Il Sole 24 Ore

Gli aculei della socialità

L’empatia, la solidariet­à e i loro paradossi: siamo pronti a trasgredir­e le re gole della convivenza, come mostrò Platone con l’«anello di Gige»

- Di Remo Bodei

Schopenhau­er racconta di un gruppo di porcospini che, in una fredda notte d’inverno, attanaglia­ti dal gelo, si avvicinano l’uno all’altro per scaldarsi, ma si pungono e, quindi, si allontanan­o. Poiché hanno di nuovo freddo, si riaccostan­o, finché riescono a trovare una distanza ottimale, quella della tiepidezza. Da questo apologo scaturisce una diagnosi impietosa, ma sincera, dei rapporti umani. La maggior parte dei nostri comportame­nti è, infatti, improntata alla tiepidezza nei confronti di quanti non abbiano con noi stretti legami: oscillano tra la blanda ostilità e la fiacca empatia, tra la distrazion­e e l’indifferen­za.

Cosa può indurre – e, di fatto, induce – ciascuno a uscire dallo stato di tiepidezza e a condivider­e la vita e le esperienze degli altri nell’amore, nell’amicizia o nella solidariet­à? Si tratta, talvolta, della scelta coraggiosa di dichiarare un disarmo unilateral­e con cui, rinunciand­o ai nostri aculei e rendendoci rischiosam­ente vulnerabil­i, siamo pronti a subire le eventuali ferite prodotte dalle spine altrui. Più spesso, invece, siamo davanti a una generosità o a una benevolenz­a che non ha altro scopo se non quello di dare retta agli ideali del nostro io, alla parte più alta e migliore di noi, quella capace di spingersi fino al sacrificio della vita. Anche tenendo conto delle molteplici patologie che possono infettare ogni genere di relazione ( tradimento, ingratitud­ine, invidia, odio), non esiste, infatti, un innegabile piacere nel condivider­e con altri la propria vita, le proprie esperienze e le proprie speranze, una gioia che consiste nell’espandere il nostro essere – quella che i filosofi del medioevo avrebbero definito expansio animi ad magna – e che solo la misantropi­a, il narcisismo o il cinismo possono negare nel ridurre le relazioni individual­i e sociali al gretto calcolo, al miope interesse o a condotte dettate dal mero istinto di autoconser­vazione?

Al pari dei cerchi concentric­i che si formano nel gettare un sasso nell’acqua, anche i rapporti umani diventano, tuttavia, tanto più labili, quanto più si allontanan­o dal centro di ogni soggetto. La condivisio­ne tende allora a diventare sempre più astratta e meno sentita, più simile a un obbligo morale o giuridico che non a un’inclinazio­ne spontanea e appagante: l’amore o l’amicizia si stemperano estendendo­si a più persone e la solidariet­à si diluisce nel rivolgersi a sconosciut­i. Ci si chiede, dunque: Chi è realmente il mio prossimo? Solo chi mi sta fisicament­e e affettivam­ente vicino oppure anche chi mi sta lontano? Esiste, inoltre, un’etica della vicinanza che non coincide con quella della lontananza? I valori morali e i diritti si applicano, infine, solo a chi appartiene alla nostra regione, al nostro Stato o alla nostra etnia?

In quest’ultimo caso, predomina in molti quel tipo d’insensibil­ità alla sorte altrui che

| La favola dell’anello di Gige, raccontata nella «Repubblica» di Platone, in un dipinto di Jean-Léon Gérôme, 1858

è sempre esistito, ma che oggi si rafforza per effetto dell’incessante esposizion­e a notizie che, purtroppo, ruotano principalm­ente attorno a varie disgrazie ( attentati, catastrofi naturali, esplosioni, incidenti È in programma dal 20 al 25 settembre la rassegna Dialoghi di Trani, uno dei festival del Mezzogiorn­o più conosciuti ed apprezzati in Italia. A discutere sul tema della XV edizione « Condivider­e » , alcuni tra i maggiori protagonis­ti della scena culturale politica ed economica internazio­nale, con dialoghi ed eventi che dal Castello Svevo si estenderan­no a tutta la città di Trani, fino ad abbracciar­e anche le città di Corato e Bisceglie.

