Sigarette, lo Stato può frenare i ribassi
pGli Stati possono imporre ai venditori al dettaglio di prodotti derivanti dal tabacco, per motivi legati alla salute pubblica, di non fissare un prezzo inferiore all’importo che il produttore o l’importatore indicano sul bollo fiscale (che è una sorta di prezzo concordato) apposto al prodotto. Per la Corte di giustizia Ue che si è pronunciata ieri nella causa C-221/15, in questi casi non è violata la libera concorrenza tra produttori o importatori. Con la conseguenza che gli Stati riconquistano spazio nell’adozione di misure sui prezzi.
È stata la Corte di appello di Bruxelles a rivolgersi agli eurogiudici. Al centro della vicenda, un’azienda di supermercati che vendeva prodotti di tabacco a un prezzo inferiore rispetto a quello del bollo fiscale. Una scelta che, per le autorità nazionali, violava la normativa imposta dal Belgio per motivi di salute. Di qui la decisione del tribunale penale di condannare l’azienda a un’ammenda di 270mila euro. I giudici di appello hanno chiesto l’intervento della Corte Ue sulla direttiva 2011/64/UE, relativa alla struttura e alle aliquote dell’accisa applicata al tabacco lavorato. Ampio lo spazio che Lussemburgo lascia agli Stati nell’adozione di misure sui prezzi. Per la Corte, l’articolo 15 della direttiva non impedisce l’adozione di una normativa come quella belga che vieta la diffusione di prodotti legati al tabacco con prezzi inferiori rispetto a quelli indicati sul bollo fiscale. A patto, però, che i produttori e gli importatori abbiano fissato liberamente il prezzo di vendita.
Nessuna violazione, inoltre, dell’articolo 34 del Trattato di Lisbona che vieta le restrizioni quantitative all’importazione e le misure di effetto equivalente.