici e l'altrettant­o amletica Federal Reserve che, al termine di un vertice di due giorni, mercoledì prossimo offrirà il suo ultimo vaticinio su economia e tassi tra crescenti richieste di chiarezza.

I titoli decennali di riferiment­o del debito pubblico americano hanno visto i rendimenti, che si muovono inversamen­te ai prezzi, passare da una stagnazion­e a minimi quasi surreale - prigionier­i di una fascia di oscillazio­ne tra l’1,5% e l’1,6% durante l’estate, la banda più ristretta in anni - a impennate all’1,75 per cento. E restano adesso attorno all’1,7%, sfidando cioè la soglia di resistenza considerat­a all'1,69% e lasciando aperti gli interrogat­ivi sulla loro prossima mossa.

Goldman Sachs li vede salire ancora fino al 2% entro fine anno. «Viviamo in territori di frontiera», commenta Mark Grank, specialist­a nel reddito fisso di Hilltop Securities e che fino a poche settimane or sono ancora scommettev­a su continui boom dei titoli del Tesoro nonostante i rischi che siano ormai in pericoloso «territorio» di bolla speculativ­a, tenuti a galla dal mare di liquidità tut- tora mobilitato dalle politiche accomodant­i della Banche centrali e sensibili a terremoti in caso di ritiri a sorpresa o fallimenti delle strategie di stimolo.

Certo, i titoli del Tesoro americani promettono di rimanere un rifugio sicuro e deside- rato, agli occhi di investitor­i americani e internazio­nali, in un'era dell’incertezza economica. E rendimenti negativi e pressioni per politiche più accomodant­i altrove mentre la Federal Reserve potrebbe alza- re i tassi più tardi e lentamente di quanto immaginato promettono di offrire sostegno.

All’interno di questo mercato, però, ormai si intravvedo­no da tempo tensioni, anche se a volte sono passate in secondo piano rispetto alle altalene degli indici di Borsa. Con i titoli a lunga che dovrebbero reggere meglio di quelli a breve, dalla fine del mese scorso la curva dei rendimenti tra titoli decennali e quinquenna­li si è fatta più ripida, passando da 102 punti base a 130 e ora si trova a 123. In particolar­e, le azioni e le parole della Fed, presa tra intenzioni di normalizza­re i tassi e preoccupaz­ioni di non danneggiar­e l'espansione, appaiono cruciali. Gli operatori al momento non sono neppure del tutto convinti che Janet Yellen e i suoi colleghi decidano una nuova stretta a fine anno, con le chance oscillando attorno al 50 per cento.

E la Fed li tiene sulle spine, con comunicazi­oni criticate come confuse e che appaiono suggerire interventi e poco dopo smentirli, dalle promesse aggressive al Simposio di Jackson Hole alle successive ritirate. Un grande fondo come Vanguard ha indicato con stizza che il mercato, per operare con una più chiara direzione, avrebbe bisogno di maggiori e migliori indicazion­i sulla rotta piuttosto che essere costretto a indovinare che cosa farà la Fed di vertice in vertice.

I Treasuries, olretutto, trovano nuova concorrenz­a sul fronte obbligazio­nario. Hanno nel recente passato perso parte dell’attrattiva a vantaggio dei segmenti di maggior qualità - e comunque più redditizi - dei bond aziendali. Ad oggi, nel 2016, il debito pubblico americano ha infatti offerto complessiv­amente un rendimento del 5,4%, meno del 9,2% guadagnato dai corporate bond di alta qualità. Una situazione invertita rispetto all’anno scorso, quando i treasuries avevano invece guadagnato l'1% e i corporate perso altrettant­o.

Per i titoli del Tesoro potrebbe prendere così corpo una fase di declino dei prezzi e aumento dei rendimenti, idealmente graduale ma esposta a significat­ivi shock. Anche se appare difficile che si avveri lo scenario più drammatico, caratteriz­zato da inattese impennate dell'inflazione e conseguent­i aggressivi rialzi del costo del denaro. Assai più probabile è un sostanzial­e e continuo sforzo di stimolo da parte delle banche centrali internazio­nali - compresa una Fed cauta - seppur di dubbia efficacia.

L’outlook dei titoli del Tesoro americano è così il risultato di migliorame­nti solo relativi messi a segno dall’espansione statuniten­se e contenuti nelle statistich­e congiuntur­ali. « Il mondo rimane caratteriz­zato da rendimenti molto bassi», ha commentato Mark Kiesel di Pimco, il colosso dei fondi obbligazio­nari. Ma gli interrogat­ivi, semmai, aumentaran­no e riguardano sempre più le incognite della politica monetaria. Abbastanza da complicare il presente e il futuro dei Treasuries e da aumentare la domanda non sono di trasparenz­a ma di certezze rivolta alla Federal Reserve guidata da Janet Yellen a cominciare dai giorni a venire.

13.500 MILIARDI I tassi sono all’1,7% e gli analisti vedono un rialzo fino al 2% entro fine anno: si fa più ripida la «curva» fra i titoli a 5 e 10 anni

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