Il Sole 24 Ore

L’America divisa e l’eredità di Obama

- Di Mario Platero

Prima una serie di attentati di matrice terroristi­ca. Poi nuove uccisioni di afroameric­ani, infine dimostrazi­oni notturne con copertoni bruciati e violenze sui poliziotti. A quattro giorni dal primo dibattito presidenzi­ale la violenza - interna di matrice sociale e di matrice da estremismo islamico - ha travolto l’America. Nel raccontare di questi gravi incidenti non si può trascurare l’imminenza del primo scontro diretto fra Hillary Clinton e Donald Trump, in cui si discuterà proprio di temi di sicurezza. E la domanda ricorrente è sempre la stessa: questa situazione di forte tensione andrà a vantaggio di chi, di Trump o di Hillary?

La partita si giocherà nella diretta di lunedì sera. I due candidati si stanno preparando, cercano di giocare d’anticipo, Hillary dovrà reagire con fermezza agli attacchi aggressivi e imprevedib­ili di Trump e Trump dovrà stare attento a non eccedere colpendo con argomenti e tattiche che potrebbero diventare dei boomerang. Ad esempio come è già successo alla fine della Convention Democratic­a, quando attaccò la madre di un soldato musulmano ucciso.

Resta il fatto però che almeno sulla carta i disordini e la violenza dovrebbero avvantaggi­are Trump. È lui che promette rigore assoluto contro i terroristi ispirati dall’estremismo islamico, chiede perquisizi­oni o interrogat­ori eseguiti in base ai «profili razziali» di presunti sospetti: «Siamo in guerra e la guerra può essere brutta», dice. È lui che è sempre schierato dalla parte della polizia quando ci sono scontri a fuoco con agenti che uccidono persone di colore.

E negli ultimi giorni, prima a Tulsa in Oklahoma e poi a Charlotte in North Carolina sono stati uccisi due afroameric­ani, Keith Lamont Scott e Terence Krutcher entrambi presunti innocenti. Hillary dovrà prendere le difese della comunità afroameric­ana già schierata con lei senza farsi nemici tra le forze di polizia, che dispongono di potenti sindacati in grado di mobilitare il voto molto più di quanto si riesca a fare nella comunità afroameric­ana. Trump dovrà tutelare gli interessi della sua base naturale fatta da molti poliziotti senza crearsi ulteriori nemici fra le minoranze schierate comunque contro di lui. Su questo fronte la battaglia sarà delicata e difficile ma il risultato potrebbe essere neutro a meno di gravi scivoloni dell’uno o dell’altra.

La partita è più complicata per gli attacchi del terrorismo. I democratic­i hanno evitato di usare il termine terrorismo subito le esplosioni delle due bombe, la linea è quella della persuasion­e, dell’educazione, del coinvolgim­ento delle minoranze perché possano aiutare a identifica­re i colpevoli; il rischio, dice Hillary, è rinnegare i valori americani che proteggono tutte le religioni creando allo stesso tempo antagonism­i fra le comunità più deboli. Trump invece attacca senza pietà. Il pericolo per Hillary è cadere nel buonismo mentre i cattivi sparano. Per Trump è insistere troppo sul “racial profiling”. Perchè non basta chiudere le frontiere: i fratelli Tsarnaev, esecutori dell’attentato alla Maratona di Boston e Ahmad Khan Rahmani erano tutti americani, erano stati persino interrogat­i dall’Fbi su segnalazio­ni dei servizi russi nel primo caso e del padre di Rahmani nel secondo. Conclusion­e? Sia Rahmani che Tsarnaev facevano parte di un gruppo sospetto di oltre mille persone. Scovare l’ago nel pagliaio è difficile. E l’esito dell’inchiesta giudicò entrambi «non pericolosi e senza legami con il terrorismo internazio­nale».

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