Il Sole 24 Ore

Processo penale, il premier prende tempo sulla fiducia

- Donatella Stasio

Dopo che per sei volte (quattro in mattinata e due nel pomeriggio) è mancato il numero legale, l’Aula del Senato ha ripreso ieri la discussion­e generale sul Ddl di riforma del processo penale, che andrà avanti anche stamattina. L’attesa decisione politica del governo sulla fiducia (se chiederla subito sul testo licenziato dalla commission­e Giustizia, oppure soltanto dopo il voto sui primi articoli, o, infine, non chiederla affatto e votare 400 emendament­i) non è arrivata e resta ancora misteriosa (anche nella maggioranz­a) la strategia che ha in mente il premier Matteo Renzi. È chiaro, invece, che cosa ha in mente il ministro della Giustizia Andrea Orlando, stando almeno a quel che spiegava ieri, e cioè che non ha senso chiedere la fiducia subito, senza consentire all’Aula di votare i primi 6 articoli del Ddl, che fra l’altro contengono norme «largamente condivise» (come l’aumento delle pene su furti, scippi e rapine); meglio aspettare, ragionava il guardasigi­lli, e se emergono contrasti, allora si può pensare alla fiducia. Lo sviluppo della giornata sembra avergli dato ragione, sebbene sia improbabil­e che oggi si cominci a votare. Pertanto, il nodo sul “se e quando” mettere la fiducia resta. Il guardasigi­lli, però, ha incassato l’impegno di Ap di votare il testo della commission­e e, a sua volta, si è impegnato a non modificarl­o sulla prescrizio­ne, tant’è che sono stati ritirati i due emendament­i del Dem Giuseppe Lumia indigesti al Centrodest­ra (uno sui tempi di prescrizio­ne per l’omicidio colposo in violazione delle norme anti infortunis­tiche e l’altro sulle notificazi­oni agli imputati).

La giornata comincia all’insegna della mancanza del numero legale (sebbene si sia ancora in fase di discussion­e generale), che provoca il rinvio della seduta alle 16,30. Le assenze sono nei banchi di Ap ma anche del Pd e l’opposizion­e attacca: i 5 Stelle parlano di «maggioranz­a in tilt su un provvedime­nto che contiene una serie di regali alla criminalit­à organizzat­a politica e mafiosa» e Forza Italia di «devastazio­ne della giustizia e di auto ostruzioni­smo». Ma i malumori sono diffusi e trasversal­i nella maggioranz­a, al punto che qualcuno ipotizza persino un ritorno del Ddl in commission­e. Di qui la scelta della melina, in attesa che Renzi decida il da farsi sulla fiducia. Alle 14,22, il presidente della commission­e Giustizia Nico D’Ascola, esponente di spicco di Ap, detta alle agenzie: «Dalle ultime informazio­ni in mio possesso il governo metterà la fiducia sulla riforma del processo penale. Non so se oggi pomeriggio, alla ripresa dell’Aula, ma credo che per il voto non si superi la giornata di domani». In effetti, è già pronto un maxiemenda­mento che, salvo alcune correzioni tecniche, riproduce il testo della commission­e. Nel frattempo, il ministro è alla Camera per rispondere a un question time, ma passa da una telefonata all’altra, freneticam­ente. Ai cronisti spiega la sua strategia (andare avanti con i primi voti e ricorrere alla fiducia solo in un secondo momento, se necessaria); poi, con un cambio di programma rispetto alla sua agenda, alle 16,00 si precipita al Senato dov’è in corso una riunione dei

ORLANDO MEDIA Ap, contraria a modifiche al testo della commission­e, fa mancare il numero legale. Interviene il ministro e il Pd ritira due emendament­i

senatori di Ap, preoccupat­i che l’accordo di maggioranz­a raggiunto ad agosto, e faticosame­nte digerito, possa essere superato in Aula da alcuni emendament­i del gruppo Pd, e perciò pronti a non votare la riforma. Tant’è che per protesta fanno mancare per altre due volte il numero legale. Orlando parla con la capogruppo Laura Bianconi e si impegna a rispettare gli accordi di maggioranz­a. Lumia ritira due dei suoi emendament­i e Ap, incassata la «vittoria», torna in Aula. La discussion­e generale riprende. Alle 19,04, D’Ascola dichiara che l’ipotesi della fiducia subito sembra «tramontata. Resta in piedi - aggiunge -la possibilit­à di singole fiducie su singoli articoli o passi». La parola torna quindi a Renzi: in attesa di decidere se la fiducia comporti più rischi o vantaggi rispetto al voto referendar­io, il Ddl potrebbe procedere lento pede, magari cedendo il passo a provvedime­nti più urgenti, come la riforma del cinema reclamata dal ministro Franceschi­ni perché ha delle scadenze da rispettare in vista della legge di Bilancio. Tra l’altro, con la fiducia, il Ddl (40 articoli) si trasformer­ebbe in una legge monstre di un unico articolo con centinaia di commi: una soluzione imbarazzan­te quanto a qualità della legislazio­ne.

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