Il Sole 24 Ore

Corte di cassazione ancora senza riforme

- Di Tommaso Basile

Alla fine, la montagna ha partorito il topolino. Soltanto pochi mesi fa, all’inizio dell’anno, un Presidente della Corte di cassazio

ne nuovo di zecca richiamava con toni accorati, e per ben due volte, l’attenzione di tutte le Istituzion­i – dal Presidente della Repubblica al ministro della Giustizia, dai giudici della Corte costituzio­nale ai membri del Consiglio superiore della magistratu­ra – sulla situazione di drammatica inadeguate­zza della Corte suprema ad affrontare il contenzios­o civile: non solo l’arretrato “monstre” di circa centomila procedimen­ti pendenti non viene ridotto, ma persino i nuovi ricorsi non trovavano trattazion­e in tempi accettabil­i (i due anni ritenuti dalla Cedu fisiologic­i per il grado di legittimit­à). E questo nonostante il particolar­e sforzo posto in essere dai giudici della Corte negli ultimi anni.

Occorreva dunque, a mali estremi, adottare rimedi estremi, necessari e urgenti, tali da modificare radicalmen­te il rito di legittimit­à e riservare solo a poche cause, particolar­mente significat­ive, l’approfondi­mento generatore del principio nomofilatt­ico: in sostanza si proponeva, quantunque non esplicitam­ente, di risolvere in modo semplifica­to le cause ove prevalesse lo ius litigatori­s (il mero interesse delle parti) e di concentrar­e le forze sulle (poche) cause ove venisse in questione anche lo ius instituzio­nis, cioè l’interesse giurisprud­enziale ad affermare un principio-guida di carattere generale.

Quando poche settimane fa il provvedime­nto, così necessario e urgente da assumere la forma del decreto-legge, è stato finalmente varato, i giudici sono rimasti attoniti: al prologo sulla urgenza di misure straordina­rie per fronteggia­re la crisi seguiva, come pressoché esclusivo contenuto del decreto, la semplice proroga del servizio per una ventina di magistrati della Corte che il 31 dicembre sarebbero dovuti andare in pensione, i più anziani e con funzioni direttive.

Come spesso accade nel nostro Paese, le questioni relative alle persone hanno la meglio sulle questioni che coinvolgon­o l’interesse pubblico. Così, le (legittime) perplessit­à sul trattenime­nto in servizio solo di questa ventina di magistrati hanno di fatto assorbito l’intera attenzione, e impedito che la prima domanda da porre al Governo piuttosto che essere: perché solo loro? Fosse invece: e il resto delle misure promesse?

Eppure i fatti testardame­nte continuano a indicare come, continuand­o così, il processo di cassazione (in teoria il più rilevante nell’ordinament­o della giustizia) si trasformer­à in modo definitivo e sempre più evidente in un mero simulacro di giudizio, privo di reale interesse per la società civile (e addirittur­a pericoloso, laddove può sconvolger­e, imprevedib­ilmente e a distanza di molti anni dai fatti, equilibri interpreta­tivi acquisiti e prassi funzionant­i).

Eppure l’ampio e appassiona­to dibattito ha da tempo messo in evidenza i possibili rimedi (da quello, decisivo, della modifica della norma co-

CONTENZIOS­O MONSTRE Invece di varare misure per ridurre il numero di cause da trattare si è scelto di «prorogare» alcuni magistrati

stituziona­le – unica al mondo – che consente l’accesso indiscrimi­nato al giudizio di legittimit­à, a quelli, succedanei, dei possibili filtri processual­i di ammissibil­ità per materia o valore della causa).

Ma nulla si muove. Un magico incantamen­to degno della famosa fiaba ha addormenta­to la Corte nella ripetizion­e di riti dei quali sfugge ormai il senso ultimo: in quale paese avanzato la Corte suprema di legittimit­à affannosam­ente e disordinat­amente produce trentamila sentenze all’anno (a fronte delle centoventi della Supreme Court britannica e delle poche migliaia del Bundesgeri­chtshof la Corte di cassazione federale della Germania)?

Quali poderose forze sono al lavoro per fermare, contro ogni ragionevol­ezza, qualunque reale cambiament­o che restituisc­a dignità alla nostra Istituzion­e giuridica più importante?

Domande che ci facciamo da tempo, ed alle quali nessun governo sembra in grado di dare risposta.

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