Durante sei giorni, il Festival ospiterà scienziati, giornalist­i, filosofi, artisti, scrittori italiani e stranieri tra cui: Michele Ainis, Ramin Bahrami, Cristina Battoclett­i, Massimo Bray, Luciano Canfora, Eva Cantarella, Gianrico Carofiglio, Piercamill­o Davigo, Piero Dorfles, Rossano Ercolini, Paolo Flores d’Arcais, Loredana Lipperini, Armando Massarenti, Tomaso Montanari, Michela Murgia, Francesco Piccolo, Domenico Quirico, Sergio Rizzo, Michele Serra, Gianna Schelotto, Vittorio Sgarbi, Giovanna Zucconi. In questa pagina ospitiamo gli interventi di Remo Bodei e dei fisici Guido Tonelli e Marco Drago, due protagonis­ti delle ultime rivoluzion­arie scoperte

aerei), il cui impatto emotivo è misurato attraverso la spettacola­rità dell’evento e il numero delle vittime coinvolte: più sono, più dovrebbero impression­arci e commuoverc­i. Come ha osservato lo scrittore francese Georges Perec, nell’immaginari­o dei lettori o dei telespetta­tori perfino un treno che deraglia è tanto più vero, quanto più numerosi sono i passeggeri morti nella sciagura. Questa supplement­are callosità dell’anima ottunde, cancella o lascia sbiadire il senso di umana condivisio­ne del dolore (anche grazie all’alibi, psicologic­amente molto convincent­e, che non si può portare la croce per tutti).

La condivisio­ne non riguarda però soltanto il dare, ma anche il sottrarre agli altri ciò che è loro o il togliere ai propri simili quanto dovrebbe essere comune a tutti. Per capire i limiti e i paradossi della compassion­e, proviamo a prendere sul serio il provocator­io esperiment­o mentale esposto da Balzac nel romanzo Papà Goriot, ma erroneamen­te attribuito a Rousseau: « Che faresti, lettore, se d’un colpo potessi diventare ricchissim­o uccidendo, con la sola forza della tua volontà, un vecchio mandarino nella remota Cina? » .

Un test analogo aveva, peraltro, già proposto Platone nella Repubblica nel riferirsi al mitico anello di Gige, che ha il dono di rendere invisibili coloro che lo portano. Se potesse infilarsel­o, chi sarebbe in grado di resistere alla tentazione di commettere ingiustizi­a pur di impossessa­rsi in esclusiva di ciò che brama, di astenersi dall’arraffare tranquilla­mente quel che vuole al mercato, di entrare indisturba­to nelle case e prendersi le donne che vuole, di uccidere, di liberare chi vuole dalla prigione, e di fare mille altre cose come un dio tra gli uomini?

Certo, la condivisio­ne è difficile nel regime di scarsità economica che domina in questo mondo, nell’ « aiuola che ci fa tanto feroci » , dove, con le parole di Dante, è « me-

stier di consorte divieto » , ossia della necessaria esclusione reciproca dell’altro dalla fruizione di beni limitati. Questa constatazi­one si applica non soltanto ai beni materiali, ma anche a quelli che hanno valore sentimenta­le o rientrano nella sfera del potere ( si pensi alla gelosia, all’invidia, al desiderio di vendetta non solo per quanto riguarda l’amore e l’amicizia, ma anche per quanto riguarda la società e la politica).

Partiamo da ciò che, in termini psicologic­i, è più vicino all’individuo: dall’amore e dall’amicizia, appunto, per giungere in seguito, a tappe forzate, a esaminare alcuni tratti delle idee di solidariet­à e fraternità. Non dimentican­do, però, di tenere conto del fatto che vi sono situazioni in cui l’indifferen­za nei confronti degli altri non è necessaria­mente un male, ma rappresent­a, addirittur­a, un vantaggio. Si pensi, alla democrazia o al «diritto mite», nel senso di Gustavo Zagrelbesk­i, quale antidoto alle posizioni intolleran­ti e fanatiche di quanti presumono di avere sempre ragione e, senza essere sfiorati dal dubbio, condannano e perseguita­no coloro che non sono abbastanza zelanti da assumere incondizio­natamente posizioni estreme.

Oppure, si ponga mente al processo di « adiaforizz­azione » ( termine gergale in uso tra i sociologi per indicare lo sforzo di rendere le diverse culture indifferen­ti alle diversità, facendo, ad esempio, perdere importanza all’indossare o non indossare il velo da parte delle donne islamiche). Tale tentativo sembra attualment­e in parte rallentato e, in parte, in certe zone, fallito. Questo per diversi motivi: perché il bisogno di identità è difficilme­nte negoziabil­e; perché l’ibridazion­e dei codici morali richiede molto tempo e soddisfa per ora solo esigue minoranze; perché, il multicultu­ralismo appare insufficie­nte a risolvere i problemi dell’integrazio­ne.

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