«Macquarie, maxi-piano per l’Italia»
Il ceo Nicholas Moore: «Già impiegati 1,1 miliardi, ora abbiamo chiuso un fondo da 4 miliardi: una quota importante sarà destinata al Paese» Focus su infrastrutture, trasporti e risparmio - I dossier Autostrade e Pioneer
pUn dividend yield del 5% e un Roe che vale oltre il 14%. Quarantasette anni ininterrotti di profitti che nel 2016 hanno toccato quota 1,4 miliardi di euro, dei quali il 71% generato grazie a quello che la compagnia chiama Annuity-style business, ossia asset management, corporate and asset finance e banking e financial services. È il ritratto, in numeri, di Macquarie Group, uno dei più grandi investitori al mondo capace di movimentare 500 miliardi di dollari australiani di asset in gestione. Una macchina complessa che tocca anche il settore dell’advisor e che si nutre pure di tutte le attività che ruotano attorno al capital market con le imprese, che contribuiscono per circa il 30% degli utili.
Sulla scia di questi successi, e dopo l'investimento in Adr tramite un fondo, avventura che si è conclusa nel 2007 con la scelta di vendere la quota e contestualmente salutare l’Italia, Macquarie ha recentemente rinnovato il suo impegno nell’investire a lungo termine nel paese. «Abbiamo ricominciato a investire perché crediamo che ora ne valga la pena: dal punto di vista economico, sul piano della stabilità politica e per l'attrattività del territorio», ha spiegato Nicholas Moore, ceo di Macquarie, in questo colloquio con Il Sole 24 Ore. «Abbiamo una forte esperienza territoriale e le abilità di Jiri Zrust e Roberto Purcaro ci hanno permesso di individuare un ampio ventaglio di opportrunità». Il ritorno di fiamma è scattato «tre anni fa e in questo arco temporale abbiamo già compiuto tre investimenti importanti – ha aggiunto il ceo - l’ultimo l’abbiamo chiuso proprio nelle scorse ore con la formalizzazione dell'acquisto di Società Gasdotti Italia». Il primo asset ad essere stato rilevato è stato l’eolico di Sorgenia in Italia e in Francia, poi è toccato all’idroelettrico venduto dall'Enel in Trentino dove ora la compagnia australiana è in partnership con Dolomiti Energia. «In tutto ab- biamo impegnato 1,1 miliardi di euro, dei quali 700 milioni sotto forma di equity», ha aggiunto Moore. E l'ambizione è quella di crescere ancora. Uno dei business chiave di Macquarie sono le infrastrutture e il settore sarà uno dei perni attorno ai quali la compagnia realizzerà il ritorno nel paese. «Abbiamo appena chiuso un fondo dedicato alle infrastrutture in Europa da 4 miliardi di euro, e una quota importante sarà destinata all'Italia, il quanto dipende dalle opportunità che si presenteranno».
«Questo specifico fondo si concentrerà su investimenti in settori come le utilities, i trasporti, le infrastrutture di comunicazione e energia rinnovabile sia in Italia e negli altri Paesi», ha commentato l'amministratore delegato. «Tuttavia le attività di advisory, M&A , prestito, finanziamento e asset management di Macquarie copriranno anche settori come la risorse naturali , energia, immobili, istituzioni finanziarie, nonché equity e commodity per le imprese e le istituzioni italiane. Siamo in grado di offrire una vasta gamma di attività». Alle quali si abbina, come ha sottolineato il ceo, «un’attenta politica del rischio, siamo focalizzati e concentrati su una puntuale gestione del rischio». Non si spiegherebbero altrimenti 47 anni ininterrotti di profitti.
Quanto alla campagna acquisti, questa potrebbe essere condotta anche attraverso il supporto di partner, o in cordata con altri investitori. E per questa ragione il taglio medio delle operazioni che saranno analizzate potrebbe essere significativo. Possibile che Macquarie, in quest'ottica, guardi al processo di cessione di una quota di minoranza di Autostrade per l'Italia? «Preferisco non commentare singoli deal. Posso però assicurare che guardiamo con attenzione al settore dei trasporti e ai business che generano alto rendimento”. E Aspi evidentemente, garantisce ritorni assai rotondi. Qualche tempo fa, peraltro, era circolato il nome di Macquarie associato alla prossima valorizzazione di Pioneer da parte di UniCredit. Anche in questo caso il ceo Moore ha declinato ogni chiarimento: «Non commento le speculazioni».
Tuttavia, ha ricordato che nel 2010 la compagnia ha acquistato in Nord America Delaware Investment, asset management di rilevanza globale. E proprio in ragione di questo, la società sta guardando a un possibile ingresso in Europa, magari sotto forma di partnership, che possa garantirgli l'accesso ai risparmi del Vecchio Continente. «Qui la propensione al risparmio è assai elevata», ha commentato Moore. I servizi finanziari targati Europa sono dunque entrati nel mirino di Macquarie. Si vedrà con quale esito. Di certo , dopo la complicata esperienza in Adr, ora al colosso australiano è tornata la voglia di scommettere in primis sull'Italia.
LA STRATEGIA «Crediamo che ora valga la pena investire in Italia dal punto di vista economico, sul piano della stabilità politica e per l’attrattività del territorio»