Bce: il jobs act aiuta l’occupazione in Italia ma Germania e Spagna corrono di più
L a crescita dell’occupazione in Italia ha accelerato negli ultimi quattro trimestri e dovrebbe beneficiare in futuro degli effetti del Jobs act, secondo uno studio diffuso ieri dalla Banca centrale europea. L’Italia e la Francia restano comunque indietro in termini di creazione di posti di lavoro rispetto alle altre due grandi economie dell’eurozona, Germania e Spagna, dove misure di riforma del mercato del lavoro sono state realizzate molto prima. « Ci sono elementi - afferma lo studio - che suggeriscono che le recenti riforme hanno contribuito ad aumentare l’occupazione » . Il presidente della Bce, Mario Draghi, insiste da tempo che le riforme strutturali devono accompagnare la politica monetaria per ottenere una crescita più robusta e duratura.
Nello studio, gli economisti della Bce rilevano che la crescita dell’occupazione nell’eurozona dopo la crisi, e dopo aver toccato il fondo nel 2013, è stata superiore a quella che ci si poteva attendere sulla base dell’andamento dell’economia, ed è quindi una «sorpresa positiva». All’inizio del 2013 la disoccupazione nella zona euro era a livelli record, sopra il 12%, ed è scesa al 10%.
Solo ora tuttavia i livelli occupazionali stanno recuperando quelli di prima dello scoppio della crisi globale nel 2008, in netto ritardo rispetto agli Stati Uniti. Dai minimi del 2013, comunque, sono stati creati nell’area euro 3,8 milioni di posti di lavoro.
Il rimbalzo dell’occupazione nell’eurozona è stato provocato principalmente dalla Germania, dove i posti di lavoro hanno segnato un modesto declino anche durante la recessione, grazie tra l’altro all’applicazione del kurzarbeit, la riduzione delle ore di lavoro, e dalla Spagna. I due terzi circa dei posti di lavoro creati nell’area euro dalla metà del 2013 sono stati in questi due Paesi. La Germania ha riformato il mercato del lavoro a metà del decennio passato e la Spagna già nel corso della recessione. Francia e Italia hanno invece contribuito alla crescita dell’occupazione nell’area della moneta unica solo per il 13%, anche se la Bce riconosce l’accelerazione ottenuta in Italia negli ultimi quattro trimestri e sottolinea l’aspettativa che le riforme continuino a portare benefici in futuro. Lo studio peraltro differenzia fra riforme più strutturali, come quelle realizzate in Germania e Spagna, con effetti permanenti, e altre, basate sull’applicazione di incentivi fiscali come in Italia.
I risultati delle riforme in Germania e Spagna e, più recentemente, in Italia, osserva la Bce, possono incoraggiare altri Paesi ad intraprendere a loro volta misure per il mercato del lavoro. Tra gli altri che hanno introdotto riforme approfondite in quest’area lo studio cita Portogallo, Grecia e Cipro, che hanno adottato le misure in cambio dei salvataggi europei.
Non tutto il miglioramento dell’occupazione può essere però attribuito alle riforme: lo studio osserva che buona parte della crescita negli ultimi anni è venuta da settori, come i servizi, dove l’impiego del fattore lavoro è più intensivo. Inoltre è stato in parte ottenuto con la riduzione delle ore lavorate per persona: un terzo dei nuovi posti è part-time.
Il recupero dell’occupazione ha peraltro un rovescio della medaglia, la minor crescita della produttività, in parte anch’esso causato dallo spostamento settoriale verso i servizi, dove tipicamente la produttività è più bassa.
BUONI RISULTATI L’aumento dei posti di lavoro nell’eurozona dopo la crisi è stata superiore alle attese e quindi è stata una «sorpresa positiva»