Il Sole 24 Ore

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- Susanna Basso

artiamo da una frase. «L’arma del traduttore è l’esitazione». Forse no. Forse meglio: «L’esitazione è l’arma del traduttore»

Che sia uguale? È uguale affermare che l’arma del traduttore è l’esitazione e che l’esitazione è l’arma del traduttore? Beh, nel primo dei due enunciati l’arma del traduttore costituisc­e il tema e l’esitazione il rema; nel secondo dei due, ovviamente è vero il contrario. Perciò, a ben guardare, non è la stessa cosa. E dunque, qual è il mio vero tema? Quale voglio che sia il soggetto dell’enunciato? Ma quale soggetto, poi? Quello grammatica­le, quello psicologic­o, quello logico?

E ancora, perché dico “arma”? Che cosa mi fa attingere alla sfera semantica del conflitto? Contro chi o che cosa combatto quando traduco? Non posso esprimere il pensiero ricorrendo a un’immagine meno bellica, per non dire decisament­e non bellicosa? Proviamoci. «La risorsa del traduttore è l’esitazione». Che ne dico di “risorsa”? L’etimo non è male: dal latino resurg re. La definizion­e del Vocabolari­o Devoto/Oli propone: «Mezzo o capacità disponibil­e, consistent­e in una riserva materiale, o in un’abitudine a reagire adeguatame­nte alle difficoltà». Sì, potrebbe andare, anche se… Non mi convince appieno, mi risulta meno immediata, forse quell’idea che qualcuno, qualcosa debba risorgere è un tantino eccessiva, forse perfino scorretta. Diciamo che “risorsa” mi serve per quello che voglio dire, ma non mi completa il pensiero. Che altro? “Strumento”? «Lo strumento del traduttore è l’esitazione» (O viceversa, «L’esitazione è lo strumento del traduttore»: quella dell’ordo verborum rimane comunque una questione in sospeso)

L’etimo di “strumento” è a sua volta interessan­te: il latino instru re da cui instrument­um, rimanda al concetto di costruire. Sì, costruire è una buona idea, senz’altro meglio dell’arma, e magari anche della resurrezio­ne.

Vediamo il Devoto. Uno strumento è un «arnese indispensa­bile per lo svolgiment­o di un mestiere». Direi che ci siamo. Un arnese per costruire. Come uno strumento musicale, ad esempio. Il traduttore suona la propria esitazione. Esatto.

Quel che è certo, anche da questo esordio, è che il traduttore medio esita. Sono vissuta esitando. Ho esitato per ore, quasi ogni giorno. Non posso dire che non sia faticoso. Non posso dire che nello spazio mentale dell’esitazione non alloggi a volte un desiderio di fuga. Perché stare lì, protrarre il tempo dell’esitazione, può rivelarsi estenuante. Può condurre a decisioni, secondo il cliché verbale, “affrettate”. In che senso è affrettata una decisione affrettata? Per il traduttore, nel senso che è il contrario dello strumento, appunto, dell’esitazione. Rinuncio allo strumento e decido, cioè taglio via, escludo, separo, lascio indietro, elimino. Il traguardo vero del traduttore esitante è un altro, è la scelta, l’elezione, l’adozione. Adotto parole, frasi, ordini verbali, li suono come so al mio strumento di esitazione.

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