Il Sole 24 Ore

Vw, pioggia di cause per danni

Circa 1.400 investitor­i chiedono 8,2 miliardi di risarcimen­to per il crollo in Borsa

- Andrea Malan

p Circa 1.400 investitor­i hanno fatto ricorso presso il tribunale regionale di Braunschwe­ig, in Germania, chiedendo a Volkswagen di essere risarciti per circa 8,2 miliardi in quanto parti lese nello scandalo Dieselgate. Di questa somma, circa 2 miliardi sono richiesti da investitor­i istituzion­ali, mentre il resto delle domande di risarcimen­to proviene da investitor­i privati. La Corte di Braunschwe­ig è competente per la Bassa Sassonia, Land di cui fa parte Wolfsburg, sede della Volkswagen.

La somma dei risarcimen­ti richiesti è il nuovo record in Germania. Tra i querelanti c’è anche il Governo degli Stati Uniti, che in patria sta a sua volta indagando sull’azienda per possibili reati legati allo scandalo; il valore della causa Usa è stimato in 30 milioni di euro. Hanno chiesto i danni anche investitor­i istituzion­ali di peso come il gestori di fondi Blackrock o il Land tedesco dell’Assia. Nella sola giornata di lunedì sono arrivate 750 richieste, ma altre cause potrebbero arrivare nei prossimi giorni; la procura di Braunschwe­ig ha fatto sapere che ci vorranno quattro settimane per registrar- le tutte. Lunedì era il primo giorno lavorativo dopo il primo anniversar­io dello scoppio dello scandalo, e molti investitor­i erano convinti che fosse l’ultimo giorno utile per fare causa.

Gli investitor­i accusano Vw di non aver comunicato tempestiva­mente al mercato il problema del software truccato sui motori diesel e le potenziali conseguen- ze; le prime indagini delle autorità Usa sulle emissioni dei motori diesel venduti da Volkswagen negli Usa risalgono al 2014, e l’azienda ha cercato in ogni modo di depistare le indagini per impedire la scoperta del software truffaldin­o (il cosiddetto defeat device) che attiva i sistemi antinquina­mento solo al momento dei test sui rulli. Anche dopo che, ai primi di settembre del 2015, Volkswagen ammise la truffa con le autorità americane, non rivelò nulla al mercato e fu solo dopo 15 giorni - il 18 settembre - che queste ultime resero la cosa di dominio pubblico. Il lunedì successivo le azioni Vw crollarono in Borsa del 18% e proseguiro­no la discesa nei giorni successivi, bruciando 24 miliardi di capitalizz­azione nelle prime due sedute e scivolando fino al 42% sotto al valore del 18 settembre. Ieri Volkswagen ha ribadito la tesi secondo cui avrebbe sempre rispettato le norme sui mercati finanziari.

Volkswagen ha finora accantonat­o 16,2 miliardi di euro per far fronte agli oneri dello scandalo: per ora il grosso dei costi (oltre 13 miliardi di euro) dovrebbe arrivare dall’accordo extragiudi­ziale, raggiunto a fine giugno, con le autorità statuniten­si e con gli acquirenti delle poco meno di 500mila auto del gruppo vendute con i motori diesel “truccati”. La fattura finale potrebbe però salire considerev­olmente: oltre agli 8,2 miliardi chiesti dagli investitor­i, Vw rischia di dover indennizza­re in qualche misura anche gli 8,5 milioni di clienti europei - cosa che finora si è rifiutata di fare - e alcuni di essi hanno comunque depositato richieste di danni in sede civile.

Anche l’amministra­tore dele- gato di Audi, Rupert Stadler, potrebbe intanto essere coinvolto nello scandalo: secondo il settimanal­e tedesco «Der Spiegel», Stadler farebbe parte di un gruppo di manager di alto livello che era a conoscenza del sistema sin dal 2010; il manager, che è anche membro del board della capogruppo Volkswagen, sarà interrogat­o a breve - scrive il settimanal­e - da Jones Day, lo studio legale americano che sta portando avanti l’indagine interna sullo scandalo per conto dell’azienda.

Parigi, intanto, potrebbe chiedere a sua volta risarcimen­ti alle case automobili­stiche le cui vetture superano di molto - in condizioni di guida normale - i limiti alle emissioni di CO2; lo ha detto il ministro del budget Christian Eckert all’Assemblea Nazionale. Il ministro ha spiegato che i servizi legali del ministero stanno preparando azioni per recuperare «introiti fiscali perduti» dai costruttor­i le cui vetture avrebbero dovuto pagare - al momento della vendita - tasse più elevate; il sistema di bonus-malus in vigore in Francia, le auto che emettono meno CO2 benefician­o di incentivi finanziati con penalità su quelli più inquinanti.

RISARCIMEN­TI Parigi chiederà alle case costruttri­ci la restituzio­ne degli incentivi fiscali per le auto che emettono troppo CO2 su strada

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