L
a fisica sta vivendo un momento magico. In un intervallo di tempo relativamente breve, abbiamo avuto la fortuna di assistere a due scoperte epocali, destinate a rivoluzionare in profondità la nostra concezione del mondo.
La prima, la scoperta del bosone di Higgs, ha sciolto un enigma su cui la fisica delle particelle, si interrogava da quasi cinquant’anni.
Ora possiamo ricostruire davvero cosa è avvenuto, pochi istanti dopo il BigBang, quando questa strana particella, così diversa da tutte le altre, si è installata nell’universo primordiale, occupandone perfino gli angoli più remoti. È passato soltanto un centesimo di miliardesimo di secondo da quando si è sviluppata questa fluttuazione quantistica del vuoto talmente speciale da assumere subito, in un tempo ridicolmente piccolo, dimensioni macroscopiche; di colpo succede qualcosa che deciderà il destino di quell’oggetto ancora incandescente per i miliardi di anni a venire.
In quel preciso momento, una miriade di bosoni di Higgs, che fino a un istante prima viaggiavano alla velocità della luce, si condensano, cristallizzati per sempre in un campo onnipresente. Il nuovo venuto cambia tutto. Rompe la perfetta simmetria che fino a quel momento imperava nell’ universo intero. Separa per sempre la forza elettromagnetica da quella debole con cui aveva marciato a braccetto fino a poco prima. Le particelle elementari, che rimangono come invischiate nel campo dell’Higgs, si differenziano fra loro a seconda dell’intensità dell’interazione, e così facendo finiscono con l’acquistare masse irrimediabilmente diverse.
In un battito di ciglia tutto è cambiato, per sempre.
Grazie a questo sottile meccanismo la materia ha acquistato le caratteristiche che ci sono così familiari. La specifica massa che hanno assunto gli elettroni permetterà loro di orbitare stabilmente intorno a nuclei carichi e si potranno formare atomi e molecole. Così si sono prodotte le enormi nebulose gassose da cui sono nate le prime stelle e poi le galassie, e i pianeti e i sistemi solari fino ai primi organismi viventi, via via sempre più complessi, per arrivare, in ultima istanza, fino a noi. Senza il vuoto elettrodebole, senza questa sottile impalcatura che regge l’ enorme struttura materiale che chiamiamo universo, tutto questo non sarebbe stato possibile.
Eccoci qua a riflettere su questa meraviglia. Le cose, tutte le cose, hanno acquistato la loro specifica forma grazie a questa sottile imperfezione che ha rotto la simmetria perfetta delle origini.
Ma questo equilibrio su cui si regge l’ universo intero è fragile. Se il bosone di Higgs fosse stato più leggero dei 125GeV che abbiamo misurato, il vuoto elettrodebole sarebbe stato talmente instabile che non ci sarebbe stata nessuna evoluzione; la microscopica lacerazione, che si era aperta pochi istanti prima, si sarebbe immediatamente richiusa e tutto sarebbe finito prima ancora di cominciare. Sappiamo anche che, se in una lontana galassia, per un fenomeno misterioso, si generassero energie miliardi di volte superiori a quelle che si sviluppano in Lhc, il vuoto elettrodebole potrebbe cedere di miliardesimo di miliardesimo di metro. Più piccole del nucleo di un atomo.
Tuttavia un piccolo i ncoraggiamento c’è: negli anni ’ 70 Hulse e Taylor studiano un sistema binario, e scoprono che il tempo di rotazione dei due oggetti diminuisce lentamente. Il processo è semplice da capire: i due oggetti ruotano uno attorno all’altro, questo comporta la produzione di onde gravitazionali che sottraggono energia al sistema stesso. I due corpi quindi, perdendo una piccola parte di energia, si avvicinano pian piano ( molto piano) e quindi il tempo che ci mettono a fare un giro è minore. Confrontando i tempi registrati con la previsione teorica data dalla relatività generale, i due fisici trovano un accordo perfetto! Si ha quindi una prova, seppure indiretta, che queste onde gravitazionali esistano.
Servono comunque rivelatori molto sensibili per rivelarle, e gli scienziati sono costretti a migliorare sempre più gli interferometri per raggiungere l’obiettivo. I rivelatori sono così sensibili che anche far cadere accidentalmente un martello nel laboratorio crea un segnale di disturbo. Per questo vengono costruiti più rivelatori sulla terra: i due LIGO in America e l’italiano Virgo (mica potrà cadere contemporaneamente un martello sulla costa est ed ovest dell’America), per dare più confi- schianto. Con tutta probabilità la lacerazione locale non rimarrebbe confinata e tutto svanirebbe in una immane bolla di pura energia.
