Ricorsi contro Equitalia al test del «ne bis in idem»
pUscendo dall’alveo esclusivamente penalistico, la giurisprudenza si è recentemente concentrata - spesso con esiti contrastanti - sull’esistenza e sui limiti del principio del « ne bis in idem » nell’ambito del rapporto tra contenzioso tributario e procedimento penale.
In ambito internazionale grande rilievo per il nostro ordinamento ha avuto la sentenza “Grande Stevens vs Italia” emessa dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, che ha ribadito l’alternatività tra penale e tributario. Più recentemente, sul punto si è espressa la Corte costituzionale che, con la sentenza n. 200/2016, ha sancito l’importanza del fatto storico quale principale elemento rilevante ai fini di verificare l’esistenza o meno della duplicazione dei procedimenti.
Un’ulteriore applicazione del divieto del ne bis in idem si sta facendo strada in ambito “esclusivamente” tributario, e in particolare quando la potenziale duplicazione avviene nell’ambito di contenziosi interessati da avvisi di accertamento e, successivamenmte, da cartelle di pagamento e/o altri atti derivanti dai primi.
Tale applicazione del principio - sulla quale la Ctp di Milano risulta particolarmente attiva - pare indubbiamente interessante, perché abbandona l’iniziale matrice penalistica per una applicazione esclusivamente “amministrativo-fiscale”.
La ratio è ben delineata nella recente sentenza n. 5686/16 emessa dalla Ctp di Milano, depositata lo scorso 21 giugno, secondo la quale «il divieto del ne bis in idem ha la finalità di evitare che sulla stessa questione si formino più decisioni che creino un conflitto di giudicati, quindi tale principio si applica anche nel processo tributario».
Particolarmente interessante pare lo sviluppo logico desumibile da un’altra recente sentenza emessa della stessa Commissione tributaria, la n. 5461/25/16 depositata il 22 giugno. Il caso vedeva Equitalia quale controparte opposta al contribuente, in un contenzioso avente a oggetto avvisi di intimazione ad adempiere. In tale ambito, Equitalia aveva richiesto l’inammissibilità del ricorso della controparte per violazione del ne bis in idem.
I giudici, dopo aver convenuto per l’applicabilità del principio nell’ambito del processo tributario, hanno rilevato che le cartelle di pagamento e gli avvisi di accer- tamento prodromici all’atto impugnato erano stati oggetto di altri precedenti ricorsi, già decisi con sentenze della stessa Ctp di Milano. La Commissione quindi, richiamando la sentenza di Cassazione n. 15441/2010, ha ricordato che occorre sempre procedere a una verifica dei rapporti che possono intercorrere tra i ricorsi introduttivi (tempestivamente) proposti, ancorchè in tempi differenti, e i giudizi da essi rispettivamente scaturiti.
A seguito di tale percorso logico, i giudici milanesi hanno ritenuto sussistenti le condizioni per la declaratoria di inammissibilità del ricorso per violazione del ne bis in idem.
La sentenza commentata non fa alcun riferimento specifico circa la definitività dei precedenti contenziosi fiscali (rispetto a quello trattato). Tale dubbio dovrebbe potersi sciogliere con una risposta positiva, atteso che uno dei punti cardine per l’applicazione del principio risiede nella “definitività” dei precedenti procedimenti. Stante il fatto che i giudici hanno inteso esplicitare l’esistenza di sentenze di primo grado di giudizio alla base dell’applicazione del divieto del ne bis in idem, ciò dovrebbe significare che il contribuente, nel caso di specie, non aveva ritenuto di proporre ricorso in secondo grado.
Sullo stesso solco si richiama un’altra recentissima sentenza (n. 5446/22/16), sempre emessa dalla medesima Ctp, depositata lo scorso 21 giugno. In tale caso i giudici hanno ritenuto valide le doglianze di Equitalia, la quale aveva eccepito che la cartella esattoriale oggetto del contendere era già stata oggetto di precedente giudicato da parte di altra Commissione tributaria provinciale, la quale aveva dichiarato l’inammissibilità del ricorso.
L’ORIENTAMENTO Il divieto vale anche quando la potenziale duplicazione riguarda contenziosi su avvisi di accertamento e cartelle di pagamento