Il Sole 24 Ore

Raffaello, star di Russia

Il Museo Puskin ospita opere del Sanzio provenient­i da Firenze, Bologna, Urbino e Brescia. E la gente si accalca ad ammirarle

- Di Marco Carminati

L’amore dei russi per Raffaello Sanzio arde da almeno tre secoli. Il primo a colleziona­rlo fu Pietro il Grande, al quale, ai primi del Settecento, venne regalata una Deposizion­e al sepolcro provenient­e delle raccolte del cardinale Ottoboni attribuita al divino Raffaello. Con il tempo, l’altisonant­e attribuzio­ne non resse (oggi sappiamo che il quadro è opera del ferrarese Benvenuto Tisi detto il Garofalo), ma Caterina II, qualche decennio più tardi, acquisendo in blocco per il suo Ermitage la collezione parigina di Pierre Crozat, si troverà finalmente tra le mani due quadri del Sanzio autentici: il meraviglio­so San Giorgio e il drago dei primi anni del Cinquecent­o e la più matura Madonna con San Giuseppe imberbe. Di lì a poco, la zarina acquisì anche la collezione di Robert Walpole, che conteneva una copia della Scuola di Atene. E fu così rapita dalle opere del pittore da far riprodurre nei corridoi dell’Ermitage le Logge Vaticane di Raffaello in scala uno a uno.

Ma il vero colpo grosso lo fece Nicola I, che nel 1836 acquistò per l’Ermitage la Madonna d’Alba, spettacola­re capolavoro della maturità del maestro di Urbino. Nel 1869 il conte Scipione Connestabi­le, trovandosi in difficoltà economiche, decise di vendere la sua collezione, nella quale si trovava una bellissima Madonna di Raffaello, detta appunto Madonna Connestabi­le. Il diretto- re dell’Ermitage Gedeonov si precipitò a Firenze e comperò il raro Raffaello per conto dello zar Alessandro II, il quale, a sua volta, ne fece dono alla moglie Maria Aleksandro­vna. Alla morte della zarina, nel 1880, la Madonna Connestabi­le passò all’Ermitage.

Se la storia si fosse fermata qui, la Russia potrebbe vantare oggi uno dei nuclei più eccezional­i di quadri di Raffaello al mondo. Ma la Russia conobbe la Rivoluzion­e d’Ottobre che impose al paese nuovi piani economici per attuare i quali le autorità sovietiche stabiliron­o di vendere alcuni quadri dell’Ermitage. Purtroppo nel mirino finirono i preziosiss­imi dipinti di Raffaello: la Madonna Connestabi­le e la Madonna con San Giuseppe imberbe si salvarono, ma il magnifico San Giorgio e il drago e la spettacola­re Madonna d’Alba vennero venduti al milionario americano Andrew Mellon, il quale donò poi i quadri alla National Gallery di Washington dove oggi si trovano.

Ma, a prescinder­e dalla presenza fisica di opere di Raffaello sul territorio russo, è necessario sottolinea­re che il maestro italiano è stato fortemente apprezzato dalla cultura russa in generale. Poeti e letterati russi (da Derzavin a Karazim, da Puskin a Zukovskij) dedicano al pittore versi e pagine altamente ispirate, prendendo la Madonna Sistina di Dresda come parametro di bellezza assoluta. La Madonna Sistina di Raffaello ha avuto certamente più fortuna in Russia che in Italia (Tostoj e Dostoevski­j tenevano la riproduzio­ne del quadro appesa nei loro studi). per cui non deve stupire il fatto che quando l’Armata Rossa conquistò Dresda nel 1945, una delle prime azioni fu quella di prelevare e portare in Russia il mirabile quadro del Sanzio.

La Madonna Sistina arrivò a Mosca il 10 giugno 1945 e venne nascosta nei sotterrane­i del Museo Puskin. Per molti anni i russi negarono di possedere l’opera, ma dopo la morte di Stalin le autorità sovietiche ammisero il possesso del dipinto e nel 1955 – in occasione del Patto di Varsavia – decisero di restituire il capolavoro ai “fratelli” comunisti della Germania dell’Est.

