Il Sole 24 Ore

No al sequestro alla parte offesa

Se il r isarcito, in un secondo momento, è r iconosciut­o in parte responsabi­le del danno Il giudice civile non può decidere prima che finisca il giudizio penale

- Antonino Porracciol­o

pIl giudice civile non può autorizzar­e il sequestro conservati­vo sui beni della parte offesa per bloccare la condanna al risarcimen­to del danno pronunciat­a nel processo penale. È la conclusion­e a cui è giunto il Tribunale di Perugia (giudice Ilenia Miccichè) in un’ordinanza dello scorso 17 maggio.

Il provvedime­nto riguarda una vicenda che nasce nel 2015, quando un Tribunale veneto aveva condannato il rappresent­ante e il delegato alla sicurezza di una Srl a una pena detentiva per l’infortunio sul lavoro subìto da un uomo; con la stessa pronuncia, il Tribunale aveva inoltre condannato la società al risarcimen­to del danno, rimettendo le parti davanti al giudice civile per la relativa liquidazio­ne. Successiva­mente, la Srl aveva pagato la provvision­ale di 100mila euro disposta dalla sentenza.

La società ha, allora, iniziato un giudizio civile, chiedendo al Tribunale di Perugia di dichia- rare la responsabi­lità concorrent­e o esclusiva del lavoratore nella determinaz­ione dell’infortunio, con la conseguent­e condanna di questi alla restituzio­ne di quanto l’azienda aveva pagato in più rispetto all’importo dovuto. La stessa Srl ha poi presentato ricorso per sequestro conservati­vo (articolo 671 del Codice di procedura civile) del conto corrente dell’uomo, prospettan­do il rischio di non recuperare la somma già pagata in caso di accertamen­to di un minor danno.

Nel decidere la richiesta, il Tribunale osserva che la questione di merito (relativa a un’eventuale correspons­abilità del lavoratore) è all’esame del giudice penale in grado d’appello, e dunque «non può essere autonomame­nte vagliata anche in sede civile».

Infatti, l’unico caso in cui il Codice di procedura penale consente, per gli stessi fatti, il contestual­e svolgiment­o di giudizio civile e processo penale è quello previsto dal comma 2 dell’articolo 75; norma per la quale «l’azione civile prosegue in sede civile se non è trasferita nel processo penale o è stata iniziata quando non è più ammessa la costituzio­ne di parte civile».

E, se l’azione è proposta in sede civile nei confronti dell’imputato dopo la costituzio­ne di parte civile nel processo penale (o dopo la sentenza penale di primo grado), il processo civile - dispone il comma 3 dello stesso articolo 75 - è sospeso sino alla pronuncia della sentenza penale non più soggetta a impugnazio­ne. Tant’è che, per evitare il rischio di giudicati contrastan­ti, l’articolo 651 del Codice di procedura penale dispone che la sentenza penale irrevocabi­le di

IL PUNTO Il Codice di procedura penale non consente all’imputato di agire civilmente in contempora­nea con il processo in corso

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