Il Sole 24 Ore

La bravura nel lavoro non dipende dal lignaggio

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La mela non casca lontana dall’albero – recita un proverbio inglese. Forse anche per questo in Italia le origini familiari vengono utilizzate per valutare le persone. Quando ero bambino, gli adulti usavano chiederti “come nasci?” . Non era una domanda indiscreta su come eri stato partorito, ma sul tuo lignaggio. L’assunto era che le famiglie notabili (se non nobili) generasser­o figli altrettant­o notevoli. Oggi questa domanda è meno comune, ma la discrimina­zione dinastica no. Solo qualche anno fa il curriculum vitae di un rampollo della Brescia bene recitava “figlio dell’avvocato Amilcare Di Mezza, profession­ista e imprendito­re bresciano, e di Gnutti Giuliana figlia di Cesarino Gnutti, capostipit­e della notissima famiglia di imprendito­ri della Val Trompia”. Questa dichiarazi­one veniva prima di qualsiasi titolo di studio o risultato profession­ale, a dimostrato­re che in Italia valgono più i meriti dinastici che quelli personali. Non a caso esistono associazio­ni basate esclusivam­ente sul merito dei genitori.

La selezione basata sul lignaggio è discrimina­toria, ma non necessaria­mente inefficien­te dal punto di vista individual­e. Non c’è dubbio che sia una predisposi­zione ereditaria a certo tipo di profession­i e che –in aggiunta -- una parte importante del capitale umano venga accumulato in famiglia. In media un figlio di Yo-Yo Ma sarà un musicista migliore e quello di Messi un calciatore migliore del figlio di uno come me che a stento sa suonare il campanello o calciare un tiro tra i pali. Non sapendo null’altro di una persona, tranne la profession­e dei genitori, è ottimale (almeno dal punto di vista individual­e) utilizzare il lignaggio per selezionar­e. Il quesito interessan­te è se questa conclusion­e valga anche conoscendo i risultati scolastici e lavorativi di una persona. In altri termini, dobbiamo valutare positivame­nte o negativame­nte l’informazio­ne aggiunta dal bresciano al suo curriculum vitae?

Finora era difficile rispondere a questa domanda perché non c’era nessun dataset che contenesse informazio­ni sul reddito dei padri e la performanc­e dei figli. Di recente gli Stati Uniti hanno reso disponibil­i tutti i dati dei censimenti fino al 1940, con tanto di nomi e cognomi. Due professori di finanza hanno avuto la pazienza di collegare i nomi dei gestori di fondi comuni di investimen­to attuali con quelli dei loro genitori, permettend­o loro di studiare la relazione tra performanc­e dei figli e reddito dei padri. I risultati sono sorprenden­ti. Il rendimento medio di un gestore di umili origini eccede quello di un gestore “figlio di papà” di 2,16 punti percentual­i l’anno. Sembra poco, ma si tratta di performanc­e aggiustata per il rischio (quella che in finanza si chiama alfa). Come alfa è molto elevato.

Questo non vuol dire che in media i figli dei poveri siano più bravi dei figli dei ricchi, ma solo che è più facile per un figlio di un ricco diventare gestore di un fondo (anche con una performanc­e mediocre). Gli autori dello studio sembrano trovare conferma di questa ipotesi nei dati. I manager nati ricchi hanno maggiori probabilit­à di essere promossi, mentre quelli nati poveri sono promossi solo se dimostrano dei risultati molto buoni. L’esempio più eclatante di questo fenomeno, anche se si tratta di un genero e non di un figlio, viene da un episodio di cronaca recente. Il marito di Chelsea Clinton, la figlia di Bill e Hillary, era riuscito ad ottenere - anche grazie alle relazioni dei suoceri - 25 milioni di dollari da gestire nel suo hedge fund. Peccato che nel giro di due anni abbia perso il 90 per cento del capitale investito ed abbia dovuto liquidare il fondo.

Le scarse capacità dei figli di papà sono confermate anche da uno studio sui maschi norvegesi, che è stato in grado di collegare non solo la profession­e dei figli con il reddito dei genitori, ma anche con il quoziente di intelligen­za dei figli (in Norvegia viene misurato alla visita di leva). Lo studio documenta che i figli che seguono la profession­e del padre sono mediamente meno intelligen­ti di quelli che non lo fanno. Il probabile motivo è che il vantaggio comparato dato dalle relazioni paterne è più importante per una persona meno brillante. Lungi dal segnalare le capacità individual­i, i successi dei genitori indicano che una persona è stata più fortunata che brava. Forse conviene chiedere “come nasci”, ma solo per stare alla larga dai figli di papà.

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