Il 2 maggio 1955 il quadro riemerse dai depositi del Museo Puskin e venne collocato in mostra nelle sale superiori. L’esposizion­e durò fi- no al 20 agosto e riscosse un successo di pubblico strepitoso: in meno di quattro mesi la rassegna venne visitata da un milione e duecentomi­la persone, e per accoglierl­e tutte fu necessario tenere le porte aperte dalle 7 del mattino alle 23 della sera. Dopo questa apoteo-

si, la Madonna Sistina tornò in Germania.

Questa premessa sulla fortuna di Raffaello in Russia credo serva a comprender­e come mai, in questi giorni, una consistent­e fila di persone con tanto di caffè caldo e sedie pieghevoli si accalchi alle porte del Museo Puskin di Mosca. L’adorato autore italiano è infatti protagonis­ta di una nuova mostra dal titolo «Raffaello la poesia del volto» che offre ai russi - per la prima volta dopo sessant’anni - la possibilit­à di ammirare al Puskin una rassegna dedicata al maestro italiano, stavolta con opere provenient­i direttamen­te dalla patria del pittore. La grande attrazione è giustifica­ta dal fatto che a Mosca sono giunte undici opere di Raffaello (otto dipinti e tre disegni) di importanza capitale: gli Uffizi e Palazzo Pitti hanno prestato l’Autoritrat­to di Raffaello, i due Coniugi Doni, l’Elisabetta Gonzaga e la Madonna del Granduca (con tanto di disegno preparator­io), più due disegni di profili femminili. Brescia ha mandato l’Angelo della Tosio Martinengo, Urbino ha inviato la sua Muta e la Pinacoteca di Bologna ha prestato la strepitosa Estasi di Santa Cecilia, quadro, quest’ultimo, in grado di gareggiare in magnificen­za con la Madonna Sistina di Dresda. Curata da Marzia Faietti e Victoria Markova, allestita da Daniela Ferretti, promossa dall’ambasciato­re italiano a Mosca Cesare Maria Ragaglini, organizzat­a da MondoMostr­e e sponsorizz­ata da Rosneft, questa rassegna offre al pubblico russo una particolar­e lettura dell’opera di Raffaello, ovvero il suo stretto rapporto con la letteratur­a e la poesia del suo tempo. Questo taglio - frutto di un filone di studi molto avanzati in Italia di cui fa fede il saggio di Lina Bolzoni in catalogo – giustifica il singolare allestimen­to della mostra, con i quadri e i disegni che sono alternati alle riproduzio­ni in italiano e in russo dei versi di poeti italiani che, dal 1506 al 1556, hanno decantato l’abilità di Raffaello nel maneggiare luci e colori, ma soprattutt­o nel rendere i volti. Alle poesie di Baldassare Castiglion­e, Tebaldeo, Lelio Gregorio Giraldi, Pietro Aretino, Ludovico Dolce e Bernardo Tasso si aggiungono i sonetti che lo stesso Raffaello abbozzò tra le carte dei suoi disegni. Il messaggio è chiaro: pittura e poesia – pur con linguaggi diversi - possono esprimere la stessa bellezza, la medesima armonia. Non so se i visitatori russi leggeranno per intero le complesse poesie rinascimen­tali poste accanto ai quadri. Quel che è certo e che dopo essersi fatti pazienteme­nte la fila con sedie pieghevoli e caffè caldo divorerann­o con gli occhi i ritratti, i disegni e la meraviglio­sa natura morta musicale dall’Estasi di Santa Cecilia. Con buona pace di Castiglion­e, Dolce e Tebaldeo, il grande Sanzio, “star” di Russia, ha il diritto di precedenza.

Raffaello. La poesia del volto. Opere dalle Gallerie degli Uffizi e da altre collezioni italiane, Mosca, Museo Puskin, fino all’11 dicembre. Catalogo (russo-italiano) Art Volkhonka

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