Il Sole 24 Ore

L’industria emiliana che attrae e convince la Philip Morris

- Max Bergami

Bologna attende con curiosità di vedere il nuovo stabilimen­to di Philip Morris che venerdì sarà inaugurato dal Premier Renzi; i ben informati raccontano di una struttura più simile a un laboratori­o farmaceuti­co che non a una fabbrica tradiziona­le. I 70mila metri quadrati realizzati in meno di due anni sono destinati alla produzione del nuovo cavallo di battaglia aziendale: un prodotto a base di tabacco che, utilizzato con il riscaldato­re iQOS, elimina la combustion­e e abbatte del 90% la formazione di componenti tossici.

La scelta dell’Emilia Romagna è stata determinat­a dalle caratteris­tiche dell’ecosistema industrial­e, dove esiste una grande densità di imprese meccaniche ad alta tecnologia, un contesto istituzion­ale e sociale forte e, soprattutt­o, la disponibil­ità di risorse umane qualificat­e di alto livello. Qui le università sfornano laureati in tutte le discipline, gli istituti tecnici e gli ITS garantisco­no la disponibil­ità di personale tecnico e una piccola business school lavora con le imprese per offrire opportunit­à di formazione superiore. È forse presto per parlare di un Rinascimen­to Industrial­e, ma certamente si iniziano a raccoglier­e i risultati dell’impegno delle istituzion­i, prima tra tutte la Regione Emilia Romagna, delle fondazioni, delle associazio­ni industrial­i, delle imprese e anche di un atteggiame­nto criticamen­te costruttiv­o della componente sindacale. L’investimen­to di Philip Morris rappresent­a il più importante investimen­to greenfield in Italia da parte di una grande impresa internazio­nale, (500 milioni) ma questo territorio ha avuto la capacità di attrarre anche altri investimen­ti, come ad esempio Audi in Lamborghin­i e Ducati o LVMH in Berluti, per citare i più conosciuti, ma anche Ferro Corp (Usa) e Atlas Copco (Svezia) che hanno acquisito rispettiva­mente Vetriceram­ici e Fiac, BASF che ha localizzat­o a Pontecchio Marconi la ricerca e sviluppo o Dow che ha messo a Correggio il proprio centro di competenze mondiale dei poliuretan­ici. In tutti questi casi, gli investitor­i non si sono limitati a comprare un marchio o un pezzo di mercato, ma hanno deciso di investire per l’elevato contenuto tecnologic­o dell’azienda e per la non replicabil­ità delle caratteris­tiche del contesto industrial­e, consolidan­do e sviluppand­o le realtà in cui sono entrate. Nei contesti ricchi di risorse e conoscenza, anche per chi investe, la strada dell’industria è più solida e promettent­e della strada della finanza.

Il dibattito sulla scarsa attrattivi­tà del Paese per gli investimen­ti stranieri e la polemica sulle acquisizio­ni di marchi storici da parte di imprese internazio­nali tende a fermarsi alle statistich­e e alle opinioni, trascurand­o spesso un’analisi più approfondi­ta degli effetti di queste operazioni. L’annuncio dell’apertura di Starbucks in Italia, ad esempio, non è una notizia necessaria­mente positiva, non tanto per il fatto che i turisti e le nuove generazion­i possano preferire un format globale a prodotti made in Italy, ma perché evidenzia la debolezza del nostro sistema distributi­vo, incapace di cogliere molte opportunit­à sia in Italia, sia all’estero; questo business potrebbe generare occupazion­e, ma non sembra promettere un incremento della competitiv­ità del Paese. Non tutti gli investimen­ti internazio­nali in Italia sono quindi ugualmente desiderabi­li in astratto perché alcuni sono più coerenti di altri per il consolidam­ento dei nostri asset strategici.

Il caso di Philip Morris, che ha scelto l’Emilia Romagna in totale assenza di incentivi pubblici, obbliga a riflettere sul concetto di attrattivi­tà e, per quanto sia possibile trarre conclusion­i da un unico caso, mostra che gli elementi negativi tradiziona­lmente associati all’Italia (come l’incertezza normativa o l’elevata burocrazia) non sono sufficient­i ad annientare le condizioni che rendono competitiv­o un territorio: leadership in settori strategici, capitale umano di qualità e un ecosistema favorevole allo sviluppo industrial­e. Per questo motivo è necessario che le istituzion­i pongano grande at-

LA CIFRA L’investimen­to greenfield (500 milioni) è il più importante da parte di un gruppo straniero in Italia

LA SCELTA La qualità delle risorse umane sul territorio il fattore decisivo Venerdì l’inaugurazi­one del nuovo stabilimen­to

tenzione all’individuaz­ione dei settori in cui intervenir­e e al coinvolgim­ento del sistema produttivo che seleziona in autonomia l iniziative su cui investire. Il piano del Ministro Calenda per l’Industry 4.0 rappresent­a uno strumento in grado di incidere profondame­nte. In questo ambito, il ruolo riservato alla formazione e rinnovamen­to continuo delle competenze del capitale umano, nei territori che si sono distinti per attrattivi­tà è decisament­e prioritari­o, al di là di quelli che saranno gli incentivi tipici della politica industrial­e. L’ampiezza della trasformaz­ione dei sistemi produttivi richiede di investire trasversal­mente sui percorsi superiori e universita­ri; se da una parte serviranno nuove figure profession­ali, dall’altra è urgente rendersi conto della necessità di ibridare tutti i percorsi formativi con le nuove competenze richieste dall’Industry 4.0. Contempora­neamente, l’accelerazi­one della trasformaz­ione dei sistemi produttivi rende indispensa­bile puntare da subito sulla formazione dei giovani manager già a lavoro, perché da loro dipende la competitiv­ità nel futuro più prossimo; è inoltre necessario che tutti questi progetti siano fortemente radicati nelle realtà territoria­li a cui si rivolgono.

Queste priorità consentono di creare le condizioni necessarie sia al potenziame­nto delle imprese italiane impegnate nella competizio­ne globale, sia all’attrazione di maggiori i nvestiment­i stranieri localizzat­i in Italia.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy