Italicum, sì alla mozione di maggioranza Ma la sinistra Pd diserta il voto
La minoranza Dem diserta il voto - Bersani: non è una cosa seria - Fi: ammuina di Renzi
La Camera dice sì alla mozione di maggioranza sull’Italicum che chiede ai gruppi parlamentari di mostrare le proprie proposte di modifica per valutare possibili convergenze. Il Pd però si spacca: la minoranza infatti non ha partecipato al voto.
«La Camera si impegna ad avviare, nelle sedi competenti, una discussione sulla legge 6 maggio 2015, n. 52, al fine di consentire ai diversi gruppi parlamentari di esplicitare le proprie eventuali proposte di modifica della legge elettorale attualmente vigente e valutare la possibile convergenza sulle suddette proposte».
Eccolo, il testo della mozione della maggioranza (Pd più centristi di Alfano) promosso ieri dalla Camera dei deputati. Un testo volutamente generico che tuttavia - si fa notare ai piani alti del Nazareno - mette per iscritto la disponibilità del governo e del Pd di modificare l’Italicum qualora ci fossero proposte migliorative alternative. Un testo a cui hanno lavorato a lungo il capogruppo dei deputati dem Ettore Rosato e il vice segretario del Pd Lorenzo Guerini per evitare la spaccatura con i centristi, che avevano già annunciato una loro mozione con cui si chiedeva il ritorno al premio di coalizione invece che alla lista e l’abolizione del ballottaggio nazionale se nessuna lista riesce a superare il 40% dei voti (due punti sui quali, come spieghiamo nell’articolo qui sotto, il premier e segretario del Pd Matteo Renzi resta contrario). Ma per ricucire con gli alleati centristi i vertici dem hanno corso il rischio calcolato di perdere pezzi al loro interno: la minoranza cuperlian-bersaniana, dopo una riunione a fine mattinata, ha infatti deciso di non partecipare al voto. I sì mancanti alla mozione della maggioranza sono stati 42, di cui solo 24 “ingiustificati” e quindi frutto di scelta politica.
È Pier Luigi Bersani a rendere chiara la posizione della minoranza: «La mozione della maggioranza è tutta polenta, tutta tattica - dice con il suo linguaggio colorito -. A tutto c’è un limite e voglio ricordare che le volpi finiscono in pellicceria». Fuor di metafora, l’ex leader del Pd spiega: «Basta leggere per capire che lì non c’è nulla. Io ho chiesto che il governo prendesse un’iniziativa comparabile con quella che prese con l’Italicum, quando arrivò fino al punto di togliere dalla commissione chi non era d’accordo». E di mozione «ridicola e farsesca», di «un’ammuina di Renzi» parla non a caso anche il capogruppo di Forza Itala alla Camera Renato Brunetta.
Ma quali sono le proposte delle opposizioni sollecitate dal premier a voce e dalla mozione della maggioranza per iscritto? Solo il M5s, come preannunciato e presentando un proprio documento, ha detto che legge vorrebbe: un proporzionale con preferenze simile a quello vigente in Italia dal 1946 al 1992 (da qui l’accusa del Pd di voler tornare alla Prima Repubblica). Tutto il centrodestra (Fi, Lega e Fdi) ha invece presentato una mozione che impegna la Camera a modificare l’Italicum «in tempi strettissimi», però solo dopo il referendum. Mozioni che sono state respinte dall’Aula, così come è stata respinta la mozione di Sinistra italiana (votata anche dal M5S) che ha dato il via al dibat- tito e al voto e che giudica l’Italicum incostituzionale.
La posizione di Fi e della Lega, in particolare, fa il gioco del premier nel certificare che ogni discussione è rimandata a dopo lo svolgimento del referendum. Assieme alla decisione della Consulta di rimandare l’udienza del 4 ottobre sui ricorsi contro l’Italicum, la posizione del centrodestra aiuta Renzi nel tentativo di sterilizzare l’argomento-chiave della minoranza a sostegno del No al referendum, ossia l’idea che non si possa votare Sì alla riforma costituzionale che abolisce il Senato elettivo perché con la legge elettorale vigente si rischierebbe un sistema troppo sbilanciato sul governo. L’apertura del governo a discutere di modifiche all’Italicum, sincera o meno che sia, è comunque ora scritta nero su bianco. Da qui le differenziazioni in seno alla minoranza dem, con Gianni Cuperlo che usa toni diversi da quelli usati da Bersani e da Roberto Speranza: «La mozione la considero un atto di apertura - dice l’ex competitor di Renzi alle ultime primarie del Pd - anche se non indica tempi, modalità e forme del percorso». Adesso il sipario sulla legge elettorale si chiude, almeno nelle intenzioni di Renzi, che sta per aprire quello sulla campagna referendaria.
LA STRATEGIA Al testo hanno lavorato Rosato e Guerini per evitare che i centristi chiedessero il ritorno al premio di coalizione e l’abolizione del ballottaggio