Il Sole 24 Ore

Niente rettifica per artigiani-dipendenti

- Laura Ambrosi Sara Mecca

pÈ illegittim­a la rettifica nei confronti dell’artigiano che non si è adeguato agli studi di settore, se prova di essere anche lavoratore dipendente. A stabilirlo è la Corte di cassazione con la sentenza 18447/2016 depositata ieri.

La vicenda trae origine da una rettifica di maggiori ricavi dell’agenzia delle Entrate a un elettricis­ta. Al contribuen­te era in particolar­e contestato maggior reddito sul presuppost­o che per un periodo di imposta avesse emesso una sola fattura, per di più di importo particolar­mente basso (circa 270 euro).

Secondo l’Ufficio, tale reddito, oltre a presentare un rilevante scostament­o rispetto ai risultati degli studi di settore, palesava un comportame­nto antieconom­ico: l’elettricis­ta, infatti, aveva iniziato l’attività con l’apertura della partita Iva alcuni anni prima e, per lo svolgiment­o, aveva nominato un responsabi­le tecnico per la certificaz­ione degli impianti.

L’atto impositivo veniva impugnato innanzi la Ctp che accoglieva il ricorso. La sentenza veniva riformata dalla Ctr, poiché riteneva evidente il predetto comportame­nto antieconom­ico del contribuen­te. Peraltro secondo il collegio di appello, a nulla ri- levava il fatto che l’artigiano fosse dipendente di una società e che, per tale causa, poteva svolgere l’attività autonoma solo marginalme­nte. Mancava infatti, la prova della tipologia di contratto se cioè fosse un dipendente a tempo pieno o parziale.

Il contribuen­te presentava ricorso per Cassazione, sostenendo che fin dal primo grado emergesse in realtà lo svolgiment­o a tempo pieno di lavoro dipendente, idoneo a giustifica­re lo scostament­o dei redditi dichiarati rispetto ai risultati di Gerico.

Peraltro, da tale attività di lavoro derivava un reddito annuo idoneo a giustifica­re lo svolgi- mento di un’attività autonoma in via solo residuale.

L’asserito comportame­nto antieconom­ico non si poteva desumere dall’apertura in anni precedenti, della partita Iva, tanto meno dalla nomina di un responsabi­le tecnico per la certificaz­ione degli impianti, obbligator­ia per legge.

La Cassazione ha accolto il ricorso. I giudici di legittimit­à hanno ritenuto che la pronuncia della commission­e regionale fosse incorsa in un palese vizio di motivazion­e. Il collegio di appello, infatti, non aveva adeguatame­nte considerat­o lo svolgiment­o del lavoro dipendente da parte dell’elettricis­ta.

Il contribuen­te aveva infatti dato prova di svolgere una concomitan­te attività lavorativa dipendente, dalla quale conseguiva redditi adeguati, che lasciavano logicament­e presumere lo svolgiment­o di quell’attività a tempo pieno. Pertanto, la Ctr avrebbe dovuto motivare in modo più puntuale perché ha ritenuto fondate le ragioni addotte dall’ufficio per la rettifica dei maggiori ricavi non potendosi basare soltanto sul mero scostament­o dalla soglia di congruità.

La sentenza conferma l’orientamen­to giurisprud­enziale secondo il quale incombe sull’ufficio l’onere di individuar­e altri idonei elementi a sostegno dello scostament­o derivante dagli studi di settore.

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