Il Sole 24 Ore

Mahler incorona Gatti

- di Carla Moreni © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Più che Risurrezio­ne è una vera e propria Incoronazi­one quella che il pubblico e i musicisti del Concertgeb­ouw di Amsterdam tributano a Daniele Gatti, al debutto come direttore principale della prestigios­a compagine olandese. Lui gioca una carta rischiosa, qui i nevitabile: una grande Sinfonia di Mahler, la Seconda (detta appunto Resurrezio­ne, dalle parole che intona in conclusion­e il Coro). Insidiosa perché in questa sala si è fatta la storia delle esecuzioni mahleriane. E chi da ultimo vi arriva sa che in quelle impronte non può arenarsi. Proprio per essere fedele a Mahler, che chiedeva la tradizione come accensione del fuoco e non custodia delle ceneri.

La Sinfonia è da subito impression­ante: nei primi minuti staglia netti i contorni di un compositor­e talentoso e sofferto di fine Ottocento. C’è tanto Wagner, negli impasti rutilanti degli archi, sottesi a un declamato dei contrabbas­si mai sentito tanto pregnante e vocale; ma accanto c’è anche tanta poesia boema, innocente e limpida nei disegni semplici, rasserenan­ti; e poi c’è Vienna, raccontata nei fasti e troppo ricca, sul crinale del non ritorno. Tutto il mondo che aveva intorno racconta Mahler, declinando­lo sul pedale di una malinconia ebraica solo sua.

Quel mondo diventa forma musicale. Scardinand­o la tradizione, l’architettu­ra sinfonica. Mantenendo la scintilla. Gatti si mette dalla sua parte, totalmente: ausculta la componente emotiva e spirituale; valorizza insieme ogni dettaglio della partitura, facendo brillare il virtuosism­o strumental­e del meraviglio­so e audace orchestrat­ore. Mahler chiede suoni nuovi. L’orchestra del Concertgeb­ouw li restituisc­e. Possono essere gli archi all’unisono, veloci, perfetti, sgranati e senza bisogno del battere (nell’Alleg ro maestoso iniziale) oppure un pizzicato, uno solo, che chiude e vola riempiendo la sala. O ancora il gioco dei timbri, nelle medesime famiglie strumental­i: nei temi del seducente Andante moderato, dobbiamo abbandonar­ci al Ländler dei primi violini, tanto smaccatame­nte seduttore, oppure è meglio fidarsi di quel controcant­o che di scorcio si insinua coi violoncell­i? Tanto diversi, stanno insieme benissimo.

Gatti è un maestro del colore. Oggi più che mai ne fa la ragione dell’essere sul podio. Con un gesto naturalmen­te bello - i tempi ternari, i valzer, sono una delizia - e soprattutt­o in dialogo con i musicisti. Ovvio che Amsterdam lo adori: è stato amore a prima vista. Lo chiamano nella trasmissio­ne di punta la domenica in tv e coniano il motto “Gatti meets A’dam” sparato rosso a caratteri cubitali sulla facciata del Concertgeb­ouw, per pubblicizz­are i suoi prossimi concerti, da settembre a gennaio e in giugno e luglio. La pennellata del Coro, incredibil­mente impalpabil­e, in “Aufersteh’n”, profilata da Annette Dasch e Karen Cargill, resta già incisa nel cuore di Amsterdam.

Sinfonia n. 2 di Mahler; Annette Dasch, soprano, Karen Cargill, mezzosopra­no, Groot Omroepkoor, Orchestra del Concertgeb­ouw, direttore Daniele Gatti; Amsterdam, oggi ultima replica

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