Dal petrolchimico nasce l’etichetta bio
Al licenziamento hanno risposto rimboccandosi le maniche, perché «non si poteva rimanere a guardare» e neppure permettere che «le professionalità e competenze» oltre che il futuro delle maestranze si potessero perdere. Un obiettivo comune: riprendersi le fabbriche investendo la liquidazione e mettendo di tasca risorse proprie rischiando quindi in prima persona. Due sfide che a Porto Torres, due gruppi di lavoratori hanno deciso di seguire e mettere in piedi per riprendersi il lavoro che avevano perso.
La prima ha già superato la prova del mercato e garantisce occupazione a una cinquantina di persone tra diretti e indotto. «Nel 2014 la fabbrica che produceva pannelli in polistirene chiuse – spiega Tonino Tanda, animatore del progetto – e con i lavoratori si decise di investire liquidazione e altre risorse per prendere in mano la situazione e andare avanti con la produzione». Primo passaggio la costituzione della coop Isolex coop fondata dai 23 lavoratori fuoriusciti dalla Isolanti italiani. Poi le altre fasi che hanno portato al riavvio degli impianti e alla produzione. «C’è stato l’affitto del ramo d’azienda e poi a fine del 2015 l'acquisto – spiega ancora Tanda – ora si è chiuso il bilancio con un piccolo utile e i nostri prodotti occupano anche 23 agenti sparsi in tutta Italia». Non nasconde la soddisfazione per un altro risultato: «Siamo gli unici produttori certificati da Legambiente perché nella produzione usiamo l’anidride carbonica e non altri gas».
Il 19 ottobre prenderà invece forma la nuova sfida, l’inaugurazione e l’avvio della produzione della coop Turris Sleeve, fondata da una decina di lavoratori fuoriusciti dal petrolchimico cui se ne sono aggiunti altri cinque. «La coop è stata capitalizzata con un milione e quattrocentomila euro – prosegue Tanda che della nuova azienda è una sorta di direttore generale – e ha come obiettivo quello di produrre sleeve termoretraibile, ovvero una fascetta di plastica che ricopre oggetti, servendo da imballaggio, etichetta, sigillo di garanzia». Il tutto attraverso una tecnologia d’avanguardia presente solamente in pochi centri al mondo, tutti fuori dall’Europa. «Queste produzioni vengono fatte in Bielorussia, Cina, Giappone e Canada. Il nostro obiettivo è quello di raggiungere i mercati nazionali ed esteri e, in una seconda fase, lavorare con materiale biodegradabile».