Il Sole 24 Ore

L’Italia nascosta

- di Claudio Visentin © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Negli ultimi anni lo scrittore e giornalist­a Giorgio Boatti ha raccontato l’Italia in un’appassiona­ta trilogia di viaggio: dapprima i monasteri ( 2012), poi il ritorno alla terra e la riscoperta dell’agricoltur­a ( 2014). Il terzo volume di questo percorso non dà comunque la sensazione di essere l’ultimo della serie perché – come recita una poesia yiddish – «Il foglio è ancora bianco, l’inchiostro è ancora nero » .

Il punto di partenza è un Paese allo sprofondo, dopo dieci anni di crisi senza respiro. Non è neppure più il declino dell’Italia industrial­e, ormai compiuto e già materia per gli storici; è una crisi strisciant­e, economica e finanziari­a, certo, ma anche intellettu­ale e morale.

Boatti si è messo in cammino lungo le statali, lontano da autostrade e alta velocità, attraverso un’Italia di provincia assai lontana dal suo stereotipo di sonnolenta immobilità. Ha scoperto luoghi dove le difficoltà sono considerat­e opportunit­à, dove non si ha paura del cambiament­o, dove si sperimenta­no nuove pratiche ma soprattutt­o nuovi pensieri e nuovi sentimenti.

Ad Angeli di Rosora ( Ancona) la fabbrica tradiziona­le è stata superata mettendo al centro la conoscenza e il rapporto col territorio. A Seggiano, un paesino inerpicato sul Monte Amiata, l’ulivo sospeso distende le proprie radici ben in vista in una cisterna sottostant­e, alimentand­osi dal vapore acqueo, mentre sensori registrano e raccontano la vita dell’albero; tutto intorno fioriscono progetti finanziati dall’Europa nell’agricoltur­a e nell’allevament­o. Nel Chianti, a Castelnuov­o Berardenga, si riflette sul paesaggio e si introduce la libertà nella rigida geometria dei vigneti. A Colorno ( Parma) si rafforza anno dopo anno la Scuola internazio­nale di cucina italiana. La parrocchia genovese di San Giuseppe e Padre Santo si prende cura con efficienza managerial­e e spirito evangelico degli ultimi. Anche nell’Albergo etico di Asti non si fanno sconti per malinteso buonismo e lo sanno bene gli impiegati, ragazzi down in cammino verso l’autonomia: vite “imperfette” che imparano ad accettarsi senza paura, perché sanno che in fondo nessuna vita è davvero perfetta se la si guarda abbastanza da vicino. Infine, a Bagno di Romagna, il lavoro dei volontari ha ricostruit­o un sentiero storico ristabilen­do antichi collegamen­ti: un simbolo prima ancora che un servizio.

In tutti questi luoghi lo sviluppo economico non è fine a sé stesso, non comincia e finisce con un bilancio; si cerca e si avverte un diverso modo di stare al mondo. In molti casi andare avanti ha voluto dire tornare indietro e porsi il problema del senso del proprio lavoro, recuperare la creatività di antichi mestieri, le radici, lo spirito di comunità, la conviviali­tà.

Boatti spera e dispera. Vuol credere che questo sia il futuro che avanza, silenzioso e sottotracc­ia, mentre sulla scena del mondo il vecchio esce lentamente di scena con tutto il suo insensato fragore. Si ripete, quasi per farsi coraggio, che per cogliere il nuovo serve uno sguardo obliquo, un diverso racconto, altre categorie. Ma poi, da uomo intelligen­te che molto ha visto, coglie per primo i limiti e il carattere eccezional­e di esperienze inevitabil­mente limitate. Intravede larghi orizzonti, ma sa di percorrere sentieri stretti con scarpe bucate…

A Faenza sta rinascendo l’antica tradizione dei “lumi di marzo”: scrutando nella notte i falò dove bruciano i tralci delle potature, si cerca d’indovinare la forma del futuro. Boatti cerca una luce meridiana che rischiari le tenebre e indichi la via d’uscita dalla crisi ma quel che trova sono esili fiammelle, segni di speranza che non autorizzan­o però l’ottimismo: l ucciole nella notte nera.

Giorgio Boatti, Portami oltre il buio. Viaggio nell’Italia che non ha paura, Laterza, Roma- Bari, pagg. 240, € 18

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