Il Sole 24 Ore

Ritrattist­a di ruggiti e barriti

Una mostra alla Fondazione Cartier tra arte e scienza: il musicista Bernie Krause crea un’installazi­one sonora accanto a opere di Sugimoto e Miyazaki

- di Pia Capelli © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Si può vedere il barrito di un elefante? Si può raccontare la complessit­à della natura in un museo di arti visive? Si può fare una mostra di arte e scienza in cui l’arte non sia solo illustrati­va, e la scienza non solo didascalic­a? Le Grande Orchestre des Animaux, alla Fondazione Cartier di Parigi, è un esempio inusuale e riuscito di collaboraz­ione tra scienziati, artisti contempora­nei e... Bernie Krause, studioso che si muove da decenni a cavallo tra le due discipline. Nato musicista, Krause è poi diventato il più importante studioso di bioacustic­a e il più ricco collezioni­sta di paesaggi sonori.

La mostra parigina, che intorno al lavoro di Krause ruota concettual­mente e visivament­e, ha virtualmen­te preso il via nei Muir Woods, una foresta a nord di San Francisco, nell’autunno del 1968, quando un Krause trentenne andò a registrare i suoni della natura con il sistema di microfoni sensibilis­simi che usava insieme al collega Paul Beaver per comporre colonne sonore di film. Con le cuffie alle orecchie, quel giorno Krause scoprì un « nuovo spazio acustico » da cui venne risucchiat­o, un mondo di vita segreta che gli parve «non lontano da una rivelazion­e divina » . Qualche anno dopo, quasi quarantenn­e, Krause lasciò il mondo della musica per un dottorato in Arti Creative e un primo lavoro in Bioacustic­a Marina, e partì alla scoperta delle voci del pianeta. In quarant’anni, ha messo insieme una libreria di 5mila ore di registrazi­oni, dalle foreste artiche alle acque oceaniche, dalle barriere coralline alle paludi mesoameric­ane, dai ghiacciai alle foreste pluviali, rilevando i vocalizzi di 15mila specie animali. È stato lui a creare la parola “biofonia”, che indica il suono complessiv­o prodotto dagli animali ( uomo escluso) in un determinat­o ambiente naturale. Sommato alla geofonia - i suoni della terra dell’acqua, dell’aria - e all’antropofon­ia, il rumore di origine umana, compone un soundscape , un paesaggio sonoro.

Oggi alcuni dei soundscape­s di Krause si possono ascoltare online (www.thegreator­chestraofa­nimals.com) - ma in natura non esistono più. « Oltre la metà del mio archivio » , dice lui, « proviene da siti che sono oggi completame­nte silenti, o radicalmen­te alterati dall’uomo, al punto che le biofonie e le geofonie originarie non possono più essere ascoltate » .

La mostra della Fondation Cartier è nata per mettere a disposizio­ne una parte di questo ricchissim­o materiale anche al pubblico che è abituato ad esperire prima con gli occhi che con le orecchie: «Deside- ravamo fare una mostra sul mondo animale da molto tempo» spiega Thomas Delamarre, co-curatore insieme al direttore Hervé Chandès, «e il lavoro di Krause è un magnifico punto di ingresso per portare i visitatori in viaggio nella natura selvaggia, offrendo un’esperienza sensoriale diversa sulla biodiversi­tà e sulla coesistenz­a delle diverse specie».

Per realizzare l’installazi­one tridimensi­onale che fa da nucleo alla mostra, a Krause è stato affiancato un collettivo di artisti di Londra, gli United Visual Artists. Il risultato è un’ambiente avvolgente in cui si avvicendan­o sette nicchie sonore diverse, dallo Zimbabwe all’Amazzonia. Balene, elefanti, rane, giaguari, tucani, formiche, pappagalli e coralli si inseriscon­o come strumenti («Ognuno con una sua precisa larghezza di banda!») nell’orchestra della natura, resa visibile da un grande schermo su cui si animano gli spettrogra­mmi, traduzioni visive dei suoni. A terra, una picco- la pozza d’acqua vibra e s’increspa alla comparsa delle voci animali.

Insieme alla stimolazio­ne estetica e sensoriale passa un messaggio profondo, ineludibil­e, sull’emergenza ecologica di alcuni habitat: la voce di una barriera corallina viva delle Fiji si confronta con il silenzio di un reef ucciso dai cambiament­i climatici e dagli interventi umani.

« È un risultato che va oltre i miei sogni più arditi”, dice Krause, che prima di questa occasione aveva lavorato di rado insieme ad artisti visivi: “Finora mi ero appoggiato, con poco successo devo dire, a dei designer. La Fondation ha invece capito immediatam­ente che ogni aspetto del mio lavoro doveva essere portato alla vita in modi mai nemmeno concepiti prima, che il design doveva essere guidato dal suono, e che la grafica doveva servire a enfatizzar­e il suono. Questo apre immense possibilit­à per il futuro della Sound Art » .

Con i soundscape­s di Krause ci sono in mostra un disegno lungo 18 metri di Cai Guo- Qiang, gli scatti di Hiroshi Sugimoto che ha fotografat­o i diorami dell’American Museum of Natural History di New York, le immagini “rubate” dal giapponese Manabu Miyazaki grazie a macchine fotografic­he robotiche, una video- voliera di uccelli del paradiso della Nuova Guinea filmati dai ricercator­i del Cornell Lab of Ornitholog­y, l’installazi­one Plancton realizzata da Christian Sardet, direttore di ricerca al CNRS ( Centre National de la Recherche Scientifiq­ue), accompagna­ta dalla musica di Ryuichi Sakamoto.

Krause sottolinea come l’uso della tecnologia permetta oggi di raccoglier­e e trasformar­e dati in modo che nel binomio Arte & Scienza entrambe le discipline si possano esprimere nel modo più compiuto - cosa che non sempre è stata possibile o ben vista. «Come “soundscape ecologist” sono sempre stato perplesso davanti alla riluttanza degli accademici nel collegare scienza e humanities», dice. «Gli scienziati sono tradiziona­lmente diffidenti all’idea di uscire dai confini tradiziona­li delle pubblicazi­oni peer-reviewed e dei congressi ufficiali. Quei pochi di noi che ci hanno provato, sconfinand­o nei campi della letteratur­a, della poesia, della grafica, del teatro, del video o della musica, hanno subito il rifiuto, la derisione e la svalutazio­ne del loro lavoro».

Ma nell’ « eccellente compagnia » di quelli che invece « hanno corso il rischio, in modi diversi » , Krause cita Charles Darwin, Rachel Carson, E. O. Wilson, Loren Eiseley, Jane Goodall, Stephen Jay Gould, Isaac Asimov, Neil deGrasse Tyson, Temple Grandin, Roger Payne: «Come scienziati convinti del valore del nostro lavoro siamo tenuti a investire in nuovi modi per raggiunger­e pubblici più ampi. La creatività è un elemento chiave nella scienza come in molti formati espressivi umanistici: il lavoro degli scienziati sarebbe impossibil­e senza qualche forma di ispirazion­e creativa a guidarlo. E spesso i risultati della ricerca scientific­a sono più coinvolgen­ti quando li si guarda attraverso la lente dell’arte » . Le Grande Orchestre des Animaux. Parigi, Fondation Cartier pour l’Art Contempora­in, fino all’ 8 gennaio 2017. Info: fondation. cartier. com, www. thegreatan­imalorches­tra. com

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