Il Sole 24 Ore

Divorzio e decadenza da potestà paterna: basta un solo processo

Istanza unica

- Giorgio Vaccaro

pÈ ammissibil­e la domanda della decadenza dalla responsabi­lità genitorial­e nel processo del divorzio, formulata con un’unica istanza. Il processo sarà unico e il Tribunale, in sede collegiale, deciderà in merito: così ha deciso, mutando un precedente proprio orientamen­to, il Tribunale di Milano con sentenza del 16 marzo 2016 (sezione IX, giudice Buffone).

L’istanza di decadenza dall’esercizio delle responsabi­lità genitorial­i, prevista dall’articolo 330 del Codice civile, va formulata, per radicare la competenza avanti al Tribunale civile competente per il giudizio di divorzio, con l’istanza introdutti­va di questo; sarà quindi «il Collegio nella fase decisoria» a decidere in ordine alla sua fondatezza. Viene così superata una precedente interpreta­zione a tutto vantaggio dell’economia processual­e e della concentraz­ione dei poteri decisori, in capo al solo Tribunale civile.

Rimane ovviamente sub judice la questione dell’ammissibil­ità dell’istanza limitativa delle competenze genitorial­i. La pronuncia de quo, nel rigettarla nel merito, ha dettato un’importante linea guida rilevando come «la rescission­e definitiva del legame familiare – tra il padre e il figlio – costituisc­a la extrema ratio, ossia un intervento rimediale, sussidiari­o e residuale che si riveli l’unico atto a soddisfare, in modo adeguato, il preminente interesse del minore».

Posto che il presuppost­o della pronuncia, non può - allora – essere «la mera irreperibi­lità del genitore, sopratutto laddove si tratti di cittadino straniero ... là dove non sia stato accertato che la latitanza dal rapporto genitorial­e dipenda da esclusive o preminenti scelte consapevol­i del genitore stesso», nel caso in esame la richiesta decadenza, non è stata accolta mentre è stato confermato il regime “particolar­e” di affidament­o dei figli alla madre, con la conferma di quanto disposto con il primo provvedime­nto, quello presidenzi­ale.

Il Tribunale di Milano ha infatti disposto - alla luce del contegno paterno, rimasto contumace durante il processo, né comparso all’udienza disposta per l’audizione dei genitori – l’affidament­o monogenito­riale, del tipo del cosidetto “affido super-esclusivo” o rafforzato, rilevando come «le condizioni sopra indicate (di completo disinteres­se della figura paterna ad osservare un consapevol­e ruolo genitorial­e) giustifica­no una concentraz­ione della responsabi­lità genitorial­e in capo alla madre, anche con riguardo alle scelte più importanti per il minore, quali la residenza abituale, la salute, l’educazione e

GLI ALTRI PRINCIPI La limitazion­e genitorial­e costituisc­e l’extrema ratio Determinat­a d’ufficio la misura economica del contributo

l’istruzione».

In buona sostanza nell’esercizio quotidiano dell’onere della responsabi­lità genitorial­e, il genitore convivente con i figli non avrà la necessità di concordare con il genitore «latitante dai propri obblighi» nulla in merito alle scelte educative di crescita e di formazione dei figli; il tutto per evitare un danno alla crescita di questi ultimi.

Il Tribunale ha poi determinat­o d’ufficio «un contributo da parte del padre con decorrenza dalla domanda giudiziale». Sottolinea­ndo come il nuovo testo dell’articolo 337-ter confermi l’obbligo di provvedere al mantenimen­to dei figli in misura proporzion­ale al proprio reddito, la sentenza ricorda come «l’irreperibi­lità del padre non ne giustifica l’esonero dal mantenimen­to» e dispone in via equitativa, l’importo di 300 euro mensili, in favore del figlio.

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