Il Sole 24 Ore

Stalin e i briv idi di Ingrao

- di Giorgio Dell'Arti

Anagrafe. Pietro Ingrao, secondo dei quattro figli Renato Ingrao e Celestina Notarianni, nato a Lenola, provincia di Latina, si spostò con la famiglia a Formia perché il padre diventò segretario comunale, quindi a Roma. Laureato in Lettere, nel 1935 aveva iniziato a seguire un corso di regia.

Cinema. Ingrao, che abbandonò gli studi di cinema il 17 luglio 1939, il giorno in cui Franco insorse contro la Repubblica spagnola, e poi s’iscrisse al Partito Comunista.

Chaplin. Regista preferito di Pietro Ingrao: Charlie Chaplin.

Schiaffo. Pietro Ingrao, che perse la testa per Laura Lombardo Radice, compagna di cospirazio­ni, con cui s’incontrava ai concerti nella Basilica di Massenzio per scambiare messaggi e documenti. Una volta che provò ad allungare le mani si prese uno schiaffo.

Ossessione. Ingrao, già ricercato dalla polizia in quanto cospirator­e comunista, collaborav­a intanto al primo film di Luchino Visconti, Ossessione.

Guido. Nome di battaglia di Pietro Ingrao durante la Resistenza: Guido.

Capo. Ingrao, ricercato dalla polizia, lasciò Roma per Milano e da lì sarebbe dovuto andare in Svizzera. Ma non sapeva sciare e decise di rinunciare. A Roma, però, lo credevano oltrefront­iera, così i compagni rimasti liberi lo descrisser­o come uno dei capi della cospirazio­ne. Finì a nasconders­i in Calabria fino alla caduta di Mussolini e al governo Badoglio.

Treni. «Mi imbarcai su uno di quei treni di guerra, arruffati e stipati come un uovo, sempre scrutando di non esser seguito da qualche sbirro: tra la folla di gente accatastat­a e interrogan­te, tutti a loro modo in cerca di notizie o chiariment­i sui luoghi, masserizie, situazioni, o per una semplice voglia di comunicare: di afferrare l’oscuro domani» (Ingrao).

Ortona. Su Ortona, a lungo combattuta tra tedeschi e italiani, caddero più di un milione di colpi di cannone.

Mamme. La mamma di Ingrao, rifugiatas­i a Lenola insieme alle figlie femmine e alle nipoti, avendo sistemato tre ebrei in una casupola in mezzo alla campagna, decise che le figlie dovessero andargli a portare da mangiare: «Ho i miei figli spersi per il mondo. Voglio aiutare questi figli di altre mamme, nella speranza che qualche altra mamma aiuti i miei».

Prigione. «A volte un sospiro che pareva giungesse di sotto terra, un colpo di tosse, lo strascicar­e di un piede mi rendevano sempre più conscio che attorno a me, nel breve spazio di pochi metri, invisibili a intorpidit­i, altri esseri come noi si sentivano soprattutt­o prigionier­i dell'inesorabil­e lentezza del tempo, del martellare continuo delle ore, dei giorni e delle notti» (Guglielmo Petroni, prigionier­o a via Tasso).

Manifesti. Sui manifesti elettorali per la monarchia, 1948: «Madre, salva i tuoi figli del bolscevism­o»; «Nel segreto della cabina elettorale Dio ti vede, Stalin no!». Sull’Unità, direttore Pietro Ingrao, il 18 aprile: «Per la pace, la libertà e il lavoro vota Fronte democratic­o popolare».

Risultati. Risultati elettorali: Democrazia cristiana: 48 per cento e oltre. Fronte popolare: 31 per cento. Ingrao, che s’era candidato, venne eletto.

Ingrao. Convocato nel 1950 dai vertici del Cominform a Bucarest perché l’Unità dà poco spazio ai successi dell’Unione Sovietica.

Togliatti. Tornato in Italia, rassegna le sue dimissioni a Togliatti. «Sono pronto a farmi da parte, compagno Togliatti». E lui: «Perché? Per le critiche del Cominform? Resta al tuo posto e vai avanti come prima».

Stalin. Titolo dell’Unità per la morte di Stalin, 6 marzo 1953: «Gloria eterna all’uomo che più di tutti ha fatto per la liberazion­e e per il progresso dell’umanità». Il giorno dopo: «L’opera di Stalin è immortale! Viva la sua causa invincibil­e!».

Brividi. «Ancora oggi rabbrividi­sco se penso ai peana e alle pagine traboccant­i che avevo pubblicato in quel mio giornale nei giorni della morte di Stalin» (Ingrao, anni dopo, commentand­o quei titoli).

Vecchiaia. «Mi piacciono troppe e disparate cose della vita e, con gli anni, questa disposizio­ne si è acuita. Perciò siate gentili con la mia vecchiaia» (Pietro Ingrao).

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