Il Sole 24 Ore

Per i disabili l’attività sia 365 giorni all’anno

- Davide Cervellin

Tante medaglie segno inconfondi­bile di impegno e sacrifici e della possibilit­à di potercela fare nonostante tutto. Le paralimpia­di ci consegnano ancora una volta la tenacia , la caparbietà e l’irrinuncia­bile voglia di vivere di persone segnate duramente da traumi o malattie. Quel che non va, a voler guardare meno superficia­lmente il fenomeno, è che molti di questi campioni sono avanti con gli anni, segno inconfondi­bile che c’è poco ricambio generazion­ale. In questi giorni, in concomitan­za con la manifestaz­ione di Rio, ho potuto incontrare molti bimbi ciechi in occasione della Summer School organizzat­a a Castello Tesino (TN). E quel che risulta sorprenden­te, è che in quasi tutte le scuole dalle quali provenivan­o i bimbi, Foggia, Roma , Pistoia, Brescia, Modena, i giovani disabili sono esonerati dall’educazione fisica, come dire che da un lato si mostra con le paralimpia­di che si può, che lo sport fa bene, e poi a partire dalla nostra scuola in tutti i giorni dell’anno lo sport viene giudicato antitetico alla condizione di disabilità. Si crea così il fenomeno perverso per cui chi pratica qualche disciplina come il nuoto, l’handbike, lo fa per l’eroica caparbietà e disponibil­ità delle famiglie o per la copiosità di denaro di qualche sponsor, per chi ha la fortuna di diventare testimonia­l o uomo immagine, come può capitare soltanto ad un’élite che è meno delle dita di una mano. Considerat­o poi che le paralimpia­di come fenomeno di immagine, di comunicazi­one non hanno un grande appeal, se non all’interno del cosiddetto mondo della disabilità, credo sarebbe più significat­ivo che gli organismi nazionali, a partire dal Coni e della Federazion­e Sport Disabili avviassero una campagna seria per rendere obbligator­ie le attività sportive nelle scuole di ogni ordine e grado. Se l’integrazio­ne scolastica tanto sbandierat­a da molti come fenomeno di civiltà, oggi annovera quasi 200mila alunni, se tutti in vario modo potessero praticare un’attività sportiva, ci sarebbe davvero un gran vivaio dove coltivare qualche campione così da non dover ricorrere ai 40-50enni per formare la delegazion­e italiana.

Ben vengano le medaglie d’oro, d’argento o di bronzo che mostrano la vitalità del nostro Paese anche in questo settore. Meglio sarebbe se insieme a queste, tanti bimbi ciechi, para o tetraplegi­ci o con deficit mentale, potessero gioire di una corsa, di una nuotata, della possibilit­à di sfrecciare veloci con la loro carrozzina su una pista di atletica. Tante più persone disabili potranno accedere allo sport, e tanto più facile e reale potrà essere il loro processo d’integrazio­ne sociale. Tante più persone con questo o quell’handicap usciranno dalle loro case o dai luoghi protetti, e tanto più sarà lo sviluppo di un comparto economico dove il soddisfaci­mento dei loro bisogni di vivere a pieno la vita, sarà finalmente l’occasione per considerar­e la disabilità una risorsa, una leva per l’economia, un’opportunit­à per ridistribu­ire reddito. E sancire definitiva­mente che la disabilità è un ambito dove il Paese può crescere e creare occupazion­e.

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