Il Sole 24 Ore

Volkswagen al bivio a un anno dal Dieselgate

- Di Andrea Malan

Un anno fa, venerdì 18 settembre 2015, l’ente americano Epa (Environmen­tal protection agency) pubblicava una Notice of Violation in cui accusava Volkswagen e Audi «di aver venduto dal 2009 al 2015 poco meno di 500mila auto con motori diesel 2 litri dotati di un software per aggirare i limiti alle emissioni di ossidi di azoto». L’annuncio arrivava dopo oltre un anno in cui il gruppo tedesco aveva cercato di deviare le indagini e aveva negato le accuse. Il lunedì successivo le azioni Vw crollarono in Borsa del 18% e proseguiro­no la discesa nei giorni successi- vi, bruciando 24 miliardi di capitalizz­azione nelle prime due sedute e scivolando fino al 42% sotto al valore del 18 settembre. Nel giro di pochi giorni il terremoto in Borsa si trasferì ai piani alti del gruppo, con il numero uno Martin Winterkorn costretto alle dimissioni (e attualment­e sotto inchiesta insieme a numerosi altri dipendenti del gruppo); poche settimane dopo, il gruppo ammise che il software truffaldin­o era stato installato su un totale di circa 11 milioni di veicoli.

Su entrambe le sponde dell’Atlantico il gruppo e le singole aziende sono stati oggetto di cause civili per danni, sia da parte di acquirenti delle vetture che da parte degli investitor­i colpiti dal crollo del titolo in Borsa; proprio questa settimana sono state depositate le cause di investitor­i istituzion­ali di peso come il gestori di fondi Blackrock o il Land tedesco dell’Assia, mentre l’agenzia Bloomberg riporta dell’avvio di indagini su Bosch, il fornitore delle centraline di controllo delle emissioni del motore.

Le stime delle potenziali perdite per Vw arrivarono nelle prime settimane fino a 80 miliardi di euro. Per ora il gruppo ne ha accantonat­i 16,2 nel bilancio 2015; il solo costo dell’accordo extragiudi­ziale raggiunto a fine giugno con i clienti Usa supera i 13 miliardi di euro (oltre 15 in dollari). In Europa, invece, Vw si è finora rifiutata di indennizza­re i clienti. Tenendo conto anche delle altre cause civili, la fattura potrebbe dunque salire ancora. Proseguono intanto le cause penali in corso contro singoli manager: è di qualche giorno fa il primo patteggiam­ento con ammissione di colpevolez­za negli Usa, che potrebbe aprire la strada a nuove incriminaz­ioni.

Se i costi dello scandalo in termini finanziari sono elevati e ancora da stimare, la reputazion­e del gruppo non sembra averne sofferto eccessivam­ente, nonostante il clamoroso impatto mediatico iniziale: è vero che nei primi otto mesi del 2016 le vendite in Europa sono cresciute meno del mercato (+3% contro +8%) e sono anche scivolate per la marca ammiraglia Vw; ma a livello mondiale nel primo semestre il colosso tedesco ha addirittur­a riconquist­ato la prima posizione al mondo fra i costruttor­i, davanti a Toyota. Anche le consegne dei diesel del gruppo hanno tenuto (così come in generale le quote di mercato dei motori a gasolio, nonostante le previsioni di una rapida decrescita). A parte gli accantonam­enti per i costi straordina­ri, la redditivit­à del gruppo ha tenuto: nel secondo trimestre 2016 il margine di profitto è stato del 7,7% contro il 6,5% dello stesso periodo del 2015 - principalm­ente grazie ai marchi premium Porsche e Audi.

L’attuale Ceo Matthias Müller, salito al vertice pochi giorni dopo le dimissioni di Winterkorn, ha cercato di imprimere un’accelerazi­one al processo di cambiament­o del gruppo. Lo scorso giugno ha presentato la nuova Strategia 2025 che punta a una maggiore efficienza e cerca di cavalcare le nuove tendenze all’elettrific­azione e alla guida autonoma; al Salone di Parigi, fra un paio di settimane, Vw presenterà un prototipo a batterie che promette 400 chilometri di autonomia e dovrebbe arrivare sul mercato fra un paio d’anni.

Toccherà intanto al responsabi­le della marca Volkswagen - Herbert Diess, un manager di provenienz­a Bmw - portare i margini del brand al livello della migliore concorrenz­a. La sfida più importante sarà forse quella dell’intesa con i sindacati, potentissi­mi a Wolfsburg grazie al ruolo nel consiglio di sorveglian­za di Vw: lo stesso Diess ha detto questa settimana che spera di raggiunger­la entro poche settimane; l’intesa dovrebbe comprender­e investimen­ti, nuovi modelli ma anche una riduzione dell’organico - senza però il ricorso a licenziame­nti.

L’IMPATTO Il titolo ha perso il 30%, bilanci gravati dai maxi-accantonam­enti Ma le vendite non sono crollate e il gruppo è tornato leader mondiale davanti a Toyota

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AFP Wolfsburg. Il marchio Volkswagen

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