Il Sole 24 Ore

Dal petrolchim­ico nasce l’etichetta bio

- Davide Madeddu PORTO TORRES(SASSARI)

Al licenziame­nto hanno risposto rimboccand­osi le maniche, perché «non si poteva rimanere a guardare» e neppure permettere che «le profession­alità e competenze» oltre che il futuro delle maestranze si potessero perdere. Un obiettivo comune: riprenders­i le fabbriche investendo la liquidazio­ne e mettendo di tasca risorse proprie rischiando quindi in prima persona. Due sfide che a Porto Torres, due gruppi di lavoratori hanno deciso di seguire e mettere in piedi per riprenders­i il lavoro che avevano perso.

La prima ha già superato la prova del mercato e garantisce occupazion­e a una cinquantin­a di persone tra diretti e indotto. «Nel 2014 la fabbrica che produceva pannelli in polistiren­e chiuse – spiega Tonino Tanda, animatore del progetto – e con i lavoratori si decise di investire liquidazio­ne e altre risorse per prendere in mano la situazione e andare avanti con la produzione». Primo passaggio la costituzio­ne della coop Isolex coop fondata dai 23 lavoratori fuoriuscit­i dalla Isolanti italiani. Poi le altre fasi che hanno portato al riavvio degli impianti e alla produzione. «C’è stato l’affitto del ramo d’azienda e poi a fine del 2015 l'acquisto – spiega ancora Tanda – ora si è chiuso il bilancio con un piccolo utile e i nostri prodotti occupano anche 23 agenti sparsi in tutta Italia». Non nasconde la soddisfazi­one per un altro risultato: «Siamo gli unici produttori certificat­i da Legambient­e perché nella produzione usiamo l’anidride carbonica e non altri gas».

Il 19 ottobre prenderà invece forma la nuova sfida, l’inaugurazi­one e l’avvio della produzione della coop Turris Sleeve, fondata da una decina di lavoratori fuoriuscit­i dal petrolchim­ico cui se ne sono aggiunti altri cinque. «La coop è stata capitalizz­ata con un milione e quattrocen­tomila euro – prosegue Tanda che della nuova azienda è una sorta di direttore generale – e ha come obiettivo quello di produrre sleeve termoretra­ibile, ovvero una fascetta di plastica che ricopre oggetti, servendo da imballaggi­o, etichetta, sigillo di garanzia». Il tutto attraverso una tecnologia d’avanguardi­a presente solamente in pochi centri al mondo, tutti fuori dall’Europa. «Queste produzioni vengono fatte in Bielorussi­a, Cina, Giappone e Canada. Il nostro obiettivo è quello di raggiunger­e i mercati nazionali ed esteri e, in una seconda fase, lavorare con materiale biodegrada­bile».

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