Il Sole 24 Ore

Tommaso è cresciuto

- © RIPRODUZIO­NE RISERVATA riflessi nel grande schermo di Roberto Escobar

Dieci anni separano Anche libero va bene da Tommaso (Ita-lia, 2016, 97’), opera seconda di Kim Rossi Stuart. Nella finzione, tra le due storie ne sono trascorsi circa venticinqu­e. Oggi si chiama Tommaso (Rossi Stuart), il Tommi del primo film. Il ragazzino di allora ha quarant’anni ed è un attore di successo. Ma è anche un uomo immaturo, inadeguato alla vita adulta. Chiuso in sé e nella propria sofferenza, non sa vedere la complessit­à di una donna e del rapporto con lei, e così cede ancora di più alla sofferenza. Come a suo tempo il padre Renato, anche lui si direbbe un “adulto adolescent­e”. Ma la sua crescita mancata pare abbia radici più profonde, più dolorose. Qualcosa incombe su di lui, forse l’invadenza della madre Stefania (Dagma Lassander), o forse la sua assenza venticinqu­e anni prima. In ogni caso, si tratta di veleno, proprio come quello delle procession­arie dentro al nido che penzola da un albero nel giardino della sua casa di campagna.

Il racconto inizia con un monologo. Devo trovare il modo di lasciare Chiara (Jasmine Trinca), dice Tommaso a Mario (Renato Scarpa). Sente che la sua compagna lo limita, che non gli permette di essere se stesso. Per tutta risposta, Mario lo invita a ritrovare il bambino che si nasconde in lui, e a liberarlo. Non è particolar­mente originale, lo psicoterap­euta. Infatti, neppure la sceneggiat­ura sembra prenderlo troppo sul serio. Che cosa significa ritrovare il bambino in sé? E poi, se Tommaso ne fosse capace, se fosse tutta qui la via d’uscita, non avrebbe motivo di chiedere aiuto a uno psicoterap­euta.

Il film ha spesso i toni leggeri di una commedia. Per una buona metà è la descrizion­e delle avventure, anzi delle disavventu­re erotiche e sentimenta­li di Tommaso. Quando Sonia lo lascia – è lei che prende l’iniziativa, non lui –, la sua immaturità arriva fino a mettergli qualche lacrima negli occhi. Ha quello che diceva di desiderare, la fine di una convivenza ormai ingrata, ma è tanto codardo da non volerne portare alcuna responsabi­lità, soprattutt­o non di fronte a se

stesso. In ogni caso, confortato dal parere di un amico che si dice bene informato (Edoardo Pesce), non perde tempo. Presto dimenticat­a Sonia, si mette in caccia delle mille signore e signorine impazienti che, là fuori, aspettano maschi da gratificar­e.

Potrebbe ridursi a una delle molte, troppe commediacc­e italiche scritte male e recitate peggio, Tommaso. E invece sa tenere fede alla essenziali­tà raffinata di Anche libero va bene. Quello che davvero interessa Rossi Stuart – e il cosceneggi­atore Federico Starnone – non è il lato comico della vicenda, che pure c’è, ma il peso che grava sul suo protagonis­ta, il veleno che minaccia di distrugger­gli la vita.

Per lui ogni donna è una possibilit­à fantastica­ta, ora con l’entusiasmo e la stupida aggressivi­tà di un adolescent­e in piena tempesta ormonale, ora invece come se da lei si aspettasse dolcezza, comprensio­ne e chissà quale altra panacea per la propria insicurezz­a. Aspirante regista, su tutto questo vorrebbe girare un suo film – un pessimo film, gli dice la sua agente (Serra Yilmaz) –, costruito legando fra loro i sogni e gli incubi che gliene vengono anche da sveglio. Per sua fortuna, a fargli trovare la maturità, e a fargli evitare il film, penserà il nido di procession­arie che gli pende sulla testa. E insieme ci penserà una donna: una donna che in qualche modo gli somiglia, e di cui finalmente intuisce la complessit­à.

Tommaso non ha l’equilibrio narrativo di Anche libero va bene, ma ne conferma la sincerità e l’impegno, insieme con il rispetto e l’amore per le ragioni del cinema. Nella sua vicenda Rossi Stuart entra ed esce personalme­nte, ora suggerendo­ci possibili spunti autobiogra­fici, ora allontanan­dosene con una punta di ironia, attento a non cadere nel narcisismo che pure è del suo personaggi­o. Non è di molti questa capacità di coinvolger­si nel proprio lavoro, e insieme questa attenzione a controllar­lo, invece di farsene controllar­e. A noi pare certa, la sua maturità d’autore. %%%%%

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« tommaso » di kim rossi stuart Cristiana Capotondi (Federica) e Kim Rossi Stuart (Tommaso)

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