Spiragli per un buon esito del sequestro degli italiani
C’è stato un contatto con esponenti delle bande Tuareg
Sono sempre ore di angoscia per i familiari di Bruno Cacace e Danilo Calonego, i due tecnici della società Con.I.Cos di Mondovì rapiti a Gath, nel Sud della Libia lunedì scorso insieme a un loro collega italo-canadese, Frank Boccia. Ma l’incubo potrebbe finire presto se verranno confermate le voci sempre più insistenti su una rapida e positiva soluzione della vicenda.
Pur con tutte le cautele del caso, gli inquirenti si mostrano infatti abbastanza fiduciosi dopo il primo contatto andato in porto con esponenti delle bande Tuareg locali legate direttamente ai sequestratori. Una task force di uomini dell’intelligence italiana è già partita da Roma e si è ricongiunta in Libia con colleghi che operano da tempo su quel territorio per il monitoraggio della situazione che sta vivendo il Paese. I segnali che filtrano dalle strette maglie della riservatezza, sempre obbligatoria in casi del genere, lasciano aperti spiragli di cauto ottimismo. Anche il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, da New York, lancia messaggi tutto sommato rassicuranti. «Stiamo lavorando, sono le giornate più delicate – osserva Gentiloni - dobbiamo permettere a chi sta operando di farlo nel massimo del riserbo e senza polemiche. Serve ogni sforzo come sistema Paese - ha aggiunto – per risolvere la questione».
Nel frattempo, la Con.I.Cos di Mondovì, multinazionale di ingegneria civile con varie commesse internazionali, segue «con apprensione minuto per minuto» l’evolversi della vicenda. Lo sottolinea la stessa azienda precisando che «l’informativa ai famigliari di quanto purtroppo accaduto è avvenuta prontamente in coordinamento con l'Unità di Crisi della Farnesina». Secondo l’azienda, al mo-
La Conicos, per la quale lavorano i due tecnici italiani sequestrati lunedì, ha vinto vari appalti nella municipalità libica di Ghat, nel sud del Paese
mento del loro rapimento Bruno Cacace e Danilo Calonego avevano portato con sé un solo autista armato che «fortunatamente, vista la situazione sopravvenuta, non ha reagito onde evitare il peggio». Secondo la Con.I.Cos. la regione del Fezzan, cioè a dire il Sud ovest libico, «è sempre stata un’area sicura, senza fatti di rilievo». Prova ne è - prosegue la multinazionale – che la Con.I.Cos. ha potuto continuare con l’operatività delle commesse in corso, pur adottando le cautele del caso, fino alla consegna finale dei lavori dell’aeroporto prevista per il 19 settembre scorso”.
L’azienda precisa inoltre che «nessuna persona operante con la nostra società è stata rapita negli anni scorsi e neppure risulta, da fonti locali, che altri soggetti operanti nella regione di Ghat siano stati rapiti o abbiano avuto seri problemi legati alla sicurezza personale».
Il rapimento dei due italiani cade in un momento molto delicato per la Libia. Pro-
seguono i lavori per la costruzione dell’ospedale da campo italiano nell’area dell’aeroporto di Misurata mentre si registrano ancora operazioni militari per sradicare gli ultimi focolai dell’Isis a Sirte. Riprese anche le esportazioni di greggio dal porto libico di Ras Lanuf. Per la prima volta dal 2014 una petroliera ha lasciato il terminal con un carico di migliaia di barili per l’Italia. Ras Lanuf è uno dei quattro porti che nei giorni scorsi erano stati teatro di accesi scontri tra le forze del generale Khalifa Haftar e le guardie delle installazioni guidate da Ibrahim Jedran, fedeli al governo di Tripoli riconosciuto dall’Onu.
Intanto l’esercito di Haftar ha ripreso l’avanzata a Ovest ed ha conquistato Harawa, proprio dove si era rifugiato Jedran. La città si trova a 50 km da Sirte dove sono impegnate le milizie di Misurata che combattono l’Isis.