Da millenni l’umanità, un insieme di esseri fragili e mortali che si muovono in un mondo materiale che appare eterno, ha cercato di superare questa condizione. Da questo anelito sono nate le religioni, le filosofie e le grandi opere d’arte; produrre qualcosa che duri millenni, che sopravviva al breve ciclo della vita di ciascuno di noi: un cerchio di pietre megalitiche, una gigantesca piramide, un poema epico o una statua meravigliosa. Qualcosa che sfidi il tempo e avvicini le opere dell’uomo all’immortalità della terra, e degli astri celesti. La scienza ci dice che il nostro sistema solare non sopravviverà ai 4- 5 miliardi di vita residua della nostra cara stella. Ora abbiamo imparato che l’intero universo si regge su un equilibrio precario che si potrebbe rompere in un qualunque momento, domani mattina alle 5: 45 o fra quattro miliardi di anni.
La ricerca scientifica più avanzata sembra indicarci una relazione fra la precarietà della condizione umana e quella dell’universo nel suo complesso. Come se la nostra fragilità di essere umani, corpi delicati e complessi che possono essere annientati da uno stupido frammento di Dna che impazzisce, o da una caduta dalle scale, fosse il riflesso, su scala microscopica, di una precarietà cosmica che interessa tutto; perfino le gigantesche strutture materiali che ci circondano e che, a prima vista, sembrerebbero immortali.
La seconda scoperta, quella recentissima delle onde gravitazionali, ha cambiato per sempre, la nostra immagine dell’infinitamente grande. Fino a pochi mesi fa era una delle tante previsioni teoriche; oggi sappiamo che forti perturbazioni dello spazio-tempo producono effetti rilevabili a distanza di miliardi di anni-luce, e abbiamo osservato, per la prima volta, un fenomeno totalmente inaspettato. Esistono nel nostro universo sistemi binari formati da grandi buchi neri, con masse nell’ordine di trenta masse solari, che possono fondersi in un abbraccio catastrofico dopo aver danzato in maniera forsennata a velocità prossime a quelle della luce. Per la prima volta abbiamo registrato dell’ informazione, appunto le onde gravitazionali, emessa direttamente da un sistema di due buchi neri.
Con il bosone di Higgs e le onde gravitazionali si aprono due nuove vie, diverse e complementari tra loro, per cercare di capire i primi istanti di vita dell’universo. La cosa meravigliosa è che i due approcci si parlano e sono consistenti. Ancora una volta, se si accetta il paradosso, l’infinitamente grande sembra contenuto nell’infinitamente piccolo.
I fisici sognano di migliorare la sensibilità degli strumenti attuali, fino al punto di registrare le onde gravitazionali fossili, quelle originate direttamente dal BigBang. Sappiamo che ancora oggi fluttuano, intorno a noi, quelle impercettibili perturbazioni dello spazio-tempo, residuo del turbinio di onde gravitazionali emesse in quei primissimi istanti. Chi riuscisse a rivelarle potrebbe ricostruire, in tutti i dettagli, quel momento straordinario. Per certi versi il racconto della nascita del nostro universo echeggia ancora intorno a noi: la sfida straordinaria che si è aperta è di riuscire a percepire quel sottile bisbiglio che ci parla della nostra storia. denza alla possibile rivelazione.
Gli sforzi vengono premiati, il 14 settembre 2015 (inaspettatamente potremmo dire…) viene rivelata la prima onda gravitazionale.
Nell’incredulità e sospetto, le due collaborazioni LIGO e Virgo svolgono un’analisi approfondita dell’evento ( grazie alla lunga esperienza accumulata nel corso degli anni) e stabiliscono che un evento di tal genere potrebbe avvenire per casualità una volta ogni 200000 anni. Anzi, anche meno. Inoltre, stabiliscono che l’onda gravitazionale è stata prodotta dallo scontro di due buchi neri grandi circa 30- 40 volte la massa del sole. Due piccioni con una fava: prima onda gravitazionale della storia e prima rivelazione diretta di buchi neri. A dicembre un secondo evento, sempre due buchi neri, anche se stavolta più leggeri.
L’eccitazione in tutto il mondo è straordinaria: l’astronomia gravitazionale sta per iniziare! Ok, ma che ce ne facciamo? Dalle onde gravitazionali che riceviamo possiamo tentare di risalire ai processi che le hanno generate e studiare l’universo con un messaggero in più. Buchi neri, stelle a neutroni, supernove, eventi esplosivi, e… chi lo sa… forse in futuro potremmo addirittura conoscere meglio il Big Bang…