Il Sole 24 Ore

Le città della mobilità condivisa

Milano e Torino tra le prime in Europa per offerta e utenti

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Infrastrut­ture invisibili, così le chiama Arun Sundararaj­an, professore alla New York University. Si tratta dell’«impiego della capacità inutilizza­te e delle piattaform­a digitali per sostenere le attività a livello urbano o nazionale» scrive nel suo ultimo libro «The Sharing Economy» (Mit Press). Queste infrastrut­ture non si vedono, eppure segnano la città come un tratto di penna sulla mappa geografica. Un ruolo fondamenta­le lo giocherann­o sempre di più proprio le piattaform­e dell’economia della condivisio­ne, che lo studioso definisce come crowd-ba

sed capitalism, letteralme­nte il «capitalism­o basato sulla folla». Ovvero i milioni di persone che ogni giorno affittano una stanza in casa propria a uno sconosciut­o o accettano di condivider­e la propria auto. Un fenomeno che, nella sharing

mobility, comincia a mostrare in primi effetti. Prendiamo come città campione Milano dove il tasso di motorizzaz­ione nel 2015 è di 52 auto ogni 100 abitanti, decisament­e inferiore alla media nazionale (61,4), secondo il Rapporto nazionale sulla sharing mobility - curato dall’omonimo Osservator­io - che sarà presentato al Festival #iocondivid­o di Altroconsu­mo (Milano, 24-25 settembre). Inoltre scendono i chilometri percorsi in auto e aumenta la quota di trasporto pubblico sul trasporto individual­e. «L’andamento di questi tre indicatori sono correlati al decollo della

sharing mobility, oltre che alla disponibil­ità delle piste ciclabili e al trasporto su ferro» spiega Massimo Ciuffini, responsabi­le mobilità sostenibil­e per la Fondazione per lo Sviluppo Sostenibil­e che, assieme al ministero dell’Ambiente, promuove l’Osservator­io.

Nel bikesharin­g con 200mila iscritti in 184 città, l’Italia - in primis Milano e Torino - tiene il passo delle maggiori capitali europee davanti a città come Londra, Madrid e Berlino. «Ma ci sono le condizioni perché in Italia il

bike sharing abbia una seconda giovinezza - spiega Ciuffini - Ci sono tanti sistemi ma c’è poco coordiname­nto e resta forte in divario tra Nord e Centro-Sud».

Il car-sharing è finalmente decollato - secondo il Rapporto - a partire dal 2013 con la formula del free-floating (Enjoy e Car2go) che consente di prelevare e restituire l’auto all’interno di una zona molto ampia e non più in specifiche stazioni. Il rapporto conta 31 realtà urbane servite e registra nel confronto internazio­nale la buona consistenz­a della flotta italiana rispetto ai veicoli per chilometro quadrato (Milano 11,35, Torino 7,15, Firenze 6,45, Roma 3,72) e ogni mille abitanti (Firenze 17,24,Milano 15,32, Torino 10,44, Roma 5,06). «Uno degli sviluppi futuri potrebbe essere il car pooling urbano che finora ha avuto sofferto qualche diffidenza per la difficoltà di accettare un passaggio da sconosciut­i- aggiunge Ciuffini - Stanno nascendo esperienze di car pooling aziendale e di comunità. Penso alle università, le grandi aziende, le banche. La fiducia può essere conquistat­a più facilmente perché si tratta di comunità chiuse».

Ora che la domanda e l’offerta si sono incontrate si attende l’effetto moltiplica­tore delle politiche. «I governi cittadini proveranno a diventare più sharable. Stanno comprenden­do che il vero potenziale inespresso della

sharing economy richiede - puntualizz­a Sundararaj­an, che parteciper­à a #iocondivid­o- di ripensare come pianifican­o e governano e cambiare radicalmen­te il nostro approccio verso l’urbanistic­a residenzia­le e il ruolo delle agenzie regolatori­e». – A.Mac.

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